capitolo quattro

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Dopo il pranzo, i ragazzi salirono immediatamente sul loro furgoncino per ritornarsene a Seoul.
Kyung-Mi, invece, dovette rimanere sulla spiaggia per un'altra oretta, a causa di tutto il materiale sparso in giro per il set e che doveva assolutamente riposare in macchina.
Rimise tutto all'interno del bagagliaio, anche le luci, che erano decisamente più alte di lei di almeno venti centimetri.
«Hai bisogno di una mano?» le chiese Shin, salendo le scalinate di legno del molo.
«Anche due».
Grazie a lei, Kyung-Mi riuscì a finire mezz'ora prima del previsto.
«Grazie Mille Shin» disse infine la fotografa, tenendo fra le mani la chiave della macchina.
«Non c'è di che» rispose. «Allora ci rivedremo in agenzia».
«In agenzia?».
«Giá, suppongo che in questi giorni avrai molto a che fare con la Big Hit».
«Oh, giusto».
Shin la salutò un ultima volta con la mano, per poi ritornare sulla sabbia per rimettere in ordine le ultime cose rimaste.
Kyung-Mi non potè rimanere a lungo, quella sera avrebbe dovuto modificare e supervisionare tutte le singole fotografie, il tempo ormai era diventato prezioso.

Durante il tragitto, decise di chiamare il manager dei ragazzi, per fargli sapere dei risultati e della giornata.
«Pronto?»
«Salve Ahjussi, sono la fotografa Park».
«Oh sì! Buonasera!».
«'Sera. Le volevo dire che il servizio è andato tutto secondo i piani, le fotografie saranno pronte entro domani mattina».
«Molto bene. E i ragazzi? Le hanno causato problemi?».
«No, anzi, sono stati molto d'aiuto» disse lei.
«Ne sono contento. Ascolti, domani mattina mi farebbe piacere vederla per discutere su alcuni dettagli del servizio fotografico. Le andrebbe bene alle dieci nel mio ufficio?».
«Uhm... certo, vedrò di chiudere il mio studio per quell'ora».
«Grazie mille, davvero. Ci vediamo domani, buona serata».
«Anche a lei, Ahjussi».
Dopo di che, chiuse la chiamata, e proseguì il viaggio con la musica della radio nelle orecchie.

***

Jungkook quella sera aveva la testa completamente altrove. Dopo il servizio, ai ragazzi era stata concessa l'intera sera di riposo, così ne approfittarono per starsene nel loro appartamento.
«Ma no, Namjoon-hyung, ti ricordi di Doraemon?» domandò Jimin al leader, mentre quest'ultimo stava mangiando una confezione di noodles precotti.
Erano seduti sul loro divano, il tavolino al centro del salotto era colmo di scatolette di riso vuote e scodelle di ramen ormai terminate. I ragazzi stavano discutendo sui cartoni che rappresentassero di più la loro infanzia, tanto per fare un discorso "serio".
«In tutta la mia vita ho visto solamente un episodio di Doraemon» ribattè Namjoon, facendo rimanere senza parole il biondino. «E mi ricordo che mi aveva anche traumatizzato».
«Come fa a traumatizzati un cartone per bambini?» chiese perplesso Yoongi.
«Avete mai visto un gatto di quell'aspetto?».
«Aspettate, Doraemon è un gatto?».
«Giá... un gatto robot» rispose a Jin, il quale rimase con un espressione stranita per tutto il discorso. «Insomma, i gatti hanno un aspetto diverso. Poi arriva quello stupido cartone che ti fa vedere un coso piccolo e ciccione, senza orecchie, con una tasca sulla pancia che è uguale alla borsa di Mary Poppins e per giusta che parla».
«Rimane sempre uno splendido cartone» ribattè Jimin, facendo la linguaccia a Namjoon.
«È molto meglio One Piece, quello si che è bello» disse Taehyung.
«OH YES! Sono d'accordo!» quasi urlò Hoseok, che si risvegliò dal suo stato di trance post servizio fotografico.
«Ma cartoni più normali come Sailor Moon no?» domandò Jin.
«Stai chiamando Sailor Moon normale?» rispose sbigottito Jimin. «Cioè, tu mi stai dicendo che stai chiamando "normale" un cartone dove ci sono salvatrici di mondi, mostri galattici, stregoni provenienti da chissá quale universo e gatti parlanti?».
«Preciso: i gatti parlanti ci sono ovunque» aggiunse Namjoon, facendo ridere Tae e Hoseok.
«Ovvio, Sailor Moon non è un cartone, è IL cartone» esordì Jin, con fare superiore.
«Tu sei fuori».
«No, sono dentro casa, come vedi» disse Jin.
All'improvviso, tutto il gruppo si scatenò in una fragorosa risata. Tutti, tranne Jungkook.
Soltanto in quel momento gli altri membri si resero conto dello strano comportamento del minore, il quale rimase in disparte per tutta la chiaccherata.
«Ehm... Jungkook-a?» lo chiamò Namjoon, il più vicino del gruppo. «Terra chiama Jeon Jungkook!».
«Eh? Cosa?» disse il bruno, spostando lo sguardo vuoto dal tavolino del salotto ai suoi amici.
«Stai bene?».
«Sì, perchè?».
«Non hai spiccicato parola per tutta la sera».
«Uhm... sono solo stanco, vado a dormire».
Jungkook si alzò dal divano di pelle, per poi dirigersi verso camera sua e chiudersi la porta alle spalle. Gli occhi degli altri sei rimasto incollati alla figura esile del più piccolo fino a quando non scomparve dentro la sua stanza. Sapevano benissimo che qualcosa stava frullando dentro la sua testa, anche se nessuno sapeva cosa.
«Ipotesi?» chiese Hoseok, voltandosi verso gli amici per chiedere aiuto.
«Potrebbe essere successo qualcosa a Busan, non saprei» rispose Taehyung, alzando poi le spalle.
«Nah, se fosse successo qualcosa alla sua famiglia, ce l'avrebbe detto».
«Ragazzi, non è la prima volta che ha questi sbalzi d'umore, sará soltanto stanco come ha detto lui» tagliò corto Yoongi. «Forza, riordiniamo questo porcile».
I ragazzi buttarono tutta la sporcizia che avevano creato in silenzio. Sapevano fin troppo bene che Jungkook era tormentato da chissá quale pensiero, ma nessuno aveva idea di cosa gli fosse successo.
Avevano passato gli ultimi dieci giorni sempre in sua compagnia, quindi avrebbero saputo subito se avesse combinato qualcosa. Ma tutto filò liscio, quindi non avevano fatti su cui basarsi.
Magari Yoongi aveva ragione, era solamente stanchezza dovuta alle continue prove in agenzia.

