capitolo quarantaquattro

2.2K 145 6
                                    

Le tappe in America erano ormai terminate, l'ultimo concerto era giunto al termine da qualche minuto ormai. I ragazzi erano seduti su un divanetto in pelle nera, pronti per scattare una foto da poter postare sul loro profilo Twitter. Sorriso in volto, espressioni buffe e cartelloni in mano, i sette posarono davanti alla fotocamera che, qualche secondo dopo, fece un click sonoro.
Tutto lo staff applaudì, i cameraman avevano fatto la loro entrata nella piccola sala e, sorridenti, si inchinarono ai cantanti per complimentarsi dell'ottimo lavoro svolto. Il morale era alle stelle, quella sera.
Un po' di malinconia dovuta al viaggio di ritorno in Corea c'era indubbiamente, avevano lasciato in America tantissimi ricordi, tra i quali esibizioni in programmi televisivi famosi, registrazioni radio e passeggiate per le più importanti città. Ne approfittarono per fare qualche strappo alla regola: una volta decisero di scappare dall'hotel per bere qualcosa insieme in un pub tipico americano, camminarono per le strade illuminate di Los Angeles a notte fonda, cantarono insieme ad artisti di strada facendo attenzione a non farsi riconoscere. Si divertirono come non facevano da anni.
Ed ora si sentivano quasi in colpa a dover lasciare quel paese che tanto gli aveva regalato in così poco tempo, sentivano il bisogno di rimanere qualche giorno in più per godersi quel senso di libertà che l'estero gli aveva regalato. Lo pensava Jungkook, seduto su una poltrona della sala, in attesa di potersi cambiare per rifugiarsi in hotel. La mattina dopo aveva programmato di fare le valigie per poter partire, in modo tale da non trovarsi all'ultimo minuto come spesso capitava fra i ragazzi.
Fissava il soffitto senza un motivo preciso, lasciando i muscoli rilassarsi e la mente riempirsi di pensieri. Si sentiva al settimo cielo, dopo i concerti era solito avere un velo di tristezza e di magone, ma quella volta era diverso: voleva uscire, girare per la città con la sua macchina fotografica, magari, e divertirsi un ultima volta.
Il suo sguardo si staccò dal soffitto bianco, scorrendo sulle persone che, in quel momento, riempivano la stanza. I suoi compagni parlavano con degli addetti allo staff, ridendo e scherzando, nessuno sembrava far caso al più piccolo che, stranamente, se ne stava in disparte. Passò poi in rassegna a delle make up artist che stavano ritirando trucchi e spugne dentro grandi borse, parrucchieri e stilisti tentavano di mettere in ordine quello che avevano lasciato in giro durante i cambi di costume, cameraman e fotografi confrontavano le foto che ognuno di loro aveva scattato. Tra questi si nascondeva la testa bionda di Kyung-Mi, Jungkook sorrise involontariamente, che stava avendo una accesa conversazione con uno degli addetti alla grafica; probabilmente cercava di capire quali effetti o ritocchi andassero bene per migliorare le fotografie. La sua espressione concentrata mentre guardava lo schermo della sua macchina fotografica era senza dubbi una delle cose più buffe che Jungkook avesse mai visto. Si mise a ridacchiare, abbassando lo sguardo imbarazzato. Avrebbero potuto scambiarlo per un pazzo psicopatico che se la rideva da solo, e probabilmente lo era.
Si alzò dalla sua postazione e fece per avvicinarsi alla ragazza che, in un momento di distrazione, alzò gli occhi per incrociare quelli del moro. Erano uno di fronte all'altro, finalmente, dopo giorni di duro lavoro e giri senza sosta per tutta l'America. Non avevano avuto tempo di confrontarsi, o semplicemente di parlarsi, dopo quello che era successo.
«Ciao» disse Jungkook, aggiungendo un mezzo sorriso che Kyung-Mi ricambiò senza esitazione.
«Hai bisogno di qualcosa?» gli chiese lei, assumendo l'atteggiamento di una normale collega di lavoro.
«Sì» rispose lui. «Del tuo tempo».
«Cosa?».
«Andiamo a bere qualcosa insieme» quella di Jungkook era più un affermazione che una proposta. «Yoongi mi ci ha portato qualche giorno fa, è un ottimo pub».
Kyung-Mi studiò la sua espressione: no, non stava scherzando.
«E come mai vorresti portarmi fuori?» gli fu spontaneo domandare.
«Non abbiamo ancora avuto occasione di parlare, noi due» rispose Jungkook, non staccando lo sguardo dai suoi pozzi azzurri. «E poi, è una scusa per stare un po' da soli».
La ragazza sorrise, abbassando gli occhi.
«Se la metti così, possiamo anche parlare in camera, non credi?» ribattè lei, facendo spallucce. «È troppo rischioso per te uscire a quest'ora».
«Sono stato rinchiuso nella mia stanza per troppo tempo, sta diventando opprimente» piagnucoló il moro, assumendo un espressione a dir poco bambinesca.
«Intendevo nella mia camera. Non è lussuosa e spaziosa come la tua, ma per lo meno alloggio da sola».
Jungkook valutò anche quella proposta: non aveva ancora visto dove Kyung-Mi passasse maggior parte del suo tempo, e inoltre sembrava un luogo più privato ed intimo per intraprendere una discussione seria.
«Uhm... va bene» rispose alla fine il ragazzo. «Basta ci sia qualcosa da bere».
Kyung-Mi ridacchiò, mentre alzava lo sguardo al cielo. I due avvisarono il resto dello staff che se ne sarebbero andati a dormire, data la stanchezza che pian piano li stava assalendo, e Kyung-Mi si offrì di portare Jungkook fino al suo hotel con la propria macchina, così da non dare troppo all'occhio.
Era un hotel decente, dopotutto, e la sua stanza non era da meno. Aveva un semplice letto matrimoniale che Kyung-Mi usava da sola, un bagno dalle piccole dimensioni e una sottospecie di sgabuzzino che utilizzava per mettere le valigie ancora colme di indumenti e oggetti personali.
«Carina» commentò Jungkook, una volta tolto il cappello che gli copriva mezzo volto e la mascherina.
«E questa è una delle stanze migliori» aggiunse lei, aprendo un piccolo frigorifero accanto al letto. Prese due lattine di birra, una la lanciò a Jungkook mentre l'altra la appoggiò sul comodino. «Forse per la vasca in bagno».
«Nella mia stanza non c'è nemmeno la vasca, e poi mi farebbe schifo. Insomma, quante persone pensi si siano lavate dentro quella cosa prima di te?».
Kyung-Mi ridacchiò, sedendosi sul letto. «Ora che mi ci fai pensare, mi pento di essermi fatta un bagno ieri sera».
Jungkook si affiancò in silenzio, mentre apriva la lattina di birra con le dita. Ne bevve un sorso, per poi sospirare e passare il dorso della mano sulle sue labbra. «Mi ci voleva proprio».
«Devi essere stato impegnato in questi giorni».
«Eccome. Ci hanno chiamato in tantissimi show televisivi e, per carità, mi ha fatto piacere... ma non ho potuto avere un attimo di respiro» raccontò. «C'è stata solo una sera di libertà, quando sono andato a bere in un pub con Yoongi. Davvero, ti ci devo portare la prossima volta».
Prossima volta? Quale prossima volta? Kyung-Mi inarcò le labbra in un sorriso al pensiero che Jungkook volesse davvero portarla fuori, ma sapeva che non era proprio possibile.
«E te, invece?» le chiese.
«Oh, io non ho fatto niente di che. Ho visitato le città con Shin, ho fatto qualche foto, diciamo che ho avuto molto più tempo libero di te» rispose, mentre il moro annuiva.
«Infatti, perchè oltre ai concerti noi due non ci siamo proprio visti» aggiunse lui.
Kyung-Mi bevve un sorso dalla sua lattina, per poi togliersi le scarpe e sedersi più comodamente sulla coperta del suo letto. Invitò anche Jungkook a fare lo stesso, ma lui le indicò le sue Adidas bianche accanto alla porta: le tradizioni asiatiche accompagnavano i ragazzi anche all'estero, proprio come quella di togliersi le scarpe all'entrata.
«E i ragazzi come stanno?» domandò lei, dopo che anche il moro si mise comodo sul letto.
«Stanchi, ma bene» rispose. «Sono tutti di buon umore in questi giorni, il che mi rende felice».
«Ve lo meritate dopo tutto quello che avete passato» commentò lei, sorridente.
«Bhè... loro sì, tantissimo. Hanno avuto momenti davvero difficili quest'anno, Yoongi-hyung e Namjoon-hyung stanno ancora scrivendo le canzoni per il prossimo comeback e sono davvero stressati. E poi, si sa, i tour mondiali mettono sempre ansia e tensione».
Jungkook era davvero preoccupato per i suoi Hyung. Kyung-Mi lo notò nel modo in cui le rispose, parlò solamente degli altri ragazzi senza accennare un minimo particolare su di sè, su come se la stesse cavando o se si sentisse bene. In fondo, in quanto parte dello staff ma anche fan, sapeva che Jungkook veniva molto influenzato dall'umore degli altri ragazzi: se loro erano tristi, lui lo era mille volte di più, e viceversa.
Era felice di sentire che i Bangtan fossero felici, ma voleva capire qualcosa di più su di lui.
«E tu?» gli chiese, dopo un attimo di esitazione. «Stai bene?».
Jungkook, che prima sorseggiava tranquillo la sua birra, ora aveva cominciato a giocherellare con la linguetta della lattina di alluminio.
«Sì, sto bene» rispose, con tono convincente. «Non posso dire il contrario».
«Sono contenta, allora. Mi basta sapere che tu sia felice, continui a parlare degli altri ragazzi ma non ti prendi mai del tempo per pensare a te stesso» lo riprese Kyung-Mi, quasi come fosse un rimprovero.
Jungkook ridacchiò. «Non è la prima volta che me lo sento dire».
«Hai una personalità stupenda e il fatto che ti lasci facilmente condizionare dagli altri è qualcosa di positivo da molti punti di vista, certo, ma alcune volte dovresti essere felice per qualcosa di tuo» disse lei, osservando il suo profilo perfetto. «Sentirsi bene per sè stessi è qualcosa di imparagonabile alla felicità che gli altri ti possono trasmettere».
Jungkook rimase in silenzio per secondi interminabili, continuando a passare il pollice e l'indice sulla linguetta della lattina che teneva fra le mani, finchè essa non si spezzò. «Se la metti così: no, non sto bene».
Lo sguardo di Kyung-Mi assunse una sfumatura di preoccupazione.
«Forse sono stato troppo felice prima, ed ora che sono tornato alla normalità mi sembra che la mia vita oltre il lavoro faccia schifo» disse lui, abbassando lo sguardo. «Probabilmente è una cosa normale, no?».
La ragazza capì immediatamente a cosa si stesse riferendo Jungkook. Dentro di sè sentì una forte scossa, si sentiva tremendamente in colpa per quello che stava facendo al ragazzo accanto, non sapeva quanto la sua presenza potesse aiutare a renderlo non solo più felice, ma anche più sicuro, più tranquillo, come se i problemi del mondo non esistessero.
«Mi dispiace» riuscì solamente a sussurrare lei. Si diede dell'idiota, tra tutte le cose che poteva dire, scusarsi era l'ultima di esse.
«Non è colpa tua, è solo mia» aggiunse il moro, sospirando. «Se la mia vita sul palco non esistesse, probabilmente avrei fatto qualcosa... ma non posso».
«Jungkook, ti prego, smettila di darti colpe che non hai. Hai quasi ventuno anni, sei nel pieno della tua carriera, hai tutta una vita davanti e molto probabilmente io... non sono quella giusta» ribattè decise lei, inginocchiandosi di fronte a Jungkook. «Sarò solo una delle tue tante conquiste, niente di più».
«“Une delle tue tante conquiste”? Non penso proprio, Kyung-Mi» si affrettò ad aggiungere lui. «Potrà essere sdolcinato da coma diabetico, ma sei molto di più di una semplice conquista».
Il cuore della ragazza ebbe un sussulto, le parole del moro fecero smuovere qualcosa di grande dentro di lei.
«Non mi sarei fatto così tante seghe mentali per un altra, non avrei messo a rischio la mia carriera e di sicuro non avrei versato litri di lacrime per una qualsiasi» continuò lui. «Mi sono innamorato, e lo farei altre duemila volte se solo ne avessi la possibilità».
«E ti innamorerai ancora, ma non di me» rispose Kyung-Mi, la voce leggermente tremante. «Per quanto mi faccia male ammetterlo, ma è così».
Jungkook scosse il capo, stringendo le palpebre. «Dammi solo del tempo».
«Per fare cosa?».
«Per trovarti. Non ho intenzione di dimenticarti una volta che sarai fuori dalla mia vita: potrai innamorarti di un altro, sposarti, avere dei figli, fare quello che vuoi, ma non uscirai mai dalla mia testa» disse lui, tutto d'un fiato. «Mi dispiace».
«Ti farai solo del male così».
Il moro scosse nuovamente il capo, cercando in tutti i modi di trattenere le lacrime lì dov'erano.
Kyung-Mi sbuffò. Non c'era niente da fare, Jungkook rimaneva il solito ragazzo testardo anche in quelle circostanze.
«Promettimi una cosa, però» aggiunse lei, cambiando discorso. «Che darai il massimo per il tuo lavoro, per le tue fan, per i ragazzi. Quando ti rivedrò su uno schermo dall'altra parte del mondo, voglio vederti felice».
Il ragazzo annuì con foga, aggiungendo un luminoso sorriso da coniglietto. «Certo, lo farò».
«Grazie».
Kyung-Mi tentò di ricacciare dentro le lacrime che le solcavano le guance, voleva mantenere il controllo almeno davanti a Jungkook. Ma quando si parlava di lui, tutto diventava più complicato.
«È tardi» disse lui, dopo un paio di minuti passati nel silenzio più totale.
La bionda guardò l'ora dal suo cellulare: era passata la mezzanotte.
«È meglio se ti riporto in hotel».
«No» ribattè Jungkook, gli occhi fissi sul viso di lei. «Fammi restare».
«Ti prego, stai rendendo la situazione più difficile di quanto già lo sia».
«Solo questa notte, poi me ne andrò» continuò impertinente.
Kyung-Mi abbassò il capo, sospirando. Solo una notte, e poi fine, giusto?
«D'accordo».
Jungkook sorrise, per poi allargare le braccia invitando la ragazza fra di esse.
In poco tempo, i due si ritrovarono intrappolati sotto le coperte di quel letto d'hotel, nascosti nella penombra e gli occhi socchiusi. Nonostante i corpi emanassero un caldo piacevole, l'atmosfera era abbastanza fredda dentro la stanza, quasi da mettere a disagio.
Si guardarono per un ultima volta, quella sera, si scambiarono un lungo bacio a fior di labbra, per poi crollare insieme nel sonno.
Ultima notte, pensò Kyung-Mi, e poi basta.

Pellicola » |J.Jk.|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora