44. Claudio

1.7K 197 55
                                    

Tutto stava andando per il verso giusto ed era talmente semplice e naturale che alla fine sono caduto. Dovevo stare attento, prestare attenzione e mai e poi mai avrei dovuto lasciarmi andare del tutto. Non ancora almeno. Era troppo presto. Lo sapevo. Lo sentivo. Ma la situazione, il momento, l'atmosfera mi hanno illuso che anche per lui potesse essere reale, ma sopratutto condiviso.

Non me ne sono reso conto subito. No. Ma poco dopo, quando l'ho preso tra le mie braccia e ho sentito il suo corpo fremere e tremare, segno che avrebbe voluto prendere la porta e andarsene. Ma ovviamente è rimasto perché dove mai avrebbe potuto scappare? In mezzo al bosco? E poi?

Avrei voluto chiedergli di dimenticare quello che ho detto, quello che ha inevitabilmente sentito, ma a che scopo? Per sottolineare e marcare ancora di più la potenza dei miei sentimenti? Per cui ho cercato di far finta di nulla, non gli ho detto più nulla e ho anche lasciato la presa sull'abbraccio. Lui, come avevo previsto, si è subito girato dandomi le spalle e a me non è rimasto che maledirmi in silenzio e accettare le sue distanze..

A nulla sarebbe servito convincerlo che l'amore è una cosa meravigliosa. Le mie parole sarebbero state solo un ronzio di sottofondo, non avrebbe ascoltato nulla di quello che avrei potuto dirgli. Niente avrebbe ribaltato la situazione, perché so per certo che quel Ti amo detto troppo spontaneamente e troppo veritiero, si era depositato nella sua testa come un mantra al contrario. Piano piano lo stava riconducendo alle origini delle sue paure e presto si sarebbe nuovamente chiuso dentro la sua fortezza, per mettere al sicuro il suo cuore.

E la conferma di tutto ciò l'ho avuta una volta rientrati in città, perché se anche la mattina dopo ha cercato di comportarsi come al solito, una volta tornati si è dato alla macchia. Ha inventato scuse su scuse per non passare al mio appartamento. Mi diceva che aveva scordato un matrimonio, che aveva una cena in famiglia, un uscita con Amanda, o ancora che era stanco. Ma la cosa peggiore è che a ogni telefonata e a ogni suo rifiuto, mi diceva che gli mancavo.

Era un mi manchi, però...

E ogni volta che lo sentivo pronunciare quelle parole, sentivo il dolore uscire dalla sua voce per farsi strada dentro il mio cuore.

Sapevamo entrambi cosa stava succedendo ma nessuno dei due voleva affrontare quei punti di sospensione che si erano venuti a creare tra di noi.

Lui si stava allontanando e io glielo stavo facendo fare.

E anche se tutto questo agli occhi di molti potrebbe essere sbagliato, come potrei mai costringere a rimanere una persona che non vuole restare?

Gli avrei dato il mondo e tutto l'universo se solo me lo avesse permesso, ma lui non ha mai voluto veramente niente di tutto ciò. Lui cercava una stabilità ma su delle palafitte.

Così andavamo avanti a messaggini di buon inizio giornata, a chiamate di solo lavoro durante l'arco della giornata se c'erano eventi in vista, e a quelle in cui a fine giornata gli davo la buonanotte.

Dopo quella notte ci siamo visti altre due volte, in entrambi i casi in una chiesa per lavoro.

Lui non è più passato per casa, e io non ho mai più suonato al suo campanello.

Sono steso a letto con la testa affossata sul suo cuscino, con l'ultima mia maglietta che ha indossato, in cerca di un odore che ormai vive solo attraverso i miei ricordi, quando sento il telefono squillare.

Quando leggo il nome di chi mi cerca, rimango a fissare quelle quattro lettere che continuano a lampeggiare sullo schermo, fino a quando non decido di rispondere.

"Pronto" dico esitante.

"Ciao!"

E mi basta questo per far tornare alla mia memoria tutto il bene e i bei momenti che abbiamo passato assieme.

Mi metto a sedere con la schiena appoggiata alla testiera del letto e le ginocchia raccolte al mio corpo, mentre stringo ancora tra le dita la maglia di Mario.

Ascolto quello che Ivan mi descrive, per poi sentirlo chiedermi di raccontargli qualcosa, interessato sul serio a quello che ho da dire. Ridiamo e per un po' dimentico tutto il mio casino e dopo tanto, ritornare a provare un po' di serenità mi rende più leggero. Quando chiudo la chiamata, sul mio viso ci sono ancora tracce di felicità ed è questa che mi da la forza di alzarmi e uscire.

Voglio essere ottimista e pensare positivo.

Voglio risposte.

Voglio lui.

Entro dal portoncino che viene sempre lasciato aperto e salgo di corsa le tre rampe di scale che mi portano al suo appartamento. Lo sento mentre urla, una porta sbattere e poi sento un vaffanculo uscire dalla bocca di Amanda.

Sempre i soliti.

Busso.

Quando Amanda mi apre rimane interdetta.

"Hei! Non ti aspettavo!" mi dice lei rimanendo sulla soglia e con la porta ferma tra le dita.

"Lo so. Ero venuto per Mario a dir la verità".

Sorride, ma nei suoi occhi quello che leggo è tutt'altro.

"Non c'è". Mi dice.

Falsa. Vorrei dirgli. Ma poi ricordo che prima di amica mia, è amica sua e per quanto possa essere stronzo, lui avrà sempre la sua lealtà.

"Senti..." inizio a dirgli per poi bloccarmi tutto su un colpo.

Ed entrambi raddrizziamo la schiena irrigidendoci.

Perché entrambi sappiamo cosa sta succedendo.

Sento dei gemiti che vengono urlati. Sento la sua voce gridare più forte e poi sento il cigolio del suo letto farsi strada nelle mie orecchie per poi cementarsi nella mia testa.

Faccio un passo indietro e un altro ancora. I miei occhi sempre fissi nei suoi. E quello che ci vedo è pena e strazio. E una buona dose di serial killer. Ma niente servirà a cambiare quello che ha voluto sottolineare lui con questo suo teatrino.

"Cla..."

"No".

"Ascoltami".

Ma io non ho più voglia di ascoltare. Avevo in mente un bel discorso, una porta da lasciargli aperta, e un cuore che lo avrebbe aspettato. Ma lui ha gettato lava incandescente tra di noi, bruciando tutta la strada che avevamo fatto assieme.

Nessuna pagina da scrivere, nessuna storia da raccontare.

Mi volto e inizio a scendere le stesse scale che avevo salito solo pochi minuti prima.

"Claudio!"

Sento Amanda chiamarmi ancora e l'unica cosa che sono in grado di fare è alzare la mano e fargli il dito medio. Sapendo benissimo che lei non ha nessuna colpa. Conscio che lei mi aveva sempre messo in guardia.

Ma adesso, in questo momento non me ne frega un cazzo e lei è l'unica persona su cui posso sfogare la mia rabbia. E le va bene che le faccio solo il gesto, senza vomitarle addosso mille frasi no sense.

Quando esco sbatto il portoncino e poi mi dirigo verso il molo, dove tutta questa storia ha avuto inizio, nella speranza che il rumore del mare riesca a portare via con sé quello che quel giorno ha voluto darmi.

Drops of usDove le storie prendono vita. Scoprilo ora