Vorrei morire [revisionato]

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Le tragedie lasciano solamente il sapore amaro della rassegnazione, la perdita e la sconfitta, non aver potuto fare di più, anche un minimo passo per aiutare, interdetti, finché esse non arrivino a devastare popolazioni intere o, anche, semplicemente paesi. Ma ciò che ravviva la speranza di un futuro più limpido è la memoria, la memoria ha una forza nascosta e non permette di far sì che atrocità vengano riproposte e vissute ancora, essa raccoglie nel suo silenzio le lacrime dei successori, coltiva i loro sentimenti per poi veder crescere armonia e speranza, sempre a testa alta, mai col rammarico. La memoria è uno dei più nobili poteri di cui l'essere umano è dotato.

Non serve piangere al momento se poi si dimentica o si annebbia la mente e non serve ricordare se la mente stessa si lascia sopraffare dalla rabbia e dal rancore. Non bisogna avvelenare il ricordo, altrimenti verrà spodestato.

-Dedicato al 12 agosto 1944, Sant'Anna di Stazzema.

Per tutto il tragitto a piedi Josef mi aveva tirato per una spalla ed io, come una perfetta sciocca, mi ero illusa di averlo trovato per un attimo gentile, se non premuroso in effetti; stringevo nella tasca ancora quei biscotti che sembravano quasi un'illusione.

-Vai.- Mi ordinò imperterrito, restando impalato sul posto fissandomi come suo solito. Nonostante fosse sera erano ben visibili i tratti del suo viso, i suoi occhi soprattutto. La sua apparenza sempre composta, truce, che di rado trapelava una sfumatura di espressione, mi intimoriva tanto davvero. Mi sentivo giudicata anche nel mentre aprivo la porta.

-Lianne, sei tornata!- Luise corse verso di me appena mi vide, stringendomi forte a sé. In quel periodo mi era mancata la sua grinta ed il suo affetto sempre così smielato. -Mi sei mancata e... Insomma, avevo paura ti facessero cose orribili...- Si sedette sul bordo del letto, accanto a me, stringendosi le spalle. La temperatura fredda faceva sì che entrassero sempre alcuni spifferi specialmente di notte, lasciando percorrere mille brividi lungo il corpo e gelando le caviglie. Guardandomi intorno, notai il blocco poco più spoglio e sempre più letti vuoti ma con alcune ragazze e donne che si stringevano in uno solo a costo di ricevere un po' più di calore. Con gioia vidi Emily e Federica dormire una di fianco all'altra, cullate da un sottilissimo lenzuolo che aveva assunto tutte le sfumature del marroncino possibili.

-Cosa avete dovuto fare questi due giorni..?- Chiesi in un sussurro a Luise, sentendomi tanto affaticata anche nel parlare.

-A me hanno assegnato le pulizie alla villa di un comandante. Ormai lavoro spesso lì e ti confesso che è molto meno faticoso. Certo, ha una sala immensa, varie camere, anche se...- Luise si bloccò incerta. -...Quel... Quell'uomo, il comandante, mi fa tanta paura. Ho sentito da alcune donne che è un tipo violento e quando beve tanto prende sempre qualche giovane ragazza... Uh, non voglio pensarci...- Si morse nervosamente un'unghia guardando un punto impreciso di fronte a lei.

-Che animale.- Mi limitai a dire, scuotendo la testa.

-Ecco. Sai, Emily lavora ultimamente in cucina, sono contenta anche per lei.- Sorrise appena.

-E Federica?-

-Abbiamo litigato, non le parlo più. Senti questa, l'altra notte l'ho beccata con un soldato! Ti rendi conto?Per chissà quanto tempo lei si era trovata una stradina più facile abbindolando quel cretino e noi? Lei era al sicuro, noi mai. Ora lo sanno tutte le donne del campo, solamente Emily riesce a rivolgerle la parola e non so sinceramente come ci riesca.- Sbuffò nervosamente, corrucciando il volto e dando occhiatacce all'angolino in cui la ragazza italiana stava dormendo. - Forse ecco perché Sarah ce l'aveva tanto con lei.- Aggiunse con tono sprezzante e serrando i pugni.

-Forse quel soldato la costringe...- Tentai di giustificare l'azione di Federica. Non mi sentivo in vena di giudicarla, mi scongiurò di non farne parola con nessuno quasi sul punto di piangere e capii che non era avida o egoista, ma aveva paura, come ognuna di noi. Se avessi detto di sentirmi impavida avrei mentito spudoratamente poiché tremavo dal timore di affrontare il futuro e mi sentivo giorno dopo giorno sempre più prossima alla mia fine, all'esistenza di Lianne. Sentire le parole di Luise, per quanto fossero frutto della stanchezza e rabbia momentanea, erano davvero di impatto e le ressi a stento. Ero convinta di riuscire a recuperare la grinta dopo tutti gli avvenimenti successi ma mi sentivo spenta, delusa e amareggiata più di prima.

-Certo, non ci credo affatto. Da quando è morta Sarah Federica se ne infischia totalmente di noi, ci lascerebbe morire anche.- Bofonchiò.

-Calmati, Luise. Non voglio più che si litighi.- La fermai, anche ripensare a Sarah faceva male.

-Ma tanto non ci litigo più, non la considererò minimamente d'ora in poi. Ci sei tu, c'è Emily. Sono felice che tu sia tornata...- Mi prese una mano e se la portò sulla guancia, accarezzandola. - Lianne, mi dispiace di averti parlato con astio nei giorni passati, io, io sono solo stanca di tutto questo. Voglio semplicemente stare bene.- Tolse la sua mano dalla mia per poi poggiarla sulla mia gamba. -Scusa per lo sfogo.- Concluse.

Marina aveva detto loro che a breve sarebbe tornato un altro treno e ciò mi riportò alla mente quel momento. Quei due spari. Il dolore lancinante a spalla, schiena e la maglia pregna di sangue secco.

-L'hanno portata via?- Chiesi d'un tratto, rompendo il silenzio.

-Sì, Lianne... -

-Non sono riuscita neanche a salvarla...- Appuntai in un sussurro.

Sentii prendermi la mano ed era Emily, sveglia da poco, che mi guardò decisa negli occhi e scosse la testa, rimproverandomi. -Tu sei stata davvero coraggiosa, io probabilmente non ne sarei mai stata capace. Hai messo a repentaglio la tua vita, hai tentato di donare la tua vita per quella di un'altra persona, non ti dice già molto? Sei incredibile, Lianne. Sappi che tutte noi ti ammiriamo molto.- Disse lei, con tono comprensivo.

-Già ma alla fine è servito a nulla, no? Io sono qui, viva, lei no. Doveva essere il contrario.-

-No, cosa stai dicendo. Lianne, purtroppo non c'è stato altro da fare, però sappiamo tutte che ora lei è in pace realmente, assieme al Signore.- Aggiunse, rimandando la sua speranza anche nella fede.

Le avrei voluto dire che non credevo più al Signore da tempo, forse mai lo avevo realmente fatto, mille domande balenavano nella mente senza darmi sosta, sentendo quel peso aggravarsi anche di più e sulle mie spalle. Perché? Non era davvero giusto nulla, anche quella notizia mi fece sentire col morale a terra. Qualsiasi speranza sembrava frantumarsi in mille cocci e ferire il doppio. Sembrava illusorio chiedere ad un altro come stesse, oltre che piangersi addosso avrebbe gridato invano; era neanche possibile abbracciare solo qualcuno per donare un po' di calore senza sentirsi una pistola sulla schiena. L'unica libertà che mi era rimasta era decidere, effettivamente, se continuare a lottare o lasciar perdere. E non vedevo più per quale ragione avrei dovuto continuare.

Volli piangere, non avevo più ragioni di restare lì, di interagire con quel mondo così crudele; pensavo spesso a cosa ci potesse essere dopo la morte e l'unica certezza che avevo era che sicuramente sarebbe meglio di quella realtà così lontana da me. Volevo davvero morire.

Rose e spine [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora