Se questo è un uomo

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Non è spinto a fumare, pensai ma non riuscii a dirglielo.
La sua compostezza e le decorazioni sulla divisa mi incutevano tanto timore, come per ogni altro soldato tedesco in quel campo.

Appesi una divisa ad asciugare e notai che avesse lasciato metà sigaretta sopra il tavolo, a fumare.
Voltandomi, lo vidi osservare lo scenario invivibile al di fuori di quella finestra, fortunatamente silenzioso, finché non si girò beccandomi a fissarlo.

Ripresi in fretta il mio lavoro, tremando come una foglia già sapendo di dover subire qualche subdola punizione ma il soldato non mi strillò affatto, si avvicinò più alla mia postazione per notare come stessi lavorando.
Dovevo ammettere che forse era anche peggio così, mi sentivo costantemente sotto pressione e avrei potuto sbagliare con più facilità.

-Hai quasi terminato.- Constatò il soldato ed io annuii leggermente. -Bene, complimenti, noto che lavori duramente.- Aggiunse e mi sentii un po' grata per le sue parole.
Magari non era come altri soldati.

Pochi minuti dopo finii di lavare l'ultima divisa delle ss, le braccia erano così pesanti da non riuscire a trasportare più nulla, ero affaticata anche solo nell'alzarle. Lanciai uno sguardo fugace alla minuta finestra, notando solo ora il calar del sole, voleva dire che avevo terminato ben prima del previsto.

-Oggi hai terminato prima, rispetto agli altri giorni.- Commentò quel soldato e mi sorprese, non immaginavo mi avesse già notato in precedenza.
Annuii leggermente col capo, restando ferma sul posto.
-Era più semplice come mansione?- Chiese con tono neutrale e potei sentirlo accendersi un'ulteriore sigaretta.

-Sì.- Risposi.

-Allora riposa, dopodiché tornerai nel tuo blocco.-

Ero meravigliata dal suo atteggiamento, mi parve di sognare; potevo riposare un po', sebbene in compagnia di un soldato. Sorrisi appena e mi guardai intorno in cerca di una sedia.
Solo uno sgabello c'era, di fianco al soldato e lui mi fece segno di sedermi tranquillamente, come se nulla fosse.
Titubante, accolsi l'invito, mentre lui si appoggiò al misero davanzale della finestra, concedendosi l'ebrezza del fumo che, nel frattempo, stava riempiendo la stanza.

-Da quanto tempo sei qui?- Riprese sempre lui il discorso, restando con lo sguardo fisso davanti a sé, mentre io ebbi la possibilità di guardarlo di profilo e notare sempre più quanto fosse giovane.

-Da settembre... Più o meno.-

-Tre mesi. È dura, immagino.- Tirò fuori del fumo, anche dal naso, ultimando anche quella sigaretta. -Io sono entrato da poco più di un anno e mi hanno già assegnato questo posto. Evito di descriverti tutto ciò che i miei occhi hanno dovuto subire.- Concluse con stizza.
-Oh, perdonami. Posso solo immaginare cosa tu debba sopportare ogni giorno.- Ora mi guardò un attimo con rammarico ed io abbassai gli occhi focalizzandomi sul pavimento anonimo.
-Come ti chiami?- Continuò meravigliandomi sempre di più.

-...Lianne.- Risposi quasi come se fosse un'altra domanda.

-Io Klaus.- Era un bel nome. -Posso chiederti quanti anni hai, se non sono indiscreto..?-

-Venti...-

-Io ventidue.-

Ci scambiammo uno sguardo che parve un'eternità. Klaus aveva gli occhi verdi come i miei ed i capelli poco più chiari dei miei, dai tratti pareva un fanciullo e per come si poneva sembrava essere molto educato.
Fissavo le sue labbra trattenere l'ennesima sigaretta, col sottilissimo fumo che lo circondava.

-Perché fuma così tanto..?- Chiesi quasi spontaneamente.

-È l'unico sfogo che ho.- Tirò fuori un'altra boccata di fumo. -Non riesco a stare qui.-

Calò il silenzio, Klaus mi offrì una sigaretta ma rifiutai, l'ultima cosa che volevo era prendere un vizio.
Il tempo passò in fretta, purtroppo; Klaus mi portò verso la baracca salutandomi con un cenno, non c'era nessuno nella zona.

Una volta entrata potei finalmente stendermi ed aspettare il ritorno di Emily, questa volta molto meno stanca del solito e contenta di aver conosciuto un altro soldato buono che si distingueva in quel luogo di terrore.
Rimuginai su molte cose, molte cose non fatte in passato che, con grande probabilità, avrei potuto non riprendere più. Uscire con gli amici, mangiare un gelato, sedermi su una panchina ad ammirare il cielo stellato, leggere, scrivere, studiare.
Solo allora mi resi conto di quanto potessero essere importanti, di come anche solo pensare e sorridere fossero essenziali. Tutti valori che man mano stavano bruciando a Buchenwald, ma non solo, nel mondo, in realtà.

La porta si aprì ed entrarono altre donne, tra cui Emily, entusiasta di vedermi.
Si allungò accanto a me, ma con la pancia in su e le mani in grembo, guardandomi insistentemente con un ghigno.

-Cosa?- Risi.

-È un bel ragazzo, Lianne.- Ammiccò maliziosa. -Sei stata bene l'altra notte?- Alludendo a poche sere prima, in cui mi vide di nuovo andare da Josef.

-Ecco... Sì...-

-Sei rossa, tesoro mio. Devo sapere qualcosa?-

Scherzammo assieme come due bambine, finché le confessai di aver fatto per la prima volta l'amore con Josef, la sera in cui lo presentai ad Emily. Capivo Emily quando fu in estasi dopo aver scoperto di aspettare un bambino ed i dubbi arrivarono allora anche a me, effettivamente.
D'istinto accarezzai il ventre immaginando, in un futuro, costruire una famiglia con Josef, l'uomo che amavo, ed ecco che tornavo nuovamente paonazza.
Sarebbe stato meraviglioso, ma in quel campo le possibilità di andare avanti diminuivano, facendo crescere in me una grande paura.

Rose e spine [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora