53. Epilogo-Amanda

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Alla fine Mario si era dimostrato il coniglio spaventato che era, perché sebbene fosse salito sull'aereo diretto a Verona e avesse suonato quel cazzo di campanello, è scappato a gambe levate non appena ha visto cose che potevano essere vere solo nella sua testa.

Per fortuna, tra i due, ce n'era uno con un po' più di cervello, che gli è corso dietro anche se non era suo il compito di andare a riprenderselo, così alla fine non hanno mandato a puttane per l'ennesima volta il loro grande amore.

Quel cazzo di Lego che abbiamo costruito assieme, immersi in fiumi d'alcool per tirarci su dall'animo incartapecorito, Mario se l'era portato dietro racchiuso in metri e metri di pellicola trasparente e posto nella valigia. Alla fine, per fortuna, era servito per parlare al suo posto, perché altrimenti Claudio avrebbe rischiato di diventare vecchio decrepito, aspettando che Mario dichiarasse a voce i sentimenti che provava. Inutile dire che è tornato con loro, con tanto di scritta Fragile sul trolley.

Quando sono scesi dall'aereo, avevano già iniziato a litigare e ho temuto che Claudio non appena mi avesse salutata, mi dicesse Tienitelo qui, non lo voglio più! riferito a Mario. Ma niente di tutto ciò era successo, perché come sempre Mario era stato zittito dalle spiegazioni del suo fidanzato.

Io, a dir la verità, sono rimasta sconvolta del potere che Claudio aveva su di lui, perché io che lo conosco da una vita, mai una volta sono riuscita ad avere l'ultima parola, salvo in rare eccezioni.

Li ho aiutati a fare gli scatoloni per il trasloco e nel farlo, dopo anni che abitiamo assieme, ho notato che, a parte l'infinito guardaroba, gli oggetti che gli appartenevano non erano poi molti. Tanto che tutte le mie innumerevoli cianfrusaglie erano riuscite a nasconderli sul fondo dei mobili. Non ci avevo mai fatto caso prima, ma improvvisamente mi sono resa conto che nella sua vita, non aveva mai raccolto qualcosa. Non aveva mai racchiuso momenti magici dentro a degli oggetti.

Vederlo lasciare l'appartamento una volta per tutte mi ha messo addosso una tristezza che non avevo mai provato e, inaspettatamente, mi sono sentita sola. Ero felicissima per lui, perché entrambi si meritavano la vita che avrebbero condiviso, ma allo stesso tempo ero invidiosa per quello che loro erano riusciti a trovare.

L'estate passò, Claudio tornò a lavorare al negozio di mia mamma, la quale decise di dargli una mano solo all'occorrenza, godendosi così la vita più serenamente. Tutto tornò come era prima, con noi tre che collaboravamo e tornavamo a girarci intorno come un tempo.

Non mancavano di certo le discussioni durante i preparativi di alcuni eventi, ma eravamo diventati bravi a lasciare i problemi dentro i nostri uffici, così da non portare i bisticci a casa.

Le cose procedevano bene e io ormai ero diventata una bravissima suora di clausura. Tutta casa, lavoro e confessore per due amici gay! Stavo il più lontano possibile dalle donne per non ricadere nei vecchi vizi, nella speranza che una mattina andando a lavoro mi scontrassi con quella che poi sarebbe diventata mia moglie. In quale futuro non lo so, ma speravo fosse ravvicinato.

Passammo il nostro primo Natale tutti assieme. La mia famiglia, quella di Mario e quella di Claudio, che per la prima volta mise piede nella nostra città. Era stato tutto un po' rocambolesco dato che i due ragazzi dovettero fare da interprete per tutto il tempo, ma tutto sommato i giorni passarono felici e spensierati.

A capodanno lavorammo tutti e tre allo stesso evento, incastrati in una mini crociera con tanto di matrimonio a mezzanotte nell'ultimo giorno dell'anno. So che più volte Mario aveva tentato di far cambiare idea alla sposa, spingendo sul fatto che nemmeno allo sposo piaceva molto quel tipo di celebrazione, ma senza risultato. Così mentre tutto il mondo festeggiava l'arrivo del nuovo anno, io scattavo foto agli sposi e a tutti gli invitati, rubando anche qualche scatto ai miei due ragazzi preferiti.

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