Il modo sbagliato di amare

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"E poi ti penserò,
  E poi ti perderò..."

Ultimo, Cascare nei tuoi occhi

Ultimo, Cascare nei tuoi occhi

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Terza persona

Era il primo novembre.
Il sole fioco picchiettava le guance rase di Johann mentre egli si dirigeva verso il cimitero con fare distaccato, almeno all'apparenza. Era in compagnia del padre, dello zio, vi erano anche i genitori del migliore amico Josef e di John, tutti lo salutarono calorosamente, soprattutto Oskar Schneider.

Erhard e Johann Weim si trovavano ai piedi della lapide sulla quale era inciso il nome di Eva Schwartz.

"13 agosto 1880 - 25 dicembre 1912 "

Morì nel giorno di Natale, un anno dopo aver portato al mondo il suo secondo figlio.

Di fianco alla sua lapide avevano inciso una seconda dedicata sempre alla loro famiglia, sulla quale era inciso il nome di Ludwig Weim, morto nel 1918.
Non erano presenti fiori, solo alcune rose colte unicamente per la madre, accanto a delle candele bianche.

Così Johann andò via, salutandola a bassa voce, non prima di aver sentito di sfuggita il nome del fratello da Oskar e Tom, il padre di John.

-Johann, caro, non ti vedo da tanto.- Si trovò accolto dalle braccia di una donna gracile il cui profumo delicato piacque a lui e gli invase le narici.

-Buongiorno, signora Schneider.- Salutò garbato Elise, la madre di John, ma del figlio nessuna traccia.

-Chiamami pure Elise, tesoro. Sei veramente un bel ragazzo, non c'è che dire. Ti andrebbe di passare a casa nostra, qualche volta? È tanto che non ceniamo assieme, tu ed Erhard siete sempre indaffarati?- Chiese sorridente e con molta dolcezza.

-Sì, sono sempre sotto servizio ma accetto con piacere il suo invito, Elise.-

Ella si congedò ed a Johann non rimase che tornare a casa e concedersi un bagno caldo per togliere l'odore dei ricordi che quella divisa impregnava su di lui.

Non appena se la tolse notò numerosi graffi, molti superficiali, sul petto e lombari, ai quai accennò un sorriso compiaciuto pensando alle donne con cui aveva condiviso delle notti magiche.
Ma l'ultimo pensiero volò sull'unica ragazza che lottava tutte le volte dalle sue grinfie, quella piccola e gracile ma dal corpo pieno di una donna, ciò che lo aveva fatto uscire di testa. Non c'entravano solo i centimetri della sua pelle ma anche i suoi occhi chiari quasi quanto quelli di Johann.

Si osservò allo specchio passando lo sguardo sui lineamenti duri del viso ed i capelli nero pece ai segni che solo quella ragazza poteva avergli lasciato. Le dita fremevano sui graffi ricordando come ella si dimenava sperando di concludere subito il rapporto con lui: era lì che si sorprese.

Aveva avuto molte relazioni aperte, conquistato varie donne col suo fascino e il suo potere e portarle al letto non fu mai difficile, ma con lei dovette usare realmente la forza notando che la ragazza non si era mai lasciata andare.
Non capiva.
Ricordò di esser stato per lei il primo con cui era andata a letto, esattamente pochi mesi prima e quella notizia lo fece eccitare sentendo come quella piccola ragazza come "sua".

Abbandonò i pensieri nella vasca per poi uscire di casa ed andare dalla famiglia Schneider per scambiare anche quattro chiacchiere col migliore amico, lo stesso che vide affianco alla sua ragazzina.

-Johann, carissimo, prego entra. Josef torna a breve dal suo turno.- Ghignò Oskar Schneider.
Egli era allora a casa per occuparsi di vari documenti sui trasporti, anche piccoli favori che Erhard gli aveva chiesto in precedenza. Abitavano non lontano dal campo, oltretutto.
Oskar era un uomo forte, duro, esattamente come il fratello, ma rimpiangeva spesso, specialmente da ubriaco, di aver sposato una donna debole e docile e di aver avuto, così, un figlio senza spirito di competizione. Ripeteva spesso di aver fatto bene ad inserirlo nelle ss, era maturato bene e non avrebbe mai tradito il Reich, poteva essere per lui come la sacra Bibbia.

Oskar offrì del whisky a Johann, ammirandolo come se fosse lui il figlio che avrebbe sempre voluto: Johann era deciso, integerrimo, cinico, dal profilo perfetto dell'uomo del terzo Reich che tutte avrebbero voluto sposare.

Erano seduti davanti al camino, la sala si era già notevolmente scaldata e, dopo alcune chiacchiere sulla politica, si sentì la porta aprirsi ed entrare Josef più stanco del solito e col viso arrossato.

-Sono tornato.- Avvisò dall'ingresso, notando poco dopo la giacca di Johann appesa lì.

-Figliolo, Johann è venuto a trovarti.- Disse Oskar soddisfatto mentre sul volto di Johann comparve un ghigno poco rassicurante; aveva un'idea sul perché il migliore amico lo aveva poco considerato alla festa ed era in compagnia di quel gruppetto, voleva accertarsene, però.

-Amico mio!- Lo accolse in un abbraccio fraterno sentendo Josef irrigidirsi.

-Bene, torno al mio lavoro. Johann, salutami tuo padre.- Così Oskar si congedò.

I due uomini rimasero soli e quel caldo precedente poteva essere un vago ricordo, tanto che entrambi sapevano cosa stessero per dire e che, molto probabilmente, non avrebbe fatto piacere a nessuno dei due.

Rose e spine [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora