12. Claudio

2.3K 215 33
                                    

Sto impazzendo.

Per colpa sua.

Dopo quella sera che si è presentato in negozio, il braccio ha continuato a formicolarmi per giorni interi e ogni qual volta che ci prestavo una reale attenzione, mi sembrava di riuscire ancora a percepire il suo calore.

E a quel punto tutto in me inizia ogni dannatissima volta a bruciare.

Ho cercato di evitarlo il più possibile, rispondendo a monosillabi ai suoi messaggi e cercando di evitare le sue chiamate facendo entrare in funzione la segreteria.

Fino a questa mattina.

Perché che me lo ritrovo davanti.

E voglia o non voglia, ci dovrò parlare.

"Hei!" lo saluto mentre esco dalla porta dell'appartamento, per poi aprire quella del negozio.

"Buongiorno straniero!" mi saluta lui con uno dei suoi sorrisi strappa mutandine. Maledetto.

"Cosa ti porta da queste parti?" gli chiedo mentre mi da una mano a portare fuori la rastrelliera per le biciclette stando ben attento a non sporcarsi l'abito gessato che indossa questa mattina.

"Indovina!"

Lo guardo ma non vedo niente di strano nei suoi modi per cui butto la un "lavoro?" perché altro non saprei.

"Esattamente e non puoi dirmi di no!" e mentre parla congiunge le mani in segno di preghiera. E' allora che mi fermo, con un vaso pieno di tulipani in mano, a guardarlo meglio. E quello che vedo, ora, non mi piace per niente.

"Dimmi dov'è la fregatura" gli chiedo andando subito al sodo.

"Pagano benissimo" mi risponde lui, eludendo di proposito la mia domanda "ed è tutto spesato" continua col dirmi.

"E' quel tutto spesato che non mi convince affatto. Sputa il rospo".

"Vuoi sederti?"

"Addirittura?" deve essersi fumato il cervello in questi ultimi giorni "non puoi dirmelo e basta? E' come togliere un cerotto, veloce e indolore" cerco di convincerlo.

Lo vedo prendere un respiro, poi lentamente si avvicina e vorrei arretrare, ma non posso farmi vedere debole, devo riuscire a tenergli testa se voglio vincere la guerra.

Mi sfila il vaso dalle mani e lo depone a terra, si appoggia con il culo al bancone, infila un dito nella tasca dei miei jeans e lentamente mi tira verso di lui.

Io non fiato, ma dentro di me la lava ha iniziato a sobbollire pronta a riversarsi nelle mie vene.

Cerco di trattenere il respiro, cerco di non inalare il suo profumo ma alla fine cedo e il suo odore, fatto di tabacco e menta, mi invade il cervello mandandolo in corto circuito.

Riesco a ridestarmi solo quando qualcosa di peggio inizia a farsi sentire.

La sua mano ora è appoggiata sul mio fianco e il suo pollice lentamente mi accarezza uno dei miei punti deboli e ringrazio me stesso per aver infilato la maglietta per metà dentro ai pantaloni perché altrimenti a quest'ora sarei come un lupo che ulula alla luna.

Tento di rilassare ogni muscolo e di riportare il respiro ad una velocità tale che non gli permetta di capire la mia agitazione e poi provo a concentrarmi sul vero problema, quello che mi ha portato in questa situazione.

"Sto ancora aspettando" dico con la voce più calma che mi riesce.

"Senti, devi sapere che non lo volevo accettare questo lavoro, ma non volevo dire di no per non sembrare scortese, così ho pensato di dire a questa sposa che avrei accettato solo se potevo portare con me il mio fiorista, convinto che lei ormai avesse il suo e invece mi son trovato fregato perché lei non ha battuto ciglio nel dirmi di sì e quindi ho dovuto acconsentire"

Sta ancora strofinando quel suo dannato dito sul mio ventre e vorrei dirgli di smetterla, vorrei allontanarmi, ma la verità è che mi piace, forse troppo maledizione. E inconsapevolmente abbasso le spalle, cedendo alla sua richiesta senza nemmeno sapere di cosa si tratta.

"Ok" dico soltanto "ora posso sapere di cosa si tratta?"

I suoi occhi si illuminano di luce e questo mi permette di riuscire a vedere l'acqua in quei due pozzi neri.

"Andiamo in trasferta, tu e io!" sorride lui.

E io muoio dentro.

"In trasferta?" chiedo conferma.

"Oulu per l'esattezza. Non è molto lontano. Sette ore e ci siamo, ma ovviamente c'è da organizzare quindi credo che almeno una settimana ci voglia e poi tu dovrai appoggiarti ad un fioraio del posto, ma a questo ci penso io, faccio un po' di telefonate..."

E lo lascio blaterare. Non lo ascolto nemmeno perché di tutto quello che mi sta dicendo il mio cervello ha capito solo che saremo io e lui in un paese che nemmeno so dove si trova, probabilmente sperduto in qualche distesa d'erba.

"...solo una camera matrimoniale e prendiamo la mia auto..."

Cosa COsa COSA?

"Che hai detto della camera?" chiedo inebetito.

"Che essendo estate i pochi hotel del posto erano già pieni e non è stato facile prenotare e infatti ho trovato solo una camera matrimoniale. Ma immagino che non avremmo problemi a dividerla, giusto?"

E avete mai visto gli occhi di un cerbiatto? Ecco. Ora i suoi sono esattamente così. Dolci e innocenti. Ma io so che in verità nascondono il male, il diavolo in persona.

E fanculo. Vuoi giocare? Giochiamo.

Alzo la mano e la appoggio sul suo collo lasciato scoperto dal primo bottone della camicia che non ha ancor allacciato e il mio tocco è lieve, quasi impalpabile.

I suoi occhi si sgranano per poi farsi ancora più scuri, pieni di desiderio. Ed è solo quando sento che col suo viso sta per andare incontro al mio palmo, che faccio un passo indietro, prendo il vaso di tulipani e continuo nella mia routine mattutina.



Drops of usDove le storie prendono vita. Scoprilo ora