Di nuovo tutte assieme

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"Io non esisto per essere amato e ammirato, ma per amare e agire.
Chi mi circonda non è in dovere di amarmi.
Piuttosto, è mio dovere preoccuparmi per il mondo, per un uomo."

Janusz Korczak

(educatore polacco che ha protetto con estremo coraggio i bambini orfani del ghetto di Varsavia)


Luise tremava dalla paura mentre era costretta a subire ancora orride prediche da parte di quel comandante fuori di testa.
-Devi stare più attenta, ebrea!- Lanciò uno sguardo schifato e, dopo aver blaterato qualcosa con tono basso, andò via noncurante delle condizioni della ragazza.

-Grazie, Lianne.- Sibilò.

-E di cosa?-

-Sei subito venuta in mio soccorso, grazie... Temevo mi picchiasse un'altra volta- abbassò lo sguardo.

-Ha osato picchiarti?!-

Annuì appena scoppiando subito a piangere. Il continuo tremolio delle sue labbra non mi rasserenava, mi accorsi di sapere davvero poco sulla mansione di Luise e sulla figura austera di quell'uomo, sentendomi anche peggio, come se avessi fallito io in prima persona. Cosa stavo facendo? Perché non riuscivo a far star bene nessuno? I miei sforzi erano stati vani ed era solo colpa mia.
Abbassai il capo desolata, poggiando poi la punta del naso sulla spalla della mia amica,  temendo di recarle ulteriori sofferenze.
La sentivo singhiozzare e non potevo perdonarmelo affatto.

-Luise, non piangere... Per favore- quasi con tono supplichevole le dissi di calmarsi. Le promisi che sarei corsa in suo aiuto un'altra volta se necessario. Non doveva sentirsi così.

-Grazie, Lianne...-

Mi guardò in modo strano, non sapevo descrivere come, ma poi si avvicinò lentamente a me e sussurrò "scusa", poco prima di azzerare quella piccola distanza e premere le sue labbra contro le mie. Se non il sapore in parte salato per le lacrime, non compresi nient'altro. La pelle fredda contrastrava con le sue labbra calde e carnose, protagoniste di un'azione improvvisata ma piacevole, delicate e morbide, fino a quando non si schiusero e inarcarono in un mezzo sorriso una volta dato il bacio.

-Scusa...- Ripeté. -Tu... Tu mi piaci, Lianne... Perdonami. No, non avrei dovuto farlo - si incolpò, alzandosi e tornando alla propria mansione cercando di ignorare totalmente l'imbarazzo creatosi.

Luise si girò e, impacciata, aggiunse ch'ero una bella ragazza e che le ero piaciuta fin dal primo momento. Allora appresi il concetto, ne rimasi lusingata ma allo stesso tempo confusa. Luise era una ragazza bellissima, con due occhi grandi e accesi e sempre un sorriso sbarazzino; di rado si mostrava così timida ed impacciata. Forse, poteva solo essere un pensiero frivolo, adolescenziale, in fondo era ancora piccola.  Comunque preferii non aggiungere altro, il lavoro continuò normalmente fino a tarda sera, dopo Luise crollò nell'immediato sul letto senza scambiare parola con nessuna.

-Com'è andata oggi?- Mi rivolsi ad Emily e Federica, sedute in disparte.

-Tutto tranquillo, fortunatamente. Ma Lianne... Questa mattina avevo visto il corvo infuriato con te... Non dirmi che ha...-

-Mi ha solo picchiata- la precedetti sperando di sviare il più presto possibile il discorso. Solo Federica sapeva della oppressione che Johann esercitava su di me quasi tutte le dannate sere, poiché era all'incirca nella mia stessa situazione.

-"Solo"? Lianne, ho paura che se dovesse accadere ancora potrebbe non controllarsi più... Quell'uomo mi spaventa tantissimo...- Emily era visibilmente preoccupata.

-Non merita neanche di essere chiamato uom...- Commentò seccata Federica ma ad un tratto vomitò violentemente a terra. Il mento grondante del suo stesso sangue era quasi a contatto col pavimento sporco, facendoci sobbalzare. Si sentì improvvisamente debole e non riuscì a reggersi sulle proprie gambe.

-Federica!- 

-Ha la febbre...- Commentai nervosamente, accorgendomi al tatto della sua pelle fredda così in contrasto con la fronte bollente. Distesi Federica sul letto, coprendola come meglio potevo, prendendo alcuni vecchi stracci agli angoli.

Federica a stento riusciva a parlare. Le pulii il mento da tutto quel sangue e mi guardai intorno sperando di trovare dell'acqua. Uscii con accortezza fuori dalla baracca per dirigermi ad un piccolo barile nel quale era rimasta l'acqua piovana dei giorni passati. Non era quasi per niente pulita ma non avevo altra scelta. Dopo aver bagnato una piccola pezza la posai sulla sua fronte.

-Fede...- Ella aprì debolmente gli occhi e ci guardò una ad una, si erano avvicinate anche altre donne preoccupate. 

-A...Aiuto... Lianne...- le labbra tremavano, farneticò qualcosa a bassa voce ma non riusciva ad esprimersi. Le scesero delle lacrime che poi Emily asciugò col dito. -Sto... Per morire..?- Chiese impaurita e con voce strozzata, fissando insistentemente Emily e poi me attendendo una risposta. 

Purtroppo, era ancora più difficile sopravvivere in un luogo immaginabile come un lager se ammalati... Bisognava lottare con i nemici e con se stessi... Sapendo di avere già perso per la estenuante battaglia... Nessuno meritava tutto ciò, né tanto meno Federica,  una delle ragazze più giovani del campo e tra le più tenaci, una delle poche che mi capì da subito, nonostante volesse apparire sempre distaccata e solitaria. Le presi la mano stringendola alla mia e dedicandole un piccolo sorriso, non lo avrei permesso, non aveva il diritto di lasciare il mondo così presto...

Più tardi, Emily si addormentò stremata mentre Luise non voleva allontanarsi da noi e sussurrava a Federica quanto le dispiacesse di non esserle stata vicino e di averla derisa ed insultata tanto. Era tutto sistemato tra loro, Federica la perdonò e ricevette un dolce abbraccio dalla francese, anche se gemeva dal dolore.

-Ti sei ferita questi giorni?- Chiesi.

-Ho... Ho delle lesioni all'inguine...- Ammise e volli vedere per accettarmi cosa potesse essere oltre alla febbre; vidi nella sua intimità delle piaghe spaventose. Rimasi scioccata sapendo di cosa si trattasse.

-Lianne, cosa è?- Luise era inorridita.

-Sono ulcere cariche di batteri, queste... Aggiunte alla febbre, al rossore sulle mani, ecco... Sono probabilmente dovute al batterio della sifilide, una malattia trasmessa sessualmente.-

-Non ci posso credere...- Si coprì la bocca con le mani mentre Federica era spaventata più che mai.

-L'avrà sicuramente contratta da quel soldato... Non sembra di certo un monogamo... Dannazione.- Mi alterai per la rabbia. Cercai di calmarmi ed assicurare entrambe che insieme ce l'avremmo fatta sempre, per poi andare a dormire. Nonostante il forte sonno non riuscivo a dormire per la preoccupazione che avevo per Federica; quei sintomi si manifestavano dopo settimane dal contagio e non sapevo in quale modo riuscire a curarla, non lo sapevo affatto. In quelle settimane mi ero indebolita davvero tanto, sempre più spesso avevo capogiri ed ero sempre meno utile per aiutare le mie compagne. Forse quella volta non ce l'avrei potuta fare davvero. Nascosi il viso tra le ginocchia esasperata, non era giusto perdere così, arrendersi, ma quante possibilità avevamo..? Avevo visto già persone morire in quel campo ma ora non riuscii a trattenere il pianto, sfogandomi in silenzio e sbattendo la testa contro le mie stesse gambe, per la paura. La paura di perdere un'altra valorosa amica, di non riuscire ad aiutarla. La paura di essere esposta troppo alle atrocità e la paura stessa di morire, di morire anche presto. 

Rose e spine [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora