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Harry's point of view

Non li stavo ascoltando. Che cazzo me ne sarebbe fregato di tutti quei paroloni che uscivano dalle loro luride bocche?

«...non potrai vedere altre ragazze fino alla scadenza del contratto.»

Il mio cervello scattò in automatico a sentire quella mezza frase.

Stavano scherzando? Contratto? Nemmeno dovessi comparare un luna park. Chiusi le mani in due pugni e mi beai del pensiero di quella fottuta faccia da cane rognoso di Adrian Walden, ridotta ad un fiume di sangue dalle mie mani.

Rimossi i miei sogni nel cassetto e vomitai la prima cosa che mi venne in mente.

«Cosa? Tutto tranne questo. Mi obbligate a trovarmi una ragazza fissa, finta e mi avete presentato solo burattini. Mi accontento di un'inutile segretaria e ora mi dite che non potrò vedere più nessuna ragazza. Quindi spiegatemi, dovrei convivere 3 mesi della mia vita con questa acida verginella alla mia destra?»

Sembravo abbastanza convincente.

Poi realizzai: inutile segretaria e acida verginella.

Che cazzo mi saltava in mente?

Forse era l'unica persona che mi avrebbe aiutato a salvare la mia immagine di bravo ragazzo che non sono mai stato.

Acida verginella? Poteva sembrarlo dalla sua costante espressione innocente, quasi come un fottuto agnellino; oppure al contrario sotto quelle aderenti gonne al ginocchio portava il più sconcio dei perizomi.

Non riuscii a fermare il mio cervello che partorì l'immagine di me e lei a fare porcherie su quella scrivania di legno di ciliegio.

Mi ricordai di quello che avevo appena detto. La mia testa si girò automaticamente verso di lei che mi guardava con quei fottutissimi occhi da cerbiatto, delusa, amareggiata.

Si alzò dal suo posto prima che potessi pensare a cosa dirle.

Si congedò con uno "scusatemi" e sparì dalla mia vista, di nuovo.

Mi passai le mani tra i capelli, frustrato.

Ignorai le due facce che mi guardavano in cagnesco.

«Che cazzo di faccia è quella, Brandon? Non ti ho ammazzato il cane.»

Non ancora, sdrammatizzò il mio subconscio.

«Non mi sembra il modo di parlare al tuo manager.» Proferì furioso l'altro cane da guardia.

«Non me ne fotte un cazzo, lui campa con i miei soldi quindi gli parlo come cazzo mi pare.»

Ho detto troppe volte la parola 'cazzo'? Sì, cazzo.

«Harry ti spaccherei la testa su questa stessa scrivania. Non fai altro che buttarci nella merda, il tuo lavoro non è uno scherzo e nemmeno il mio. Ora fammi il piacere di andare da quella ragazza e di riportarla qui. Subito.»

Non so con quanta forza urlò quelle parole, a mio parere tutto l'edificio ci aveva sentiti.

L'avevo visto furioso in quel modo solo due volte: quando stavo per lasciare il mio numero alla madre di una fan e quando picchiai accidentalmente la testa dell'aiutante del produttore sul microfono che sempre accidentalmente si ruppe.

Brandon mi spaventò a tal punto che dovetti indietreggiare con la poltroncina e appena finì di pronunciare l'ultima parola scattai verso la porta.

E ora dove cazzo la dovevo cercare? Ero stato qui dentro sì e no cinque volte ed ero entrato solo nell'ufficio di Adrian, nel reparto guardaroba e nella sala caffè.

La sala caffè!

Come mi aspettavo lei si trovava lì. Stava girando qualcosa dentro un bicchiere. Era girata di spalle quindi non si accorse del mio arrivo.

«Beth.» la chiamai. Avevo saltato la prima metà del suo nome ma andava bene lo stesso.

La vidi irrigidirsi. Tese la schiena, il collo e le spalle ma non si girò verso di me.

«Il mio nome è Annabeth.» disse fredda.

Mi avvicinai a lei e le poggiai entrambe le mani sulle spalle col tentativo di rilassarla.

Non l'avessi mai fatto. Si scansò sdegnata da me.

«Cosa vuoi da me? Cosa vuoi da me, Harry? Sì, accetterò di farti da copertura perché ho bisogno di quei soldi. Preferirei andare a pulire le scale di ogni albergo di Londra piuttosto che passare un'ora con te ma ho troppo poco tempo. Sei soddisfatto ora?»

Mi aveva appena urlato contro ma io avevo perso il filo del discorso da quando pronunciò il mio nome. Harry. Dalla sua bocca sembrava il nome più bello del mondo. Osservavo da un tempo infinito i movimenti delle sue labbra carnose, soffici e leggere che ora tremavano aspettando una mia risposta.

«Vieni, dobbiamo tornare dai due rompicoglioni.» Cercai di risultare il più dolce possibile ma non ci riuscii. Proprio per niente.

La presi cautamente per il polso e la trascinai con me. Stranamente non si smosse e mi seguì senza aprire bocca.

Rientrammo in stanza, naturalmente non bussai e lei alzò gli occhi al cielo.

Annabeth's point of view

Rientrare in quella stanza è stata la cosa più imbarazzante del mondo.

Mi pentii solo nella saletta del caffè di quello che avevo fatto, non potevo certo prendere e uscire da quell'ufficio quando e come mi pareva. Non ero a casa mia.

Ero nervosa perché Mr. Walden non era affatto contento e mi guardava arrabbiato.

Sentii qualcosa strisciare sul mio ginocchio. Era la mano di Harry. Cominciò a disegnare cerchi astratti sulla mia pelle scoperta prima di scendere e lasciare morbide carezze.

Nonostante tutto non ci vedevo niente di malizioso in quel suo gesto.

Lo guardai confusa e lui mi regalò un piccolo sorriso. Uno di quelli che sul suo viso non avevo mai visto. Uno di quelli che parlava, uno di quelli della serie "stai tranquilla, ci sono io".

Poi si fermò e io mi trovai a pensare di volere di nuovo il suo tocco sulla mia pelle.

No, no, no e ancora no.

Accavallai le gambe e presi a girarmi i pollici nervosamente.

Non sopportavo più lo sguardo del mio capo ed ero stanca di abbassare gli occhi intimidita.

«Accetto.» dissi ad alta voce, affinché tutti mi sentissero.

Mr. Walden si guardò intorno confuso.

«Cosa, Annabeth?»

«Accetto l'incarico.»

Author's Note: qui abbiamo un punto di visita di Harry. Spero sia venuto bene.

Lasciate un commento se vi va :)

./Sof

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