capitolo quarantacinque

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Il giorno dopo erano di ritorno in Corea, su un jet privato riservato esclusivamente ai ragazzi e allo staff. Era sera tardi, molti sedili erano occupati da persone nel pieno del sonno, coperti da giacche e giubbotti per riposare. Gli unici svegli in quell'aereo erano Yoongi, occupato a rileggere bozze di testi che aveva scritto durante il soggiorno all'estero, e Kyung-Mi, che trafficava col suo cellulare. Lei voleva fare una chiamata a sua madre, la quale stava organizzando il viaggio per l'Italia ormai da settimane.
E fu sorpresa della sua risposta solamente dopo un paio di squilli.
«Ehi tesoro!» la voce squillante della madre fece sorridere Kyung-Mi, che dovette trattenere le risate per non svegliare i suoi colleghi. «Come stai? Dove sei?».
«Mamma, calmati, per favore!» sibilò lei. «Sto bene, sono in aereo adesso».
«Quando atterreraichiese la donna, preoccupata.
«Penso tra un paio di orette, sarà notte fonda».
«Mi raccomando, devi riposare» le raccomandò lei. «Soprattutto in questi ultimi tempi».
«Già... piuttosto, come vanno i preparativi?».
«Benone! Ieri ho sentito Zia Lucia, sono stata al telefono per ore» il racconto della madre le fece venire le lacrime agli occhi, sentire i nomi dei suoi parenti che aveva lasciato in Italia da anni era toccante. «Mi ha raccontato dei tuoi cugini, pensa che Marco si è laureato».
«Cosa?!».
«Già, la scorsa settimana» Kyung-Mi si immaginò la madre sorridere. «Aveva solo diciassette anni quando ce ne siamo andate».
«Wow... chissà com'è diventato».
«E non è l'unico! Matteo ha cominciato a lavorare sotto la stessa agenzia immobiliare di tuo zio, mentre Elena sta studiando all'università».
Si ricordava ben poco di loro, a malapena conosceva i nomi. Di Matteo sapeva che voleva seguire le orme di suo padre e aveva vent'anni quando lo salutò l'ultima volta, Elena invece era la ragazza più ribelle che avesse mai visto, faceva impazzire la zia Lucia come nessuno dei suoi figli aveva mai fatto. L'unico forse che era rimasto impresso nella sua mente era Marco: andavano molto d'accordo da piccoli, passandosi solo due anni.
Ora lui ne aveva ventitré, si era appena laureato e chissà se si ricordasse ancora della sua lontana cugina.
«Non vedo l'ora di rivederli» commentò Kyung-Mi, ingoiando il groppo di saliva che le impediva di parlare.
«Tranquilla, partiremo il prima possibile. Torneremo a vivere nella vecchia casa di tua nonna, in centro Napoli» le disse la madre, facendola sorridere nuovamente. «Mi sono assicurata che fosse ancora libera. Sai, dopo tutti questi anni avrebbero potuto metterla in vendita».
«Abbiamo avuto fortuna» aggiunse.
Passarono i restanti minuti a parlare su come sarebbe stato ritornare nella loro vecchia città, dove entrambe erano nate. Passeggiare sul lungomare e osservare le spiagge sabbiose da quel sentiero di mattoni, per constatare che qualche anima selvaggia aveva deciso di accamparsi lì la notte e farsi un bagno fresco. O girare per il mercato della domenica, sentendo persone gridare col classico dialetto napoletano per attirare l'attenzione dei passanti. E le processioni durante le sere, gli anziani seduti al bar, i bambini in piazza con un pallone, i giovani turisti in cerca di una meta diversa dal solito.
Parlarono finchè non si resero conto di aver perso la cognizione del tempo. Dovettero salutarsi in fretta, l'aereo sarebbe atterrato in una mezz'ora e Kyung-Mi doveva schiarirsi le idee.
«Chi era? Tua mamma?» la voce cupa di Yoongi la fece distrarre dal disordine dentro la sua borsa. Il giovane era seduto poco distante da lei, tra il corpo dormiente di Jimin che sonnecchiava con la testa poggiata delicatamente sulla sua spalla e Seokjin, anche lui nella stessa situazione del compagno.
Kyung-Mi annuì, riponendo il cellulare nella tasca dei suoi pantaloni. «Volevo sapere come stava».
Yoongi le fece un cenno col capo, alzando le sopracciglia.
«E sta bene, si è ripresa alla grande».
«Sono contento» disse lui, mostrando un flebile sorriso alla ragazza. «È una donna forte, tua madre».
«Eccome, più di quanto credessi» aggiunse lei, annuendo. «Sta voltando pagina definitivamente, e si vuole impegnare nel farlo».
Yoongi chiuse il suo portatile che teneva poggiato sulle sue gambe per rivolgere la sua completa attenzione a Kyung-Mi. «Ve ne andrete, non è vero?».
La ragazza non si aspettava una svolta di quel tipo alla conversazione che stavano tenendo, rimase in silenzio per qualche secondo prima di rispondere.
«Sì, torneremo in Italia».
«Avete già preparato tutto?».
«Ci stiamo lavorando. Per ora abbiamo una casa e la disponibilità dei nostri parenti, poi si vedrà».
Yoongi annuì, contento di sapere che rimanesse al sicuro anche a chilometri di distanza dal gruppo.
«Andremo a Napoli, dove sono cresciuta, anche se vorrei allontanarmi di più per fare più esperienza con il mio lavoro».
«E dove vorresti andare?» chiese Yoongi.
«Milano, o forse Roma, non saprei» rispose lei. «Per ora mi limiterò ad abitare con mia madre, poi organizzerò il resto».
«Sarà un cambiamento importante» commentò lui.
«Già, avendo vissuto qui per quasi sei anni... bhè, è come se lasciassi casa, non so se mi spiego» raccontò lei, abbassando lo sguardo. «La Corea è parte di me, sia geneticamente che non».
«Se un giorno deciderai di tornare, non dimenticare di farci visita» le consigliò Yoongi, facendola ridere. «Certo, sempre se avrai il permesso».
«Ne dubito, ma si può sempre provare».
Yoongi le sorrise, notando poi qualche membro dello staff che si stava risvegliando per potersi preparare all'atterraggio.
«Ci mancherai, in ogni caso» le disse, prima di allacciarsi la cintura di sicurezza e svegliare i suoi compagni.
Kyung-Mi gli sorrise, anche se lui non lo notò. Anche loro le sarebbero mancati, tutti e sette, senza nessuna eccezione. Aveva condiviso momenti memorabili con ognuno di loro, si erano rivelati a lei come le persone gentili e disponibili quali erano, senza tener conto della loro vita scombussolata e impegnativa che ogni giorno erano costretti a seguire. Per lei non erano più dei cantanti di fama mondiale, ma dei veri e propri amici su cui fare affidamento, una spalla su cui piangere, un sostegno morale.
Li trovava incredibilmente umili.
Yoongi e Namjoon si erano rivelati degli ottimi ascoltatori, a cui aveva raccontato molto della sua vita durante shooting o riunioni con lo staff; Jimin era dolce e premuroso, così come Taehyung, forse un po' più eccentrico; Hoseok fu capace di farla ridere a crepapelle come non aveva mai fatto, le restituì la felicità che da tempo aveva lasciato indietro. Per non parlare di Seokjin, che era diventato come un fratello maggiore per lei: era sempre stato disponibile e affidabile, le aveva insegnato ad essere felice nonostante tutto. Di Jungkook, invece, aveva così tanti ricordi: il loro primo incontro abbastanza impacciato nei bagni di un ristorante, gli shooting in agenzia, la sua testardaggine col dottore, le botte con Kang So, le nottate passate a dormire insieme, il loro primo bacio in una città sconosciuta, le coccole in segreto, i messaggi proibiti...
Le pareva così duro dover dimenticare ciò che aveva passato con lui, eppure doveva farlo. Per il suo bene, per la sua carriera, per la band.
Kyung-Mi scrollò la testa, risvegliandosi da quell'improvviso stato di trance in cui si trovava. Fu obbligata a scendere dall'aereo prima dei Bangtan, così raccolse in fretta e furia tutta la sua roba e scese le scale all'esterno dell'aereo.
Era ritornata in Corea, per poco però. Ora doveva solo pensare a raccogliere le forze per affrontare ciò che il suo capo aveva da dirle, e lasciare l'ufficio.
E, soprattutto, dire addio a tutti loro.

***

mi hanno aggiornato Wattpad, figataaaaaa!

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