5. Mario

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Sono uscito dal negozio con una disinvoltura che al momento non mi apparteneva perché in realtà l'unica cosa che avrei voluto fare era quella d'uscire a passo di marcia pronto alla guerra.

Nessuno e ripeto NESSUNO si era mai permesso di rivolgersi in quel modo a me, quasi con superiorità mista ad arroganza che, ovviamente, sono una mia prerogativa.

Avrei voluto mangiarlo vivo e ancora adesso se ci penso lo vorrei fare, ma cerco di rimanere calmo e di andare avanti con il resto della giornata che a vedere la mia agenda è tutt'altro che vuota e fanculo, devo anche tornare da lui sta sera perché quei fiori mi servono assolutamente e per nessuna ragione al mondo ho intenzione di cambiare fioraio e di tradire la mia Georgina di fiducia.

Se lei crede che lui è alla sua altezza, me lo farò andare bene, anche se l'unica cosa che vorrei fare è appenderlo al muro.

Cerco di evitare le strade principali che come ogni anno hanno già iniziato a riempirsi di turisti e con il viso rivolto al cielo cerco di immagazzinare più dosi di sole possibili, da portare con me nel lungo inverno che verrà.

Entro dal sarto, controllo le ultime modifiche che ha appuntato, prendo nota del cambio cravatta, poi passo per il ristorante a consegnare la lista definitiva degli invitati, poi ancora in pasticceria a controllare che la torta a tre piani sia esclusivamente tutta bianca come gli sposi hanno richiesto, e così per tutto il resto della giornata.

Tutto un dentro e fuori da negozi e locali e per tutto il tempo mi sono portato dietro quel senso di prurito, come se fossero piccole braci pronte ad ardere non appena inizierò a gettare benzina su di loro, non appena vedrò il disastro che avrà fatto il nuovo fiorista.

Percorro le ultime centinaia di metri che mi dividono dal negozio al telefono con Amanda e tra una chiacchiera e l'altra le dico di ordinarmi la cena dal cinese perché sicuramente tornerò incazzato nero.

Spingo la porta davanti a me, e nonostante il locale sia un po' più verde, non è ancora come lo teneva la mia cara Georgina. Cerco di non pensarci ma prendo nota di suonarle il campanello uno di questi giorni per vedere come se la cava con le cure che ha dovuto intraprendere, motivo per il quale ha dovuto cedere momentaneamente il suo piccolo tesoro.

Quando poso gli occhi sul bancone, credo mi stia prendendo un colpo.

Esattamente davanti ai miei occhi c'è un cuscino funebre fatto di rose, calli e gigli, tutto bianco, con solo qualche tocco di verde che spunta qua e là.

Appoggio entrambe le mani al bordo del bancone e vado alla ricerca dentro di me di quella poca calma che mi è rimasta a disposizione per questa giornata.

Ho ancora gli occhi fissi e fermi sui fiori davanti a me quando dall'altra parte del banco arriva lui in tutta la sua tranquillità e sfrontatezza.

"Incantevole, vero?"

Ha il coraggio di chiedermi. Lo guardo con i miei occhi scuri e fiammeggianti che sono pronti ad esplodere e sto per rispondergli quando lui riprende a parlare.

"Esattamente tutto bianco"

Non ce la faccio. Non mi bastava Amanda che mi complica la vita, mi serviva anche questo tizio.

"Bianco e Maestoso avevo chiesto" ringhio fuori dai denti come se fossi una vipera pronta a mordere.

"Oh! Ma questo non è il suo. Questi sono per un funerale di domani!".

Mi dice lui e io so che lo ha fatto apposta lo stronzo. Voleva esattamente che vedessi quei fiori e che pensassi fossero i miei. E per quanto mi scocci ammetterlo è stato furbo.

Lascia la sua posizione e torna nel retro a prendere quello che spero sia il mio mazzo.

E mentre aspetto che torni, sono combattuto tra il volere che sia orribile per poterlo insultare fino allo sfinimento e che siano magnifici per potermene tornare a casa e chiudere questa giornata una volta per tutte.

Aspetto e aspetto e sto quasi per chiedergli se è scappato dal retro quando ritorna con in mano un piccolo bouquet compatto, tutto bianco.

Quando lo sporge verso di me per poterlo prendere, ho quasi paura di rovinarlo, sebbene questo sia solo una prova per quello definitivo.

Tra le mani tengo una miriade di piccole roselline bianche tutte sbocciate e ad impreziosire tutto questo candore, un dettaglio prezioso che attraversa il mazzo da parte a parte.

"Pensa che potrà piacere alla sposa?"

Mi chiede lo stronzo arrogante con finto interesse, sapendo già quale sarà, purtroppo, la mia risposta.

"Penso che possa andare bene" gli dico, cercando di smorzare la sua euforia che non aspetta altro che uscire da lui.

Faccio una foto al mazzo e poi gli do le ultime indicazione per il ritiro e per tutto il resto che mi servirà per quel giorno, dopo di che esco dal negozio e mentre sto camminando verso casa, mi rendo conto che col cazzo che avrei voluto chiudere bene la giornata, perché avrei preferito di gran lunga poterlo schiacciare.

Ma siamo solo all'inizio e anche se lui ha vinto questa partita, non vuol dire che vincerà il campionato.


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