Obblighi [revisionato]

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Dicono sempre che "ciò che non uccide, fortifica" per conforto; un senso di conforto per ogni anima pura che sta cominciando ad affrontare il mondo.

Quella sera rientrammo stanche morte nella baracca.
Fortunatamente, vi era Marina che, con nostro stupore, ci aveva portato anche un cestino contenente cibo, quello avanzato dal pasto preparato da noi.
Mangiammo tutto, eravamo in una ventina circa ed il cibo bastò, fortunatamente. Parte del mio lo diedi ad Emily poiché sentivo ne avesse più bisogno, soprattutto adesso che doveva crescere il suo bambino.
Ci riunimmo soprattutto per parlare di quello, dopo che le altre si fossero addormentate.

-Emily, è una notizia bellissima.- Esclamò Elisa.

-Sai già che faticherai il doppio di noi, non è vero?- Domandò improvvisamente Federica che raramente partecipava ai nostri discorsi.

-Sì, infatti conta su di noi.- Luise rassicurò Emily.

-Grazie a tutte.-

-Sì, naturalmente puoi contare su di me, però fai sempre massima attenzione. Loro non devono assolutamente sapere che porterai in grembo un bambino altrimenti non ci penseranno due volte a prendere provvedimenti.- Federica la guardò con severità ma anche tristezza. -Lo avete notato anche voi, no?- Continuò a bassa voce. - Qui non si vedono più bambini.-

-Le SS fanno loro qualcosa?!- Domandò Luise molto spaventata.

-Purtroppo sì, cose ben peggiori rispetto a ciò che dobbiamo subire noi... -

-Basta, non lo voglio più sentire!- Urlò Elisa, tappandosi le orecchie con le esili mani.

-Io ho un amico a Parigi che fa il medico. È un vecchio amico di papà, è sempre stato buono e gentile con noi, sono sicura che ti potrà aiutare, dobbiamo trovare il modo di farti andare lì.- Propose Luise.

-La Francia è completamente vittima dei tedeschi. Credo sia un'idea troppo avventata e pericolosa.- Ribatté Federica.

-Come lo sai?-

-Lo sento dire dalle SS.-

-E quando, scusami?- Mi intromisi io, piuttosto confusa sulle affermazioni della ragazza italiana.

Ignorò totalmente la mia domanda, lasciandosi cadere sul letto, stanca. Poco dopo si addormentarono anche le altre ma io non ci riuscivo affatto, mi sentivo davvero tanto male; avevo i crampi allo stomaco, aver toccato cibo in buone quantità dopo così tanto tempo mi aveva bloccato. Sentivo il corpo a pezzi per lo stress e la fatica e, soprattutto, il dolore si addensava la notte, quando avevo la possibilità di dormire. Non ce la facevo più. La violenza era all'ordine del giorno ma quella psicologica nuoceva maggiormente, minuto dopo minuto riuscivo a sentirmi sempre più lontana dai miei valori e quando mi sembrava di provare un attimo di conforto in realtà subivo un dolore maggiore. Come quel soldato, quel maledetto e spregevole essere...

-Lianne?!- Sentii una voce richiamarmi, era Federica.

-Scusami, ti ho svegliato...-

-Hai battuto tu un pugno al muro?-

-Sì... Niente, io... Mi dovevo sfogare.- Massaggiai le nocche ferite.

-Tranquilla.-

La fioca luce della luna filtrata nella stanza mi permise di notare la sua sagoma in piedi dirigersi verso la porta.

-Stai uscendo?-

-No. Cioè, vado a prendere aria.-

-Vengo con te.-

-No! Cioè, è pericoloso, non sai ancora come muoverti.-

-Federica, tu esci ogni notte, non è vero? E dove vai, realmente?-

-È difficile da spiegare.- Distolse lo sguardo ed un attimo dopo vidi il suo volto schiarirsi da un improvviso lampo che diede inizio ad un freddo acquazzone.

-Temporale... Federica, aspettami.- Corsi dietro di lei, ormai fuori dalla baracca. La raggiunsi fino ad un'altra finché non si fermò e scrutò intorno.

-Devi uscire sempre, anche con questo tempaccio?-

-Zitta.- Mi tappò la bocca con la sua mano tremante. Con l'altra mi indicò un punto non lontano da noi, vicino una baracca vuota a sua volta. - Io adesso devo andare lì, torna alla baracca. Non ti far vedere, altrimenti passerai guai seri, io ormai posso muovermi di notte.- Mi spiegò frettolosamente ed a bassa voce.

-Non capisco. Cosa fai lì? C'è qualcuno, non è vero?-

-Lianne, per favore...- Guardò in basso imbarazzata. Capii quale fosse il motivo e questo mi innervosì non poco; una così giovane ragazza, di un così bell'aspetto, magari anche bella personalità, doveva sopportare anche quello di tali persone luride e senza cuore.

-Ora devo proprio andare, a domani, Lianne. Ti prego di non dirlo a nessuno...-

-Posso chiederti io una cosa?- La guardai severamente. -Quanti sono..?-

-Uno. Lianne, uno solo.-

Il giorno dopo le altre si svegliarono stranamente riposate. Al contrario, io non ero riuscita a chiudere occhio, aveva piovuto tutta la notte, Federica era tornata piuttosto tardi e quando si stava mettendo a letto la sentii piangere.

-Lianne, come stai?- Luise mi abbracciò teneramente come ogni mattina.

-Insomma. Tu, Luise?-

-Beh, ho fatto un bellissimo sogno. Volevo raccontarlo a te.-
Mancava poco alla colazione, così mi misi sul bordo del letto con lei e la lasciai parlare, mentre ella poggiò la testa sulla mia spalla.
-Dunque, ero io, a trent'anni, in una meravigliosa casa in montagna con un prato pieno di fiori rossi e gialli. Avevo una bambina bellissima che somigliava molto a te, era incredibile. Poi il sogno finì quando io e lei andammo a fare un picnic vicino il fiume. Sentivo la pace, la vera pace...-

-Dovete mangiare, muovetevi!- Urlò una kapò, interrompendo Luise.

-Ne parliamo con più calma, Luise. È davvero un bel sogno.- Le sorrisi di sfuggita.

Rose e spine [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora