Veniamo a prenderti

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Tre settimane dal rapimento.

Mi sento soffocare, la stanza in cui mi hanno messo è piccola. Niente in confronto a quella in cui ero prima con Jace.
Non lo vedo da due giorni e sto iniziando a preoccuparmi.
Nonostante fosse d'accordo con mio padre non posso odiarlo. È il mio unico amico in questo momento. Abbiamo legato come fanno due disperati sull'orlo del precipizio.
Ci siamo aiutati e sostenuti a vicenda quando stavamo crollando.
Abbiamo perso pezzi di noi stessi, ma continuano a combattere per assicurarci un domani.

Mi siedo sul letto a due piazze che occupa la maggior parte della stanza, è di un colore acre.
Le lenzuola di seta sono fresche e pulite, profumano di lavanda.

Fisso la piccola finestra ricoperta di sbarre, il cielo è limpido e i raggi del sole filtrano dentro la stanza.
Per quanto il clima fosse piacevole, dentro di me una continua tempesta persisteva.
Non riesco a provar nessun sentimento che non sia rabbia, tristezza e rassegnazione.
Queste sono le uniche emozioni che mi mantengono in vita.

È passato troppo tempo da l'ultima volta in cui sono riuscita a sentire la sabbia sotto i piedi, il vento tra i capelli e la semplice felicità di uscire con i miei amici.

Mi chiedo se riuscirò mai a uscire da qui.
A rivedere mio fratello, Chris, i miei amici, mia madre... Alex.

Raggiungo il piccolo bagno incorporato nella stanza.
Mi spoglio dei miei pochi stracci.
Mi guardo allo specchio e per poco non mi spavento quando noto il mio riflesso.
Non mi riconosco, i miei capelli neri una volta lucenti sono spenti e sporchi, sono dimagrita notevolmente, riesco ad intravedere le costole e l'osso dei fianchi, i miei occhi, sono spenti e privi di vita.
Non c'è più quella scintilla che li distingueva.

Scappo dal mio riflesso rifugiandosi nel box della doccia.
L'acqua calda scorre lungo la mia pelle, mi insapono bene la cute dei capelli ed il corpo.
Ripasso con un dito le cicatrici sulla schiena.
Sono tante, alcune fini, altre più spesse e più rimarcate.
Non potrò più indossare nessun vestito scollato, canottiere o un semplice costume da bagno.

Mi salgono le lacrime agli occhi, mi rendo conto che sia un pensiero superficiale, ma non ne posso fare a meno, non mi vorrà nessuno.
Farò schifo a chiunque, resterò chiusa qua dentro a vita.

Mi asciugo e mi vesto velocemente con i vestiti che mi ha portato Riccardo l'ultima volta.
Do le spalle allo specchio e abbasso gli occhi per non vedermi.

Sono in piedi davanti al letto quando scatta la serratura della porta, mi ritiro in un angolo sperando e pregando Dio che non sia Ivan.

Non resisterei un'altra ora insieme a quel mostro, spero bruci all'inferno per tutto quello che mi ha fatto.

Non alzo lo sguardo quando sento dei passi pesanti avvicinarsi, il cuore mi batte forte come un tamburo e ho paura che chiunque sia entrato nella stanza possa sentirlo.

Sento accarezzarmi la testa, alzo lo sguardo titubante.
Jace.
Mi alzai saltandogli addosso, mi era mancato ed era bello avere un complice vicino.

Mi staccai leggermente mentre rimango con le gambe attorcigliate al suo bacino, il seno contro il suo petto e le fronti che si toccavano.
I nostri respiri si mischiano e i nostri occhi si fondono.

Si avvicinò lentamente, credevo mi stesse per baciare, ma le sue labbra si posarono sulla mia guancia.
Non so se ne rimasi delusa, ma sono sicura che se lo avessi baciato mi sarei sentita in colpa nei confronti di Alex. Non capisco nemmeno perché, in fondo io non sono niente per lui.

Che pensiero stupido, risi di me stessa e della mia stupidaggine.
Probabilmente era già andato avanti con la sua vita, come tutti gli altri, ed era giusto così.
Il saperlo felice senza di me, apriva dentro di me una voragine senza fine.
Per quanto potessi essere egoista lo volevo per me, soltanto per me.
Ma sapevo che non sarebbe mai successo.

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