Taehyung stringeva Jungkook come se fosse stata la cosa più preziosa che possedeva, e in un certo senso era vero. Durante tutti quegli anni lo aveva visto crescere e diventare un uomo in piena regola, lo aveva aiutato durante la pubertà e aveva potuto assistere al suo cambiamento da ragazzino timido e spaesato ad un vero e proprio adulto sicuro e maturo. A volte si sorprendeva osservando i suoi comportamenti, notando come sembrasse più maturo persino di Namjoon-hyung. Quando era ancora un quindicenne nel pieno dello sviluppo aveva avuto moltissimi periodi di crisi poiché, per colpa dell'agenzia, era stato preso come trainee troppo presto. Dovette lavorare sodo per poter essere accettato nella band, ma nonostante tutto era ancora insicuro di sè stesso. Taehyung e gli altri ragazzi lo aiutarono moltissimo, confortandolo ogni sera, quando si richiudeva a chiave nel bagno di quel piccolissimo appartamentino di allora e versava lacrime su lacrime, pensando alla sua famiglia che aveva abbandonato e a ciò che avrebbe potuto fare se solo non avesse partecipato a quell'audizione. Perchè, pensateci, a sedici anni ogni adolescente fa le proprie scoperte personali: prova la sensazione del primo bacio, della prima relazione stabile, del primo cuore spezzato e, a volte, la prima esperienza nel campo del sesso.
A Jungkook tutto ciò venne vietato, venendo catapultato in un mondo che per la sua età era troppo. Troppe responsabilità, troppi divieti, troppe regole, troppo materiale da scommettere.
Con gli anni, si era abituato a quella routine massacrante, ed era cresciuto con gli standard da vero cantante coreano che si rispetti. Sul palco brillava di luce propria, le fan lo adoravano e anche quelli che non lo conoscevano si sorprendevano durante le sue esibizioni.
Ma in quel momento, in lacrime tra le braccia del grigio di capelli, Taehyung ritornò all'epoca del debutto, ricordando ogni singolo momento passato abbracciato al piccolo Jungkook di allora. Ricordava di come piangeva disperato, di come diceva che non ce l'avrebbe mai fatta e di come, con i suoi anni, sembrasse piccolo ai suoi occhi. L'unica cosa che era cambiata era l'altezza, sicuramente Jungkook era più alto e più robusto di Taehyung.Il maggiore continuò ad accarezzare la sua schiena, passando la mano su e giù, sentendo le scossa dei singhiozzi fin dentro i polmoni.
Con la mano destra, nel frattempo, muoveva delicatamente i capelli bruni di Jungkook. Aveva un sacco di domande da fargli, troppi punti interrogativi e curiosità ancora da chiarire, ma sapeva che non era il momento adatto.
Jungkook prese un profondo respiro, staccando la fronte dalla spalla di Taehyung, ormai umida.
«M-mi dispiace p-p-per la maglia» disse, indicando il punto bagnato dalle sue stesse lacrime.
Taehyung inarcò le labbra in un sorriso, posando entrambe le mani sulle spalle del minore.
«Ti senti meglio?» domandò con voce flebile. Aveva paura di chiedere qualsiasi cosa, Jungkook sembrava così fragile che anche una sola parola avrebbe potuto distruggerlo in mille pezzi.
«Più o meno» rispose il moro, passandosi il lembo della manica della felpa sugli occhi. «Ho mal di testa».
«E basta?».
Jungkook annuì, sedendosi lentamente ai piedi del letto, seguito poi da Taehyung.
«Quindi ti sei fiondato su di me a caso? Tutte quelle lacrime non significavano nulla?».
Jungkook voleva dire ogni cosa, voleva urlare al mondo intero le sue sofferenze e, magari, ricevere dell'aiuto. Ma soprattutto in quel momento più dell'abbraccio di Taehyung aveva bisogno di quello di Kyung-Mi. Era dipendente da lei, dalle sue attenzioni, dai suoi modi di fare...
«Jungkook-ah, c'entra lei, non è vero?».
Centrato il bersaglio.
Jungkook sollevò lo sguardo verso il suo Hyung, ricevendo un sorriso di comprensione da parte sua.
«Avrei dovuto immaginarlo. So che è dovuta partire urgentemente questa mattina, ma non so come mai. Per caso ti manca?».
«E ovvio che mi manca, da impazzire».
«Perciò provi qualcosa per lei?».
«Taehyung, penso sia la domanda più stupida che tu potessi farmi» rispose sarcastico Jungkook, facendo ridacchiare il maggiore. «È ovvio che provo qualcosa per lei».
«Ma è lontano, e la vorresti vicino».
Jungkook sospirò, chiudendo gli occhi e rilassando la schiena.
«Tae, se fosse stato soltanto per questo, ti pare che avrei avuto una reazione del genere?».
Taehyung si zittì, osservando il vuoto davanti a lui. C'era qualcosa di più? Cosa stavamo nascondendo quei due?
«Sì, sento al sua mancanza in ogni momento, ma è un periodaccio per entrambi».
«Stai parlando del-».
«Ha lasciato l'America per poter tornare in Corea, suo padre è stato gravemente ferito ed ora ha le ore contate. Sua madre non si sente bene, non ha un lavoro e Kyung-Mi è preoccupata perchè senza il padre lei non avrà più il visto che le permette di rimanere in Corea. Perciò non solo il padre morirà, ma probabilmente sarà costretta a trasferirsi e ciò... mi fa più male di qualsiasi cosa».
Taehyung ascoltava Jungkook attentamente, osservando il suo profilo mentre quest'ultimo guardava il muro bianco davanti a sè.
«Non sopporterei il fatto che lei possa allontanarsi da me, non ora che siamo... una coppia, credo. Farei qualsiasi cosa per lei, potrei persino prendere il primo volo per la Corea e andarla a trovare immediatamente. E ti giuro, in questi momenti odio il mio lavoro come mai prima d'ora. Non mi permette di fare niente, non posso andare da nessuna parte senza che lo venga a sapere mezzo mondo ed è insopportabile. Non potevo fare il disegnatore? O magari, il barista, il tatuatore... no, il cantante super famoso».
«Sei stato tu a scegliere di fare l'audizione, ed ora non venirmi a dire che te ne penti, perchè stai vivendo la vita che almeno il novanta percento della popolazione mondiale sogna durante la notte. Fare il cantante è un lavoro come un altro, perciò comporta sacrifici e rischi come fare l'impiegato o l'operaio in fabbrica. Se fossi stato un tatuatore, come hai detto tu, avresti potuto frequentarla senza rischi?».
«Avrei potuto avere una relazione seria con lei senza la costante paura che milioni di fan possano abbandonare il gruppo per scandalo» ribattè Jungkook.
«Ma essere una cantante famoso non ti impedisce di avere una relazione! Sei una persona comune, sei un umano: sei Jeon Jeongguk, un ordinario e normale ragazzo di vent'anni proveniente da Busan, e niente ti impedisce di avere una tua vita privata. So cosa dice il contratto, so cosa penseranno i manager e so cosa comporterà tenere tutto ciò nascosto, ma devi farlo per il tuo bene».
Jungkook sembrava ipnotizzato dalle parole di Taehyung, che continuava a parlare imperterrito.
«Mettiti nei panni delle fan: preferiresti vederti allegro e felice con la donna della tua vita o essere perennemente depresso perchè niente ti soddisfa? Persino loro sanno che non potrà mai succedere nulla tra te e le fan, arriverà il giorno in cui ognuno di noi sarà sposato e avrà una propria famiglia e allora nessuno potrà fare niente, se non essere felice per noi e ricordare i bei momenti di quando ancora ci esibivamo. Jungkook, se pensi che sia l'occasione giusta, sfruttala al massimo, e non lasciarti intralciare dal tuo lavoro. Il cantante non lo puoi fare per sempre, ma se ti innamori veramente, il sentimento rimane dentro di te per tutta la vita».
Taehyung notò una strana luce negli occhi del minore. Il maggore, con quelle poche parole, riuscì a far smuovere qualcosa dentro Jungkook.
Amava Kyung-Mi, la amava con tutto sè stesso, e allora perché non rischiare? Perché non andare contro tutto e tutti per qualcuno di così speciale come lei?
«Grazie, Taehyung» disse alla fine. «Sei il migliore».
I due si scambiarono un abbraccio, l'ennesimo di quella giornata.
Taehyung sorrise al minore, prima di salutarlo ed uscire dalla sua stanza, assonnato per l'ora che si era fatta.***
«Signorina, la stanza è pronta, può accomodarsi».
A risvegliare Kyung-Mi dal suo stato di trance temporaneo fu l'infermiera che, con voce delicata, la chiamò per poterla mandare dal padre.
Lasciò sua madre stesa sul lettino, in modo che si riposasse ancora per qualche minuto in più.
L'infermiera, prima di aprire la porta della stanza dell'uomo, si voltò verso Kyung-Mi, guardandola negli occhi. «Se hai bisogno di qualcosa, qualsiasi cosa tu vorrai, premi il pulsante rosso sullo schienale del letto».
Lei annuì, ringraziando con un piccolo inchino la donna.
Le mancò il respiro per qualche secondo. La visione di suo padre, steso su quel lettino, con fili di ogni colore possibile ed immaginabile lungo tutto il suo corpo, una maschera che gli corpiva metà viso e gli occhi socchiusi la fece rabbividire. Era irriconoscibile. Prima era un cinquantenne arzillo e pieno di vita, sempre con la battuta pronta, ora invece sembrava un vero e proprio morto, come se non aspettasse altro che finire la sua sofferenza e andare in pace una volta per tutte.
Lentamente e con un coraggio a lei sovrumano si sedette accanto al materasso, poggiando i gomiti di fianco al corpo del padre.
«Ciao papà» lo salutò, ingoiando un groppo di saliva che si stava facendo troppo stretto anche per respirare.
Sentì la sua voce farsi spazio nella mente, con un lontano "ciao piccola mia", ma il viso dell'uomo non fece una piega. Se l'era solo immaginato.
«Mi hai fatto fare un viaggio lunghissimo e straziante ed ora non mi saluti neanche? Sei molto maleducato, sai?» disse, facendo un lieve sorrisetto. Allungò la mano e afferrò quella del padre, stringendola. Era fredda, come se fosse stata di ghiaccio.
Voleva parlarci come era abituata fare da adolescente, del più e del meno, così da ricordarsi di lui come un uomo divertente e disponibile, e non come quello privo di voglia di vivere che stava vedendo sotto i suoi occhi.
«In questi ultimi giorni sono successe un sacco di cose, ma penso di doverti raccontare tutto ciò che è accaduto in questi mesi dove non ci siamo visti per niente. Ti ricordi del mio collega Kang-So? Quello che mi aveva invitato a cena? Alla fine mi ha chiesto veramente di uscire insieme, ma non è durata molto. Non e il mio tipo, ecco.
Con lo studio fotografico e il lavoro va tutto a gonfie vele, sono contenta di poter lavorare per un agenzia grande come la Big Hit. Ho potuto conoscere i Bangtan, e non me ne pento di sicuro».
Kyung-Mi non aveva la minima intenzione di piangere, ormai aveva la testa che le scoppiava a forza delle lacrime versate.
«Hai presente Jungkook? Quel ragazzo mi sta facendo impazzire, letteralmente. Non perchè mi fa perdere la pazienza, ma... penso di essere innamorata di lui. È dolcissimo, si prende cura di me in ogni situazione, sa farmi sentire speciale e con lui posso essere me stessa, o almeno, per quello che ci siamo visti. Prima mi ha chiesto di salutarti da parte sua, gesto carino non e vero? Se avessi avuto la possibilità di fartelo conoscere dal vivo sarebbe stato anche meglio, ma so che sarai accanto a me per sempre, e avrai modo di conoscerlo attraverso i miei occhi. Sono sicura che lo approveresti» raccontò, osservando il viso del padre con un sorriso. «E per di più è anche bellissimo, sul serio. Se solo fossi sveglio, mi fai sempre prendere degli infarti, e non è normale per una ventunenne. Ah, giusto, tra poco è il mio compleanno, e per la prima volta tu non ci sarai».
Era vero. Mancavano a malapena dieci giorni al ventunesimo compleanno di Kyung-Mi e sperava di passarlo al meglio, ma a quanto pareva non sarebbe stato lo stesso. Non avrebbe ricevuto gli auguri da parte del padre, non avrebbe festeggiato con i suoi genitori, non avrebbe spento le candeline di una torta che aveva la foto di lei da bambina.
Non avrebbe potuto godersi il suo giorno se l'uomo più importante della sua vita se ne sarebbe andato.
«Spero tu ti ricorda di farmi gli auguri anche da lassù, ma sono sicura al cento per cento che lo farai» aggiunse, stringendo sempre di più la mano dell'uomo.
Nella sua testa cercava di immaginarsi la sua voce mentre le diceva di stare calma, che tutto sarebbe andato bene e che, nonostante ciò che stava succedendo, lei sarebbe sempre rimasta la ragazza forte e piena di gioia di sempre.
Il papà l'aveva sempre elogiata per queste sue caratteristiche: le diceva di quanto era tenace, di quanto sembrasse bella ogni qual volta che di intestardiva su qualcosa, di quanto potesse far splendere il sole nascosto dalle nubi con un suo sorriso.
E lei a quelle parole lo aveva sempre ripreso, perchè non si era mai considerata vivace o anche solo bella da togliere il fiato come sosteneva il padre. Ma solo in quel momento capiva il vero significato dei suoi discorsi, per lui sarebbe stata la figlia che tutti vorrebbero avere.
Sapeva di averlo reso felice.
Poi, fu questione di un attimo.
Un ultimo suono meccanico, un ultimo respiro, un ultimo addio.
La presa sulla mano del padre si allentò, dalla porta della stanza entrarono medici ed infermiere, mentre la macchina collegata al cuore dell'uomo emetteva un unico ed incessante suono.
E poi, le parole di Cho-Hyun, talmente affilate e pungenti da distruggere una volta per tutte il cuore di Kyung-Mi.
«Ora del decesso: undici e quarantadue».
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Pellicola » |J.Jk.|
FanfictionI Bangtan Sonyeondan stanno raggiungendo l'apice della fama dopo tanta fatica ed anni di duro lavoro. I sette ragazzi sono determinati a continuare la loro carriera al massimo, ma cosa succederà quando, dall'altra parte di una macchina fotografica...