-Chiudi gli occhi.- Gli presi la mano, tremante, seguendolo.
-Che cos'è?!- Chiesi con evidente ansia.
-Una sorpresa,- Sbuffò lui, mettendo le mani sulle mie spalle per impormi a fermarmi. -adesso, puoi aprirli.- Trovai in sala un abito lungo, bianco, con alcuni ricami sulle spalle ed una gonna davvero lunga. Il primo pensiero fu quanto fosse bello, lindo come il latte, di seta morbida.
-Josef, è... Meraviglioso. Ma non capisco...-
-Lianne,- Mi prese le mani chiudendole in quelle sue. Successivamente, si inchinò davanti a me ed allora capii. Non riuscivo a dire nulla, mentre Josef colmò il silenzio con tre semplici parole che stetti nel crederci. -mi vuoi sposare?-
-Sì.- Risposi in un istante, buttandomi tra le sue braccia e trattenendo urla di gioia come una bambina. Non mi sembrava vero, era un sogno. Lo baciai senza indugi e, dalla frenesia, seguirono altri baci, portandoci fin sopra il divano, togliendoci i vestiti con la stessa foga della prima volta. Ogni volta ammiravo il suo corpo, in perfetta armonia col viso, semplicemente stupendo. Mi aveva solo sfilato la maglia quando sentimmo bussare alla porta d'ingresso, con un certo temperamento.
-Chiuditi in camera mia, stai tranquilla.- Mi ordinò sottovoce, portando con me anche l'abito tra le mani. Chiusi a chiave e rimasi in silenzio per capire chi fosse, quando mi bloccai sul posto. Riconobbi la voce di Mikael ed era nervosa, infastidita.
-Mi spiace esser venuto a quest'ora e senza preavviso ma è molto importante.-
-Figurati, dimmi pure.-
-Prima, posso chiederti del... Vino? Sono venuto direttamente da Berlino e il viaggio è stato parecchio stressante.- Si spostarono in cucina e sentii una bottiglia aprirsi. Mi adagiai al muro accanto alla porta, le ginocchia al petto, concentrata nel capire al meglio cosa stessero dicendo.
-Josef, ti confesso, sono molto preoccupato.- Cominciò Mikael col suo solito tono falso, di finto rammarico. Quanto mi dava fastidio. -Sono settimane che non vedo più Johann, né riesco a mettermi in contatto con lui; nessuno sa che fine abbia fatto, certo, non penserei mai scappasse proprio adesso, in piena guerra.- Concluse ridendo appena. -Mi chiedevo, tu sei il suo migliore amico, a te avrà sicuramente detto le sue intenzioni, mi sbaglio?-
-Non so nulla, sinceramente.- Rispose lui, subito dopo. Tremavo. Avevo un brutto presentimento.
-L'ultima volta che l'ho visto è stato alla festa, dove c'era anche Samantha.- Scandì bene il nome della mia migliore amica e ne percepii il rancore. -Posso... Chiederti un altro bicchiere? Questo vino è veramente buono.-
-Certamente.-
-C'era anche Lianne.- Continuò ed ad ogni parola perdevo un battito. -Sai, è stato buffo vedervi tutti e quattro, tu, lei, John e Sam. Mi è sembrato come se... Come se foste amici, insomma, senza me.-
-Mi spiace che tra voi sia finita, Mikael.- Rispose Josef con evidente stizza. La tentazione di aprire la porta e capire al meglio la situazione, vedere le loro espressioni, era estenuante. Con estrema cautela cercai di girare la chiave sperando producesse il minimo rumore ma, poco prima di toccarla, Mikael replicò ancora una volta:
-Penso sia evidente il fatto che tu mi nascondi qualcosa. Mi hai preso per un idiota?-
-Non penserei mai ciò dei miei colleghi, Mikael. Se posso permettermi, credo solamente che tu sia fuori strada. Non nascondo nulla.-
-Allora dirmi perché, caro Josef, eri con loro quella sera? Nel corridoio? Con un'ebrea?!- Pronunciò con irriverenza le ultime parole, marcando l'appellativo 'ebrea' ma restando, allo stesso tempo, al suo posto.
-Magari non è ebrea, ci hai mai pensato?- Chiese a sua volta Josef, la situazione stava peggiorando ed io ero sempre più spaventata.
-E tu come lo sai? Te lo ha detto lei?-
-Samantha. Se solo la ascoltassi di più sapresti anche questo.- Rispose acido azzittendo l'altro. -E ci saresti ancora insieme.-
Mikael scoppiò a ridere, fino a far scemare la sua risata colpevole per poi blaterare un 'hai proprio ragione, amico mio.' Seguì un silenzio persistente, raccapricciante. L'ansia cresceva in me, ad ogni secondo che passava.
-Ha i genitori ebrei, è vero, è vero. Sono stato uno stupido con Samantha ma saprò riconquistarla. So che, in fondo, mi ama anche lei.- Aggiunse convinto e mi trattenni dal ridere per quanto fosse frivolo. Come lo era sempre stato.
-Me lo auguro per te, amico mio.- Rise a sua volta Josef.
Bevvero ancora, fino a scherzare sul nulla, da ubriachi. Entrambi avevano il vizio di bere e non reggevano a lungo l'alcool. La conversazione prese una piega strana, richiamarono vecchi ricordi sul lavoro, sulle loro famiglie, come se entrambi ne avessero allora bisogno, per quanto esausti credetti che stettero.
-Non sai davvero nulla di Johann?- Tornò sull'argomento Mikael, quasi credetti che fosse tutta una messa in scena.
-Non l'ho ucciso io.- Rispose tra una battuta e un'altra Josef, lamentandosi, poi, sul mal di testa.
-'Ucciso'?- Domandò incuriosito l'altro, che lo avesse capito mi sembrava ormai ovvio. Indietreggiai impaurita, cercando un punto della stanza in cui nascondermi per bene, capendo che l'armadio era l'unica più o meno valida alternativa. Mi nascosi dietro alcuni abiti e chiusi le ante con cura, pregando non accadesse nulla in quel momento.
-DOVE CAZZO SI TROVA?!- Il suo urlo arrivò fino al secondo piano. Con passò pesante, si affrettò ad ispezionare tutta casa, salendo le scale e controllando stanza per stanza, fino alla mia dove la chiave era ancora appesa alla porta. -APRI QUESTA MALEDETTA PORTA!- Josef, con le mani legate, non poté far altro che ubbidire, con difficoltà dato che la chiave dalla mia parte lo impediva. Quasi sfondarono la porta, riuscendo ad aprirla con la forza e controllando ovunque, aprendo l'armadio stesso ma, per grazia divina, senza notarmi, uscendo di fretta dalla camera.
-Mikael...-
-Ho capito tutto da subito, sai? Ero andato da Samantha ed aveva un atteggiamento troppo sospetto, c'era persino John da lei, chissà cosa ci sarà tra loro adesso, non voglio neanche immaginarlo. Oh, ma puoi starne certo, Josef, vi farò passare le pene dell'inferno. Questo tocca a chi sta dalla parte del nemico.- Disse tutto d'un fiato, scendendo con furia le scale per andare subito via.
-Non è accaduto nulla di ciò che pensi.-
-Io invece credo proprio di sì. Ma non temere, se soffrirete, sarà per poco.- Concluse con un tono di follia, sbattendo poi la porta ed andare da non so chi.
D'istinto, uscii dalla camera da letto per soccorrere Josef, ritrovandolo impietrito, davanti la porta d'ingresso, sudato dall'alcool e dalla tensione. Lo abbracciai forte, non sapevo cos'altro fare, cosa dire, e la sensazione che da lì si sarebbe aggravato tutto arrivò immediatamente quando egli mi disse, cercando di mantenere la calma:
-Devi andare via. Ora.-
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Rose e spine [IN REVISIONE]
Romance[AVVISO: la storia è entrata nuovamente in revisione, i capitoli che saranno riscritti ufficialmente per la seconda volta conterranno un ◾] Storia ambientata all'apice del nazismo, focalizzata su un campo di concentramento e di come, nonostante mill...