47th: departures

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«Chiamami quando atterri.»

Mi sottrassi al suo abbraccio, quasi pronta a lasciarlo andare e vederlo volare verso un altro continente. Lui tuttavia continuò a tenermi stretta, con il borsone ancora ai suoi piedi dove volevo che rimanesse per sempre.

«Quando arriverò, da te sarà circa l'una del mattino, sei sicura?» Abbozzò un sorriso.

Annuii energicamente. Mi sarei alzata a qualsiasi ora, avrei rinunciato al sonno di giorni interi pur di sentire la sua voce divagare sul più e sul meno.

«Mi mancherai.» Confessò e sentii il mio cuore svolazzare.
Me lo aveva già detto per messaggio, ma sentirlo dalla viva voce era tutta un'altra cosa. Forse erano anche le sue gote diventate improvvisamente più rosee, il tono di voce instabile e il timido sorriso sulle sue labbra a rendere il tutto più magico.

«Starai via solo cinque giorni ma... Mi mancherai anche tu.» Sospirai.

«Voglio fare qualche video chiamata, ti ho comprato un iPhone 6 apposta.» Fece l'occhiolino.

Mi alzai sulle punte e avvolsi le braccia intorno al suo collo.
Mi presi tutto il tempo che necessitavo sperando che durasse il più a lungo possibile e cercai di spazzare via il pensiero che a minuti sarebbe volato via da me.
C'era silenzio in quell'area dell'aeroporto adibita ai voli privati, quindi non ci sarebbe stata nessuna voce metallica ad annunciare il volo che mi avrebbe strappato Harry per cinque lunghi noiosi giorni.
Perché sì, lui colorava le mie giornate e le rendeva speciali a modo suo.

Ci avvicinammo sincronicamente e in un attimo le nostre labbra erano premute assieme.
Lasciai che mi stringesse il più forte possibile, così da avere la sua presenza impressa sulla pelle per i giorni successivi.
Mi baciò con esperienza, accendendo il fuoco che solo lui ormai sapeva appiccare in me, ma non dimenticando mai la traccia di dolcezza e affetto che ogni bacio con lui racchiudeva.

Ci separammo quando la voce strascicata di un uomo vestito di nero ci interruppe.

«Styles staccati dalla bambolina. L'aereo non può aspettare solo te.»

Ed ecco presente la prima persona che aveva già iniziato a rovinarmi la giornata.
Già il fatto che fosse palesemente uguale a tutti gli altri addetti alla sicurezza dei ragazzi, massicci, vestiti di nero, con capelli cortissimi e pelle abbronzata ricoperta da tatuaggi inutili, mi infastidiva, inoltre si permetteva di rivolgersi a noi così sgarbatamente.

Lo ignorai comunque, preferendo mantenere l'attenzione sul viso sorridente che non avrei visto per quasi una settimana.

Mi soffermai ad analizzare i suoi dettagli, assimilandoli quando bastava per l'intero arco di tempo in cui lo avrei solo sentito al telefono alle ore più assurde.

«È ora di andare.» Mi convinsi a dire e immediatamente feci cadere lo sguardo verso il basso.

Ci pensò il suo lungo indice a sollevarmi il mento e porre i miei occhi al loro posto, ovvero in diretta connessione con i suoi.

«Ti chiamo appena atterro.»
Disse alzando l'angolo sinistro della bocca e io sorrisi istantaneamente collegando la sua promessa alla richiesta che gli avevo fatto all'inizio.

Si prese un ultimo secondo per stamparmi un ulteriore bacio, intrecciando le nostre dita.

Quando aprii gli occhi lui era già a un metro da me, le nostre mani sole ad unirci che presto si slegarono e lo lasciarono indietreggiare.

Agitai la mano quando lo fece anche lui e aspettai che la sua schiena rivolta verso di me si riducesse ad un puntino per poi prendere un grande respiro e cercare l'uscita.

month » h.sDove le storie prendono vita. Scoprilo ora