Al fronte del mio cuore

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Ho preferito rinunciare piuttosto che provarci. Avevo tutte le carte ma non le avevo utilizzate, il jolly lo aveva estratto lui quando mi confessò il suo amore, chiudendomi tra le sue braccia. Il mio cuore palpitava a ritmo di una canzone rock, le corde della chitarra erano le mie arterie, i tamburi erano le mie sistoli, la voce era la mia forza.
E sempre ricorderà, lui, quelle note, poiché era giunto a me, nella mia essenza.

E sempre ricorderà, lui, quelle note, poiché era giunto a me, nella mia essenza

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Perseguitata dai miei repentini incubi, anche fino all'alba oramai. Mi sentii scuotere ma non riuscivo a spalancare gli occhi, come se fossi paralizzata.
Dovevo farcela, rendermi forte anche quel giorno e battere le paure; aprii di scatto gli occhi sbattendoli un paio di volte per la vista da recuperare.

-L'appello, Lianne.- Mi comunicò Emily, correndo fuori assieme alle altre.
Non ero l'unica appena in piedi, Federica si faceva forza sulle proprie gambe e andò fuori ma a stento la vedevo barcollare.

L'appello durò la metà in quanto molte non avevano superato la settimana, alcune avevano tentato la fuga e vennero sterminate all'istante, assieme a degli uomini.
Quella fredda mattina incrociammo una fila di uomini ridotti a scheletri seguire l'ordine ben preciso delle ss, trasportare pezzi e metalli per la costruzione di armi o simili.
Cercai con lo sguardo Adam e fui sollevata nell'averlo riconosciuto, almeno per lui ed Emily.
Nei blocchi femminili c'era più tensione che mai, un'altra rissa ci fu quella mattina in cui due donne sembravano uccidersi per del pane, finché un soldato non mise a tacere entrambe.

Tutto ciò che era fuori dal comune stava diventando ordinario.

Ottobre era il mese più malinconico, a parer mio, il periodo in cui cominciava a morire la natura verde, lentamente. Non mi spaventa l'inverno, quando tutto già taceva, ma il momento in cui si andava a morire era perturbante, da lì in poi solo un lungo viaggio nel mondo del superonirico, come lo definivo io. Le foglie dei faggi ondeggiavano nel vento posandosi delicatamente al suolo per coprire come un lenzuolo la terra. Il silenzio venne profanato dagli spari dei fucili dei soldati sui corpi ormai in fin di vita dei prigionieri, lasciandoli morire accasciati tra il gelo del mattino e l'indifferenza più totale dell'umanità. L'ambiente intorno a me era orribile, fui grata che i miei amici di Berlino non avrebbero dovuto assistere a tutto ciò, almeno loro; io mi sentivo sempre più un peso, dopo innumerevoli soprusi, minacce, delusioni. Mi sentivo sempre più invisibile. Ero ferma sulle mie gambe a guardare ogni cosa, percependo ogni secondo sempre più grave, non curandomi neanche delle spinte che una kapò mi stava dando. Finché non caddi a terra facendomi del  male alle ginocchia e ripresi il contatto con la mia realtà ed i miei doveri di allora: andare a pulire la villa del comandante.

Era mezzogiorno e nella villa suonarono un brano di Richard Strauss al piano, quello posto nella grande sala, accanto alla finestra, che diedero un'incomprensibile gioia al mio cuore. Lasciai il lavoro in cucina seguendo il folle gesto di nascondermi dietro le scale della sala e sbirciare chi fosse ad eseguire quel brano così toccante. Notai una chioma biondo cenere e due braccia candide come il latte le cui dita sfioravano i tasti appena, senza sbagliare nota. Era una giovane donna che mai avevo visto prima nella villa, i capelli erano raccolti graziosamente in una morbida treccia che scendeva lungo le spalle, indossava un leggero abito bianco nonostante fosse autunno. Si alzò in piedi e non feci in tempo a tirarmi indietro che mi notò e chiamò a sé decisa.

-Mi scusi.- Mi limitai a dire con il capo chino. 

-Non preoccuparti. Sei incaricata di pulire la villa?- Il suo tono era molto acuto ma abbandonò quel modo di fare austero e mi porse la domanda in modo più tranquillo.

-Sì, da due giorni. Ho quasi terminato con la cucina.- 

-Va bene,- Notai che si fosse seduta nuovamente al piano. -ti ho distratta, a quanto pare. Ti piaceva quella musica?- Chiese con un pizzico di curiosità.

-Sì... Suonavo e... Mi piace moltissimo, insomma.-

-Vieni qui.- Mi fece segno con la mano di avvicinarmi per poi invitarmi a sedere al posto suo e mostrarle cosa sapessi suonare. Un po' intimorita iniziai a sfiorare i primi tasti, una melodia malinconica di Beethoven scelsi, mi diede subito la sicurezza così continuai a suonare più decisa, incitata anche dalla donna. Le avevo fatto ascoltare una piccola parte della Sonata al chiaro di luna e rimase del tutto sorpresa dalla mia bravura, mi sentii troppo lusingata.

-Qualcuno ti avrà dato lezioni?-

-Sì, anche vari amici musicisti, da parecchi anni, diciamo...- 

-Davvero bello, complimenti.- Mi sorrise in modo dolce e a stento ci credetti. Non sembrava come le altre donne del Reich, sgarbate e forse anche peggio degli uomini; aveva dei lineamenti morbidi che le avrei potuto dare poco più della mia età, un sincero sorriso e forte ammirazione per il mio piccolo talento, mi trattava quasi come una ragazza normale.

-Io ho chiesto di portare il piano, prima era nella mia vecchia abitazione a Monaco, ora mi sono trasferita qui. Ovunque io vada deve rimanere con me.- Sorrise accarezzando i tasti alti. 

Forse era la moglie del comandante, sembrava davvero così buona. Mi chiese poi quali compositori mi piacevano di più e ci trovammo a condividere tutti, tra Brahms a Pachelbel, più tedeschi che austriaci, tutti di gran fama. La musica, oltre alla scienza, era ciò che più mi attraeva al mondo, l'arte in sé del sapersi esprimere senza le parole, in modi più originali e stravaganti. 
Quando suonai quella parte di brano la mente volò verso l'unico pensiero bello che avevo, Josef. Era impresso il suo sorriso ed il suo bacio davanti al caminetto di quella notte.

-Io sono Magda, la sorella del comandante.- Si presentò la donna, al seguito del mio inchino che ero costretta a fare davanti a quella gente ogni volta. Lei volle togliere quella formalità e mi fece i complimenti anche per i miei occhi smeraldo.
Quando però sentimmo la porta di ingresso sbattere forte ed il comandante rientrare visibilmente innervosito, Magda abbandonò la sua scioltezza mutando in una perfida e succube donna di alto livello, ordinando a gran voce di pulire la sala e senza rivolgermi lo sguardo.
Evitai di chiedere spiegazioni, avevo già una mezza idea.
La giornata continuò silenziosa ma molto, molto stressante. Il comandante, che sentii chiamare dalla sorella col nome di Viktor, era seduto a gambe accavallate sulla poltrona della sala, con una sigaretta in bocca, e mi osservava tra una tirata e l'altra.
Sentivo il suo sguardo pesante sulla schiena e, due volte, mi capitò di far cadere a terra dei piattini di ceramica.

Spaventata, guardai immediatamente il comandante che con un gesto della mano voleva dire come "lascia stare" ma non ci credevo così tanto. Finalmente andò via, non curandosi di noi ed accendendo l'ennesima sigaretta.

La sera a accompagnarci nelle baracche non fu il solito soldato semplice ma Johann, e appena lo vidi tremai nascondendo il viso tra i capelli.
Durante il tragitto stava sempre di fianco a me senza rivolgermi la parola, però.
Arrivammo alla baracca e tirai un breve respiro di sollievo, finché mi comunicò una cosa strana.
Avrei dovuto suonare anche quella volta il pianoforte la sera dopo, persino lui aveva riconosciuto la mia bravura, e tutto ciò doveva avvenire ad un ricevimento di due promessi sposi, Albert Kessler e la fidanzata Ilse, amici intimi di Johann, oltretutto, per quanto mi confidò lui.

Lo guardai schifata come meglio potevo, si aspettava grande musica da me, ma non riusciva a capire tutto il male che mi aveva fatto e che mi stava continuando a fare, assieme a quel luogo.
Cosa speravo, in fondo, un essere così non sapeva perdonare né tanto meno provare pietà.
Johann lo conoscevo solo perché lo avevo visto varie volte assieme a Mikael e fin da subito mi aveva dato l'idea di uno stolto seguace del nazismo, di un ipocrita che pensava solo a se stesso.
Come la gran parte di loro.  

Rose e spine [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora