Già a venti anni sapeva come andava il mondo; da un giorno all'altro dovette posare il pettine per le sue bambole raccogliendo enormi volumi di enciclopedie e legandosi in una coda disfatta i capelli per riuscire a diventare qualcuno. Nonostante le molteplici avversità, tutto ciò che le rimaneva era la convinzione del rendere costantemente fieri i suoi genitori in cielo.
A giudicare dalla luce che filtrava attraverso una finestrella, doveva essere appena l'alba.
Nonostante sapessi di non scorgere granché, ero fissa verso solo quel punto, con le ginocchia al petto ed alcuni brividi causati dal dilucolo.-Ragazza, sei nuova..?- Mi prese alla sprovvista una signora. All'apparenza sembrava stanca, i suoi capelli erano corti e gli abiti malconci. Non appena si alzò, preferì legarsi alla testa un fazzoletto, riportando la sua attenzione su di me.
-...Sì. Sono entrati in casa mia questa notte...- Calò un silenzio che avrei potuto interpretare in mille modi. Notai ella sbuffare e scuotere la testa poco prima di avvicinarsi a me e accennare un sorriso rincuorante. Non sapevo chi fosse quella donna, eppure in quel momento mi sentivo un po' sollevata nel poter parlare pacificamente con qualcuno. Si sedette di fronte a me, poggiando, poi, una mano sulla mia spalla.
-Forza, sappi che ora non sei sola.-
Poté sembrar banale ma mi rassicurò tanto quella frase. Annuii solamente, poco prima di tendere la mano alla sua davvero fredda.
-Io mi chiamo Lianne.-
-Piacere, il mio nome è Sarah.-
Nel frattempo si erano svegliate altre ed una ragazza, probabilmente aveva legato con Sarah, la salutò e si presentò anche lei a me, sempre col volto radioso e dai tratti estremamente delicati. Il suo nome era Luise, era francese ed era ben più piccola di me, appena sedici anni. Quando si sedette anche lei al mio fianco potei notare alcuni suoi particolari, come le lentiggini che risaltavano la sua pelle rosea, a tratti colma di graffi, in più vi erano quegli occhi vivaci e verdi, le guance piene ed un'espressione curiosa, di cui i capelli castani facevano da cornice, arrivando appena sopra le spalle, sebbene fossero sfibrati e spenti.
-...E tu quanti anni hai?- Chiese Luise senza abbandonare quel fiducioso sorriso.
-Compierò venti giovedì...- Appuntai con rammarico e distolsi lo sguardo, notando allora una ragazza del tutto isolata dalle altre ma che ispezionava ogni angolo di quella baracca.
Scoprii che il suo nome era Federica e che veniva dall'Italia. Luise mi raccontò di quanto la ammirasse per il suo carattere forte; non aveva mai ceduto emotivamente nonostante le difficoltà apparse in quel periodo. Era sveglia, tenace e cercava di aiutare le altre appena poteva. Mi era già simpatica.
-Lianne, questo blocco è controllato da una kapò di nome Marina e...- Mi avvertì Sarah a tono più basso.
-Kapò?-
-Una dei deportati che ha l'obbligo di vigilare su diverse baracche. Sono tutti molto scontrosi, pensano di avere del potere ma in realtà sono trattati in modo miserabile quasi quanto noi. Marina non è così, però. Appena può ci aiuta portando scorte di cibo, ecco... Ciò che ne rimane, insomma. Ciò che vorrei dirti è di seguire alla lettera i suoi ordini quando siamo qui fuori.- Aggiunse.
-Sì, va bene. Grazie per avermelo detto...-
La porta si spalancò con una forza tale da farci sobbalzare tutte.
Una donna si fermò lì davanti, scambiando appena uno sguardo finché non rimase a fissare un punto vuoto della stanza, composta, con le mani sui fianchi ed una piccola frusta in un pugno ben saldo. Sul braccio vi era la stella a sei punte, il simbolo della religione ebraica, curato appena come la sua divisa rovinata quanto la nostra. Dall'espressione altezzosa mutò in una quasi più concentrata, scrutando ognuna di noi, passandoci davanti ed a passo lento, finché non si fermò davanti a me, anche sbuffando.
-Vedo che hai ancora tutti i capelli.- Con un gesto brusco, mi prese il braccio alzando la manica, analizzando ogni centimetro della mia pelle. -Provvederemo anche a questo.-
Deglutii ma non feci in tempo a rispondere che mi trascinò con sé fino a portarmi ad una baracca diversa da tutte le altre. Era più grande, più fredda e quasi del tutto vuota, mi gettò riluttante su una sedia per poi stringere delle mie ciocche in una sua mano. Sentii il suono di alcune sforbiciate per poi percepire un vuoto improvviso dietro le spalle, seguendo con lo sguardo verso il basso notai delle ciocche nere a terra. D'istinto mi scostai, temevo me ne tagliasse anche di più, senza alcuna ragione per giunta, suscitando, però, solo fastidio da parte sua, tanto che mi riprese per un braccio costringendomi a rimanere ferma sulla sedia.
-Scema, stai ferma. Non vorrai farti uccidere per nulla.- Commentò arida a voce bassa nel mio orecchio, per poi riprendere il suo lavoro. Non avevo più i lunghi capelli neri che curavo giorno dopo giorno con delicatezza, talvolta acconciandoli in morbide trecce. Non potevo farci più molto e non riuscivo ancora a metabolizzare il tutto. Non vi era alcuno specchio ma sentivo tanta vergogna verso di me, con abiti impresentabili ed un aspetto grezzo, poco prima che anche il mio braccio venne deturpato per delle incomprensibili cifre tutte nere; un marchio indelebile che mi aveva provocato anche un dolore lancinante. Non seppi il perché neanche di quello, tutto ciò che mi dissero era che 864210 indicava la mia nuova identità. Spazzata via anche quella, con un soffio.
-All'appello, appena sentirai dire questo numero dovrai fare un passo in avanti.- Mi avvisò quella donna rimasta ferma dietro di me. Quando si avvicinò mi osservò attentamente dalla testa ai piedi per poi sospirare appena ed aggiungere: - comunque io sono Marina -.
Come preannunciato, la mattina vera e propria cominciò con un appello: eravamo in tante e sarebbe potuto durare anche ore ma dovevamo restare ad ogni modo ferme, in silenzio, a patire il freddo. Il soldato che dirigeva l'appello era lo stesso che mi aveva accompagnato la sera prima nella baracca, l'amico dell'uomo più spregevole con cui avessi mai avuto a che fare. Anch'egli non sembrava da meno, percepivo dal suo sguardo un senso di disagio, agitazione e tormento tutti assieme. Appariva algido, cinico, rigido e orgoglioso del minimo potere che gli aspettava, nonostante sembrasse un uomo di bell'aspetto, dovevo ammetterlo.
-864210!!!!- Urlò questo e quasi presi uno spavento.
-Lianne, ti stava chiamando... Non lo avevi sentito?-
-Fa' un passo avanti...- Mi sussurrarono Sarah e Luise. Alzai lo sguardo e lo vidi volermi trucidare con gli occhi.-Buongiorno.- Commentò ironicamente, smorzando il ghigno formatosi sul suo volto. Non riuscii a trattenermi e gli risposi con apparenza quasi sfacciata, ammettendo che quel suo gesto mi aveva davvero innervosita. Eppure mi osservò a sua volta con uno sguardo abissale e talmente contorto da farmi gelare il sangue, dubitando del mio gesto veramente stupido.
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Rose e spine [IN REVISIONE]
عاطفية[AVVISO: la storia è entrata nuovamente in revisione, i capitoli che saranno riscritti ufficialmente per la seconda volta conterranno un ◾] Storia ambientata all'apice del nazismo, focalizzata su un campo di concentramento e di come, nonostante mill...