12th: passion

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«Si va in scena.»

Mi attirò a sé violentemente tanto da lasciarmi sbuffare un sospiro sorpreso.

Agganciò entrambe le mani ai miei fianchi magri e facendo pressione. Cominciò a muoversi insieme alla musica e istintivamente portai le mani dietro il suo collo.

Il sound che risuonava nel locale era un remix carico ma allo stesso tempo pacato e rilassante.

Sentii la presa di Harry intensificarsi sulla mia schiena, un brivido di adrenalina si fece spazio nel mio corpo così da farmi chiudere le palpebre.

Sentii i suoi ricci castani solleticarmi la guancia quando si buttò nell'incavo del mio collo. Sfregò le labbra contro la pelle ardente della mia gola, per poi torturare il punto sensibile sotto il lobo del mio orecchio.

Gemetti silenziosamente sperando che la musica alta avesse attutito quel suono, incastrai le dita tra i suoi capelli arruffati per tirarlo più vicino a me.

Amavo quel contatto, volevo di più.

Perché?

Era irresistibile, affascinante, misterioso, terribilmente antipatico quanto bello e sexy.

Le sue mani si mossero ai lati del mio petto, risalendo sulla schiena e regalandomi un piacevolissimo massaggio.

Le sue labbra ancora torturavano la carne sotto il mio mento, senza azzardarsi ad usare denti e lingua.

Mi mossi contro di lui, ancheggiando a ritmo della musica. Fece lo stesso portando le mani sul mio fondoschiena coperto dai jeans e palpandolo. Squittii ma non lo allontanai.

«So che ti piace, piccola. Dimmelo.»

«Mhh» gemetti in approvazione.

«Non ti facevo così passionale, bambina.» sussurrò sensualmente mentre avvicinava la sua bocca alla mia, passandola sul mio mento.

Mi irrigidii. Spostai la testa di lato facendo scontrare le sue labbra sulla mia guancia.

Non volevo baciarlo, non dovevo.

«Devo andare in bagno.» mi inventai.

Non ero come quelle ragazze nei film che per ogni minimo problema si chiudevano in bagno, sciacquandosi la faccia e cercando di lavare via i problemi.

Invece sgattaiolai verso il bar e buttai giù un sano Long Island.

Tornai al tavolo di Kelly dove la vidi parlare animatamente con uomo sui sessanta.

L'uomo mi squadrò dal basso verso l'alto malizioso, era disgustoso.

Una presa ferrea strinse prepotentemente il mio fianco e scorsi il volto di Harry dietro di me, guardare in cagnesco l'uomo e marcando il suo territorio. Era bravo come attore.

«È il nostro tavolo.» lo intimorì il bel ragazzo che ancora mi stringeva a lui.

Bastò una sua occhiata a far sgusciare via l'uomo.

«Beh, già smesso di ballare?»

Ripensai a prima. Cazzo. Il modo in cui mi teneva stretta, le sue labbra, il modo in cui mi faceva ondeggiare a ritmo insieme a lui.

Prima di piombare in un discorso imbarazzante mi affrettai a parlare prima di Harry che intanto si era seduto accanto a me.

«Abbiamo ballato quanto basta ai manager.»

Una mano strisciò lungo la mia coscia, sempre più su.

Non dovevo farmi abbindolare da un bel faccino e da un paio di mani esperte. Lo facevo solo per i soldi. Per i soldi.

month » h.sDove le storie prendono vita. Scoprilo ora