Jungkook si sdraiò sotto le coperte scure del suo letto, cercando di prendere sonno.
Ma più il tempo passava e più lui non riusciva ad addormentarsi. Si sentiva strano, una sensazione mai provata prima: il cuore palpitava forte, le guance stavano diventando rosse, sudava freddo ed era agitato.
Pensò fosse solamente tensione dovuta agli impegni, quindi si sedette sul materasso con la schiena appoggiata al muro e guardò un po' le notizie sul suo cellulare.
«Aish... ma che mi sta succedendo?» si chiese, mettendo una mano all'altezza della fronte. Era caldo, sentiva persino le goccioline di sudore che colavano dai capelli.
Si alzò, andando velocemente verso il bagno. Arrivato nella stanza, aprì un mobiletto bianco accanto al lavandino e prese un termometro. Mise la punta di plastica blu dentro l'orecchio, poi premette il pulsante e aspettò il bip di quell'aggeggio.
La temperatura era normale, segnava trentasette e mezzo. Era solo debolezza.
«Ma che diamine». Jungkook si tolse la felpa scura che stava indossando, permettendo al suo petto scolpito di respirare.
Si guardò allo specchio: aveva i capelli neri completamente fuori posto, la faccia rossa come un peperone e le mani gli tremavano.
Non gli era mai successo niente del genere, non sapeva davvero cosa pensare.
Un attacco di panico? Ma certo che no, di cosa avrebbe avuto paura? E se fossero stati sintomi di un influenza? Impossibile, la temperatura era normale e non sentiva freddo.
Ma allora cos'era?
«Jungkook?», la voce flebile e roca di Taehyung lo fece sobbalzare sul posto. Lo hyung era appoggiato allo stipite della porta mentre si passava una mano sugli occhi stanchi. Aveva i capelli grigi spettinati, proprio come il minore, e portava un pigiama a righe molto elegante.
«Taehyung?».
«Che ci fai ancora sveglio?» gli chiese il maggiore.
«Perchè? Che ore sono?».
«Le tre di notte. Non dirmi che hai giocato ad Overwatch per tutto questo tempo!» sibilò lui, chiudendo la porta del bagno per non disturbare gli altri membri, completamente addormentati.
«Certo che no, Namjoon ha spento il wifi» rispose.
«Come mai sei così sudato?» notò Taehyung, avvicinandosi a lui.
«Non lo so nemmeno io, mi sento strano».
«Che hai?».
«Non so nemmeno quello. Ho provato a misurarmi la temperatura ma è nella norma» raccontò, poggiando le sue mani sul lavandino di marmo. «Sto sudando freddo, mi sento il cuore battere a mille, sento caldo...».
«Penso sia solo un po' di tachicardia».
«Ed è normale?».
«Bho, suppongo di sì».
«Così mi stai solo preoccupando».
«Stai tranquillo, ora vieni di lá con me che ti metto qualcosa di fresco addosso».
Jungkook seguì Taehyung fuori dal bagno. Lo fece stendere sul divano, poi Tae andò in cucina e bagnò un asciugamano di acqua fredda. Dopo di che, lo mise sulla fronte del minore, che si rilassò subito.
«Così va meglio?».
«Sì» rispose.
«Quanto ti stai allenando in questo periodo?».
Jungkook osservò il viso stanco del suo hyung nella penombra. Taehyung era seduto sul tavolino del salotto, intento a girare lo straccio sulla fronte del minore.
«Dipende. A volte mi alleno in agenzia con voi, altre invece faccio delle sessioni per conto mio» rispose. «Perchè?».
«Magari il tuo malessere è dato dall'eccessivo sforzo fisico» constatò il maggiore. «E anche perchè noto due addominali in più».
Jungkook ridacchiò, chiudendo gli occhi.
«Non penso sia colpa dell'allenamento, lo faccio da quando abbiamo debuttato».
«Allora, non so proprio che pensare».
Taehyung sbadigliò, poggiandosi una mano sotto il mento.
«Vai a dormire, qui posso cavarmela da solo».
«Sicuro?».
Jungkook annuì, facendo sorridere Taehyung.
«D'accordo, buona notte Jungkook-ie».
«'notte TaeTae».
Jungkook passò la notte sdraiato sul divano del loro appartamento, con lo straccio umido del grigio sulla fronte e la mente piena di pensieri negativi sul suo stato di salute.

———
Capitolo quattro eheh.

Cos'è successo al nostro piccolo Kookie?
Io stavo svenendo solo immaginandomelo sudato e a petto nudo...AAAAAH.

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