36th: chasing you

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Fissavo la porta, immobile, incapace di decidere sul da farsi. Intorno a me regnava il silenzio sovrano e le orecchie pregavano per qualcosa che lo frantumasse in mille pezzi e creasse armonia.

Ma ero avvolta dalla quiete, sulla linea di perfetta divisione tra due scelte. L'orgoglio mi corrodeva le membra ma non l'avrei lasciato vincere.

Ero rimasta zitta durante tutto il viaggio del giorno prima. Kenneth mi aveva chiesto più volte se stessi bene e mi limitavo soltanto ad annuire. Sono arrivata anche al punto di non rispondergli perché troppo distratta, quando mi chiese se ci saremmo rivisti.

Avevo passato la notte insonne e avevo preferito dare la colpa al materasso improvvisamente scomodo che al senso di colpa che velocizzava i battiti del mio cuore. Evidentemente otto ore con gli occhi aperti puntati al soffitto non erano bastati, perché il mio cervello era ancora troppo frastornato e stanco per prendere una decisione.

Avevo da sempre creduto di non poter scegliere tra bianco e nero, avrei puntato più sul grigio, una via di mezzo. In fondo perché scegliere un minimo o un massimo quando puoi avere l'equilibrio?

Ma da quando Harry era entrato nella mia vita le scelte che dovevo affrontare erano troppo spesso tra bianco e nero, come mi trovavo in quel momento: con la testa che si muoveva a destra e a sinistra, cercando di decidere se rincorrerlo e farlo mio o mantenere la mia posizione.

La porta era immobile, niente me l'avrebbe portata via tranne che una scelta sbagliata.

Fu una rara scarica di coraggio che mi indusse a oltrepassarla e correre verso la fermata dell'autobus, che mi avrebbe portato a casa sua.

I miei passi erano veloci, la mente vuota e il cuore martellante. Avevo cercato di liberarmi dei pensieri che di certo mi avrebbero portato a tornare indietro, ma quando mi accorsi che il mio dito tremava dall'ansia sul campanello di casa sua, il panico mi assalì.

Serrai le palpebre e mi costrinsi a premerlo, in fibrillazione perché dopo pochi secondi mi avrebbe penetrato con il suo sguardo intenso.

Fu una voce femminile a rispondere al campanello e riuscii a balbettare il mio nome mentre la mia anima si sgretolava per terra.

Gloria mi accolse in casa sorridente, e fui improvvisamente felice che fosse solo lei.

«Uhm, cercavo Harry.»

La donna paffuta si fece da parte per invitarmi dentro ma declinai l'invito con un debole sorriso. Io ero lì per Harry, ma lui non era in casa.

«Tesoro, Harry è partito stamattina verso le quattro con il suo gruppo. Olanda? Svezia? Scusa ma non ricordo.»

Sentii il terreno mancarmi sotto i piedi. Tutto il coraggio e la lotta contro me stessa solo per rivederlo, ma lui era partito senza dirmi niente.

Le punte delle mie scarpe diventarono improvvisamente interessanti e mi dondolai sui talloni rendendo la situazione ancora più scomoda.

«Lui... Non te ne aveva parlato?»

Scossi la testa cercando di non creare un contatto visivo con Gloria, finché non sentii la sua mano grinzosa accarezzarmi i capelli.

«Sono sicura che se ne sia dimenticato, o che sia stata una cosa organizzata all'ultimo momento. Sei sicura di non volere entrare? Fa così freddo fuori.»

Le mostrai il mio sorriso più sincero scossi ancora la testa.

«Vado piuttosto di fretta, non importa. Grazie mille per l'offerta. Buona giornata.»

Presto ero fuori dal cancello della villa e con il naso arrossato per il freddo.

Le lacrime pizzicavano i miei occhi mentre una miriade di diverse emozioni si faceva spazio dentro di me. Non potevo averlo lasciato andare in quel modo, non veramente. Me l'ero fatto scappare via per una cosa così futile, priva di importanza. Mi era scivolato dalle mani come un fragile vaso di cristallo, veloce come il vento, di lui non c'era più traccia.

month » h.sDove le storie prendono vita. Scoprilo ora