43. Mario

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La cura, le attenzioni, i particolari... Ogni suo singolo gesto è sempre pensato per me. Da quando ho iniziato a frequentare il suo appartamento più spesso, ho notato che ogni volta che entravo c'era qualcosa di nuovo, qualcosa di diverso. È cominciato tutto con l'arrivo di una coperta calda in più appoggiata sul divano perché era stanco che gli rubassi la sua, poi la tazza azzurra, la tostatura del caffè che preferisco più forte rispetto alla sua. Lo spazzolino nel bagno, un cassetto lasciato vuoto. Un paio di ciabatte trovate dal mio lato del letto. È stato tutto così graduale, tutto così semplice e istintivo che per tutto questo mese e mezzo sono riuscito a respirare senza dover mai scappare. Niente di tutto quello che ha fatto mi ha messo pressione, nessuna imposizione. Era come se mi dicesse guarda è lì se TU lo vuoi. E anche se notavo ogni singola cosa, sono riuscito ad accettare tutto senza nessuna remora.

È come se improvvisamente mi fossi cosparso di olio e avessi iniziato a scivolare anche attraverso i buchi più stretti, nelle curve a gomito, percorrendo sempre più velocemente le discese. Nessuna salita per me, perché Claudio rendeva tutto fin troppo facile.

"Farete i bravi?" ci chiede Amanda mentre parcheggia davanti l'aeroporto.

"Mica abbiamo cinque anni!" gli rispondo esasperato.

"Claudio no di certo, ma per quanto riguarda te non ci metterei la mano sul fuoco".

Non la sopporto quando fa così, quando deve sempre farmi passare per l'idiota della situazione. "Ci vediamo" le dico prima di scendere dall'auto e lascio Claudio da solo a salutarla. Non so cosa si dicano e sinceramente non mi interessa nemmeno saperlo. Lo aspetto e poi assieme ci dirigiamo verso il gate.

Il volo non dura molto ed essendo un volo interno le pratiche di imbarco sono veloci e i passeggeri veramente molto pochi.

"Pensavo che ci saremmo sfracellati a terra" mi confessa Claudio una volta atterrati. Lo guardo con le sopracciglia alzate, come a volergli chiedere se è impazzito. "Eravamo in quindici compresi il pilota e la hostess e per di più non so nemmeno se si potesse parlare di aeroplano, per non parlare del rumore infernale che emetteva" mi dice sul serio impaurito.

"E' un classico volo interno!" gli dico cercando di alleviare la sua preoccupazione.

"Quindi anche al ritorno sarà così?"

"A meno che tu non voglia tornare con una slitta, direi di sì!"

Si fa il segno della croce e poi alza gli occhi al cielo. Idiota!

Quando usciamo dal piccolo aeroporto, ad accoglierci troviamo una distesa infinita di neve.

"Adesso ho capito perché non siamo venuti in macchina!" mi dice lui sorpreso.

Lo vedo mentre si guarda intorno. A parte il piccolo edificio alle nostre spalle, non c'è altro.

"E' tutto bianco!"

E poi sarei io il bambino mi dico tra me e me!

Quando riesco ad attirare la sua attenzione, lo trascino verso un pick up che aspetta acceso e poi saliamo a bordo. Saluto il nostro autista e poi gli do il nome dell'hotel in cui siamo diretti.

Il viaggio scorre via tranquillo anche se al mio fianco in alcuni momenti ho sentito Claudio irrigidirsi e attaccarsi alla maniglia della portiera quando affrontavamo delle curve un po' più strette.

L'hotel è magnifico e il paesaggio lo rende ancora più incantato.

"Mi stai dicendo che dormiremo esattamente qui questa notte?"

"Lo so che è solo una notte, ma..."

"Niente ma! E' un incanto e questa notte è il miglior regalo che potessi ricevere!"

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