capitolo trentacinque

2.6K 158 21
                                    

Nei giorni successivi i ragazzi si presero tutto il tempo per spostarsi dal Cile al Brasile, per le loro seguenti due tappe a San Paolo. Dovettero recuperare le forze necessarie, concentrarsi e cercare di riposare il più possibile nonostante i loro impegni.
Dall'altra parte del globo, in un ospedale in Corea, Kyung-Mi tentava di calmare più sua madre che sè stessa. Dopo l'annuncio del dottor Cho-Hyun la donna ebbe come un attacco isterico, rifiutando persino gli aiuti della figlia. Si sentiva sempre più stressata mentalmente, voleva solo poter allontanarsi da tutto e da tutti e vivere con tranquillità.
Il soggiorno in Corea sarebbe stato più lungo a causa dei preparativi del rito funebre e le varie spese che avrebbe comportato.
Era tutto un casino.

***

«Kook-ah» Hoseok fece capolino nella stanza d'hotel del minore senza nemmeno bussare, cosa che infastidì Jungkook. «Dove sei?».
Il moro uscì dalla porta del bagno con solo un accappatoio addosso: si era concesso un bagno caldo dopo quei primi concerti, un po' per festeggiare. «Cosa ci fai qui?» gli chiese.
«Me l'ha appena detto il manager, credo che tutti i membri debbano saperlo» cominciò, schiarendosi la gola. «Il padre della nostra fotografa è mancato poco fa».
Jungkook si bloccò per un attimo a pensare, come se tutto intorno a lui si fosse fermato per secondi interminabili e aspettasse una sua mossa. «Cosa?» fece poi, voltandosi verso il suo hyung.
«Già, a quanto pare è il motivo per cui ci ha lasciato nel bel mezzo del tour».
«Questo lo sapevo, ma non mi aspettavo che peggiorasse di punto in bianco» raccontò Jungkook, vagando con lo sguardo verso il mobiletto accanto al letto, dove teneva il cellulare.
«La fotografa Park te lo aveva detto?» chiese Hoseok.
«Eccome».
«Non immagino pensare a come stia adesso» il rossiccio sospirò, scuotendo la testa. «Prova a chiamarla, ne ha bisogno».
Jungkook annuì, osservando poi la figura dello hyung uscire dalla sua stanza mormorando qualcosa a lui incomprensibile.
Non osò aspettare oltre a fare uno squillo a Kyung-Mi, ma le ci vollero un po' di tentativi prima di rispondere.
«Pronto?».
Jungkook rimase in silenzio per qualche secondo, finchè non sentì la voce della ragazza richiamarlo.
«Come stai?» le chiese semplicemente, aspettandosi di tutto in risposta.
«Mh, insomma. Potrebbe andare meglio».
Tutto qui? Le era appena morto il padre e lei rispondeva con un semplice "insomma"?
«Sicura che vada tutto okay?».
«È ovvio che niente vada bene, ma sono stanca persino per disperarmi. Non ce la faccio più».
«In effetti».
«Immagino che il manager ve lo abbia già detto» aggiunse lei, azzeccando al primo colpo.
«Proprio qualche secondo fa, non ho esitato a chiamarti».
«Grazie».
Jungkook sorrise, chiudendo gli occhi. Era intenerito dalla voce di Kyung-Mi, seppur un po' roca e stanca.
«Vorrei essere lì con te in questo momento» si fece scappare il moro, che non appena si rese conto di ciò che aveva detto divenne rosso dall'imbarazzo.
«A chi lo dici. Sembra che i problemi siano iniziati quella sera, quando ci siamo baciati».
Jungkook, al solo ricordo, dovette trattenere un sorriso. Quella notte, in quel corridoio buio, era diventato il ragazzo più felice sulla faccia della terra, non sapendo di ciò che sarebbe successo poco dopo.
«Forse non ci meritiamo» disse lui.
«O forse è solo il destino che cerca di ostacolarci in tutti i modi possibili».
Non riusciva a resistere un minuto di più senza di lei. Voleva abbracciarla, voleva coccolarla, voleva sentire il suo corpo tra le sue braccia. E poi voleva baciarla, con passione, con voga, ma con quella dolcezza unica che fa la differenza.
«Voglio rivederti» confessò il moro, senza un briciolo di timidezza.
«Anch'io» rispose Kyung-Mi. «E arriverò presto, non ti preoccupare».
«Te ne prego».
Poco dopo, la chiamata terminò. Kyung-Mi doveva radunare le idee per i giorni successivi, cosa avrebbe dovuto fare e quanto sarebbe durato.

Uscì dall'ospedale qualche ora dopo.
L'orologio segnava le quattro di mattina e, da due giorni a quella parte, Kyung-Mi non aveva chiuso occhio. Sentiva che prima o poi avrebbe ceduto e si sarebbe addormentata di colpo per la strada, perciò decise di non guidare per tornarsene a casa.
Chiamò un taxi, seppur fosse più costoso data l'ora.
Quando prese il cellulare per controllare le varie notifiche vide almeno trenta messaggi da parte di Shin e da qualche suo collega con cui aveva scambiato sì e no quattro parole, eppure avevano la faccia tosta di farle le condoglianze. Apprezzò comunque il gesto, ma rispose solo ai messaggi di Shin, per poi aprire la porta del suo appartamento ed entrarci.
Mise la sua valigia in un angolo della stanza, si tolse il cappotto pesante che aveva addosso e si lasciò andare sul divano.
Ancora non poteva credere a che cosa le stava succedendo, troppe cose insieme le avevano fatto scoppiare la testa, letteralmente.
In un certo senso si sentiva sollevata, perchè almeno sapeva che il suo amato padre non avrebbe più sofferto e nemmeno lei, lasciandolo andare. Ma dall'altra era a conoscenza del fatto che non si potesse tornare indietro, e che tutto sarebbe cambiato.
Il rapporto con sua madre, la casa, le visite, ogni cosa.
Ma in quel momento non aveva minimamente voglia di pensare alle conseguenze, i suoi occhi erano talmente arrossati ed irritati che si chiusero involontariamente, lasciando che si riposassero.

***

La mattina dopo, Kyung-Mi si risvegliò di colpo. Per poco non cadde dal divano dove si era addormentata quella notte, e il suo cuore prese a battere all'impazzata dallo spavento.
Qualcuno stava incessantemente bussando alla porta del suo appartamento, quasi a sfondarla a suon di pugni.
«Chi è?» aveva urlato, strofinandosi una mano sugli occhi dolenti a causa della troppa luce.
Quel qualcuno dietro alla porta non voleva smettere di tormentare i timpani della ragazza che, spazientita, si alzò dal divano e andò ad aprire con forza la porta.
«Si può sapere che ti è saltato in mente?!» Kyung-Mi quasi sbraitò alla persona al di fuori dell'appartamento, che lei non aveva ancora riconosciuto.
«Sono venuto il prima possibile, mi dispiace».
Quella voce.
Avrebbe potuto riconoscere ovunque quel suo timbro fiero.
Alzò di poco lo sguardo, quanto bastava per incrociare due iridi scure e la frangia castana.
«Cosa ci fai qui?» gli chiese, allentando la presa sulla maniglia della porta.
«Ho saputo dai miei superiori che tuo padre è morto qualche ora fa» ripetè le stesse parole che Kyung-Mi sentì nelle ore precedenti, ma che da lui avevano tutt'altro significato.
«Kang So» lo chiamò. «Perchè non mi hai scritto un messaggio come tutti gli altri?».
Il ragazzo la guardò confuso, avanzando di un passo per poter entrare nell'appartamento. Kyung-Mi si mise tra la porta e il muro, bloccando il passaggio.
«Okay, cosa c'è? Non mi lasci entrare?».
«Non mi sembra il caso, sai?» rispose fredda lei, incrociando le braccia al petto.
«Io sono solo passato per cercare di consolarti».
«Non ti preoccupare, sto bene anche senza il tuo aiuto».
«Dici sul serio? In questo momento penso di essere l'unico in grado di poterlo fare».
L'espressione di Kang So passò da fiera a perplessa, notando che sul viso di Kyung-Mi si era formato un sorrisetto al quanto strano.
«Pensi davvero di essere importante per me?».
Il ragazzo non rispose, si limitò ad aprire la bocca di qualche millimetro per parlare, ma fu preceduto dalla bionda.
«Spero tu ti ricorda cosa mi hai fatto giusto il mese scorso, o forse eri troppo ubriaco per rendertene conto?» domandò.
«S-sì ma... avevo bevuto, non avevo alcuna intenzione di toccarti».
«E spero tu ti ricorda anche di chi mi ha salvata dalle tue orrende grinfie» aggiunse lei, alzando un sopracciglio.
«Kyung-Mi, cosa mi vuoi dire?!» sbottò infastidito Kang So, puntando i piedi a terra.
«Che mi sono stancata da tempo dei tuoi modi, delle tue false parole d'amore e... di te. Dopo quello che è successo quella sera non riesco più a vederti allo stesso modo, e mi sono resa conto che c'era qualcun'altro che mi stava aspettando, qualcuno che si è messo da parte solo per paura e per vedermi felice» raccontò.
Kang So era sempre più confuso dopo ogni parola che pronunciava Kyung-Mi, ma decise di lasciarla parlare per cercare di capirci qualcosa.
«Eppure mi è rimasta vicina nonostante noi due ci stessimo frequentando, mi ha fatto ridere, mi ha consolato e mi ha fatto capire che quello giusto non sei tu, ma lui».
«Okay, chi è questo-».
«Quello che tu stai per chiamare coglione è Jeon Jungkook, e non credo che tu possa insultarlo in questa maniera, non sapendo di cosa è capace».
Kang So per poco non urlò dalla sorpresa. Si sarebbe aspettato di tutto, ma non che lo rimpiazzare con Jungkook.
«Seriamente? Mi stai scaricando per un cantante famoso?».
«Per me non è una star mondiale, ma è il ragazzo che mi ha fatto innamorare con i suoi modi di fare e da come si comporta in mia compagnia, al contrario tuo. Tutte quelle piccole attenzioni che tu non mi hai mai rivolto, per lui sono la cosa più importante».
«Io non ti ho mai rivolto attenzioni? Ma se ti ho sempre considerato la ragazza più bella sulla faccia della terra!».
«Non intendo questo. Tu non puoi ancora capire ciò che significa essere veramente innamorati di una persona. Si va oltre l'aspetto fisico, e con Jungkook ci sono riuscita».
«Certo, sei andata oltre l'aspetto fisico solo per la fama e per i soldi, non è così?».
Kang So era davvero così cocciuto e ritardato? Probabilmente sì, anche se Kyung-Mi non se n'era mai resa conto.
«Esci da questa casa, non sono in vena di litigare con te».
«Io sono veramente innamorato di te» prima che la ragazza potesse chiudere la porta, Kang So la trattenne con una mano, dicendole quelle semplici parole che la fecero ridacchiare.
«Se fossi davvero innamorato di me, saresti stato felice se avessi trovato una persona migliore di te, e soprattutto non saresti venuto qui a discutere pur sapendo di ciò che sto affrontando con tutta me stessa» disse.
«Pensi davvero che Jungkook sia quello adatto? Non ti importa niente del suo lavoro, della sua fama, delle sue fan e ciò che comporterà stare insieme ad un cantante come lui?».
Kyung-Mi annuì, mettendo pressione sulla porta.
«Sei solo un egoista, Kyung».
La porta si chiuse con un tonfo, lasciando che il rumore dei passi pensanti di Kang So rimbombasse per tutto il corridoio.

Pellicola » |J.Jk.|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora