Concedersi ad un mostro [revisionato]

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Nella fredda Polonia ci fu una coraggiosissima giovane donna della Resistenza, Irena Sendler, che salvò più di mille bambini ebrei dal triste destino della guerra. Nascose loro in bare, in cassonetti, lottò con tutta se stessa ed al termine della guerra riuscì a riprendere i dati anagrafici di tutti i bambini cosicché potessero tornare dalle loro famiglie. Al giorno d'oggi, molti di questi piccoli sono diventati adulti, molti passano giornate con lei, accompagnati persino dai nipoti, finché il valoroso gesto della donna possa essere raccontato e non dimenticato. Ella, purtroppo, non ricevette il merito che le aspettava, ossia il premio Nobel per la pace però ricevette l'affetto di 2.500 persone che continuano a ringraziarla e non la dimenticheranno mai.

(Irena Sendler, 15-02-1910 - 12-05-2008).

(Irena Sendler, 15-02-1910 - 12-05-2008)

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-Tesoro, vieni qua da me, ora.-

-Bambolina, andiamo. Avvicinati. Altrimenti, vengo io.-

Ripeté lascivo il corvo, poco prima di sentire i suoi passi veloci verso di me poi prendendomi bruscamente per un braccio.
-Allora?! Vuoi che ti torturi prima? Sono gentile, preferirei non picchiare una femmina per avere del sesso.- Mi sussurrò nell'orecchio ma quelle erano solo parole al vento per me.

-Picchieresti comunque.- Risposi con ovvietà a bassa voce, non avrei voluto dirlo affatto ma mi uscì naturale. Quell'essere mi dava troppo il voltastomaco, soprattutto se così vicino.

-Ma brutta puttana...- Mi strinse forte la mandibola sbattendomi poi con la schiena alla baracca. -Vuoi essere spiritosa...- Sibilò viscido al mio orecchio. -Seguimi e stai zitta.- Johann mi portò in un'altra baracca, allora vuota.
-Spogliati e fai in fretta.- Ordinò ora.

Avrei potuto dire che la dignità fosse stata spazzata via con un soffio di vento, tanto terrore e tanta insicurezza così presenti in quelle occasioni. Poiché non fu la prima volta e la prima volta non fu neanche tanto diversa. Dal tocco scaltro delle sue mani all'ansimare ogni qualvolta mi sfiorasse solamente ne ricavai giusto quell'odio, quel rancore profondo, dal riuscire a chiamarlo con un effimero appellativo. I corvi mi avevano sempre intimorito, sin da bambina, col loro verso gracchiante e le ali come due messaggeri della morte.

Rimasi a fissare i suoi movimenti, si stava togliendo lentamente la divisa ed il cappello, poi la camicia, restando unicamente in pantaloni.
Un attimo dopo copiai i suoi gesti senza rifletterci, restando di conseguenza in intimo ed a fissare ancora il vuoto.

-Mmh, ora sei brava, principessa.- Mostrò il suo solito ghigno, avvicinandosi e togliendo il tessuto restante con estrema delicatezza, tale da farmi sentire ogni distinto brivido lungo la schiena. Per quanto patetico sembrasse, lui fu proprio il primo uomo con cui avevo avuto quel tipo di contatto. Blaterava qualcosa ma lo sentivo in lontanza, chiese nuovamente e con più insistenza se quel suo agire, quella sua apparenza e fisicità fossero a me gradevoli.

-Non lo so...- Dissi impaurita, incerta della risposta. Un sì o un no sinceramente avevano poca importanza per me, sentendomi quasi completamente e volontariamente assente da quella realtà. Allora rise ed alzai lo sguardo incrociando i suoi occhi chiari, tanto freddi.

-Sii sincera, non ti giudicherò, anzi.- Insistette passando una mano dietro la mia nuca.

-Sì...- Ma non era così affatto; lo dissi più per convincere me che lui.
Mi prese lentamente una mano e la guidò verso il suo addome lasciando sfiorare le mie dita lungo quei muscoli accennati, premendola poi sul petto grazie al quale distinsi notevolmente il suo battito cardiaco appena irregolare. Quando un attimo prima credetti si stesse calmando, in realtà subito dopo tornò a prendere controllo del mio corpo come se gli appartenesse, incrociando le sue dita calde nelle mie e bloccando quella mia mano dietro la schiena, così da aver campo libero sul mio petto, i miei fianchi, le mie gambe, come meglio lo dilettasse.

Indietreggiò di poco col collo per darmi un nuovo ordine che eseguii remissiva: -Slaccia la cinta.- Poi lui finì col spogliarsi del tutto, costringendomi a guardare.
-Ci sarà una volta in cui ti lascerai andare, bambolina?- Rise. -Ogni volta sei... Così rigida, temi me o non hai mai avuto rapporti con un uomo prima di me?- Chiese con una punta di irriverenza.

Non volevo rispondere. Non volevo dare lui anche quella soddisfazione, più di quanto non si stesse già intrattenendo reputando me un oggetto appena senziente. Attendeva con un sopracciglio arcato e tutto il resto del volto contratto, impaziente, fin quando un suo palmo non diede un brutto impatto sulla mia gota allora più rossa, prendendomi alla sprovvista. Strinse i denti e l'espressione corrucciata mi mise anche più i brividi.
-Guardami! Parlami! Voglio sentire la tua voce, voglio vedere i tuoi occhi! Ora, dalle tue labbra dovrà uscire la verità! Chiaro, ebrea ?!- Urlò a pochi centimetri dal mio viso.

-...Non l'avevo mai fatto prima.-

Johann sorrise compiaciuto e mi baciò impulsivo, stringendo il suo corpo nudo al mio.
Immediatamente mi buttò su un letto malridotto ma poco importava a lui; il suo petto caldo a contatto col mio, le sue braccia possenti che mi chiudevano come in gabbia. Un'altra volta si impossessò di me e io riuscii soltanto ad acconsentire a tutto ciò, tremavo e di conseguenza mi strinse più a sé; reputarmi di un'altra razza era semplicemente una scusa...



Rose e spine [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora