Il senso delle note [revisionato]

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Era la sua prima lezione di pianoforte: le tremavano le dita, aveva il cuore in gola, mordeva le proprie labbra, convinta di non saper controllare alcuna emozione. Ciononostante, sembrò divenir un'altra persona appena cominciò a suonare, come fosse la sua anima a dirigere le mani e non la sua mente, quasi elusa della sua iniziale insicurezza.

-Lianne.- Mi richiamò in un sussurro Luise, seduta di fianco a me. - C'è il corvo.-

-Me ne sono accorta.- Risposi io, fissandolo con insistenza. Nemmeno notai che avesse ricambiato lo sguardo, seguito dal suo immancabile ghigno, finché non mi risvegliai e focalizzai su qualcos'altro: la tazza fredda. La stringevo forte tra le mani, avevo così tanta paura di quell'uomo. Quello che mi aveva portata lì, non prima di avermi violentata e forse ero stata io la stupida a cedere così facilmente. 

Rialzai lo sguardo e notai il corvo ridere ancora ed osservarmi con il veleno iniettato negli occhi. Bevvi tutto d'un sorso e quel caffè bruciato mi risalì su per lo stomaco. Purtroppo era terminato il momento della colazione e dovevamo lasciare la baracca per dirigerci all'esterno dove dovevano assegnarci le mansioni giornaliere. Abbassai la testa, non volevo guardarlo ancora e soprattutto da così vicino, eppure mentre lo superai potei percepire le sue occhiate pressanti che mi fecero sentire fortemente a disagio. Poi, poco prima di andar via da lì, lo sentii fischiettare una melodia a me conosciuta, anche se al momento non ricordai quale.

-Bene. Quando sentirete il vostro numero farete un passo avanti.- Annunciò l'appello una kapò con fare severo. Successivamente domandò un qualcosa di veramente insolito: -qualcuna di voi sa suonare uno strumento musicale?- Scandì ogni parola col suo accento marcato.

Allora lì mi sentii pervadere da una sensazione inspiegabilmente confortante: io sapevo suonare il pianoforte, avevo preso alcune lezioni anni prima e conoscevo tantissimi brani di Mozart, di Bach, oltre averne inventati alcuni dedicati a mia madre; mia nonna mi aveva sempre raccontato quanto lei avesse amato la musica.
Mi feci avanti un po' titubante, assieme ad altre poche donne, e ciò catturò del tutto l'attenzione del corvo.

-Cosa sai suonare?- Chiese ancora la kapò col suo tono duro.

-Il pianoforte.-

-Bene. Voi tre suonerete nella banda in occasione di questa sera.- Non ci disse nulla di più, il corvo andò via non prima di avermi dato l'ennesima occhiata fugace. Fummo scortate verso una baracca a parte del campo, più grande, fatiscente e completamente vuota, se non per vari strumenti sparsi in fondo alla stanza un po' impolverati. Un soldato ci consegnò alcuni spartiti ordinandoci di rimanere lì finché non li avessimo imparati alla perfezione: la banda doveva accompagnare la festa di quella sera per la promozione di un comandante, non seppi altro. 

Almeno ebbi un po' di pace, così ne approfittai anche per conoscere quelle altre donne; sembravano più grandi di me, entrambe avevano i capelli corti ed una delle due portava un fazzoletto avvolto intorno la testa. Si chiamavano Helena ed Ilge, venivano da Berlino e Francoforte e sembravano molto amichevoli. Nel mentre, mi sedetti al pianoforte e sfiorai delicatamente i tasti togliendo quel sottile strato di polvere, sentendo loro parlare del più e del meno, mentre ripresero confidenza con violino e violoncello.

-Sei qui da pochissimo, Lianne... Fatti forza, all'inizio sembra tutto anche peggio...- Cercò di confortarmi Ilge.

-Già. Il fatto è che...- Continuai focalizzandomi sui tasti del pianoforte -Sto capendo sempre più in che realtà stiamo vivendo. Sinceramente non so quando finirà questo periodo terribile ed ho solo la paura costante che il giorno in cui accadrà io potrei non esserci più.- Mi sentivo più sollevata per aver esternato quei pensieri. I tasti si bagnarono per via delle mie lacrime amare.-Ho... Questa sensazione... Non sopravviverò a lungo...-


Arrivò in fretta il tardo pomeriggio in cui noi donne avremmo dovuto suonare assieme ad altri internati maschi nella grande e luminosa sala della villa del comandante.
 Ero costantemente scrutata da visi crudeli, da mogli diffidenti e persino alcuni bambini che parevano intimoriti da noi.  L'attesa del via alla festa era lunga e nel mentre preparavamo gli strumenti feci conoscenza con i due uomini che suonavano con noi: si chiamavano Joshua e Mischel ed avevano poco più della mia età. 

Incuriosita, mi guardai intorno e potei vedere con molto dispiacere il corvo e persino il suo amico Josef che, anche se molto lontano da noi e circondato da moltissima gente, riuscì a notarmi; ancora una volta il mio sguardo cadde preda del suo, inspiegabilmente, per attimi che parvero eterni, finché un suo amico non lo scosse e gli domandò qualcosa. Averlo rivisto mi aveva dato un certo dolore allo stomaco, quasi da costringermi a ripiegarmi in due. Soprattutto, notare la sua figura in un completo da sera e non con quella odiosa divisa era insolito, vidi anche che ci stesse bene e volli maledirmi per quel pensiero solamente frivolo. 

Non era certamente diverso da Johann, da chiunque altro lì. Solo dei folli, spregevoli e sadici. Ed io dovetti cominciare a suonare per loro: o quello o la morte. 

Rose e spine [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora