Un dono

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Terza persona.

L'aria gelida di dicembre scuoteva chiunque nel campo, svegliando in un attimo al mattino e impedendo di chiudere occhio al tramonto.
Emily era impegnata a strofinare alcuni piatti nella desolata cucina, così grande e fredda.
Era quasi giunto il tramonto, i raggi fiochi penetravano dalla finestrella colorando la stanza di un arancione intenso sebbene distante, in un certo senso; tanto acceso eppure tanto flebile.
La giovane donna asciugava con un panno tutte le posate, sentendosi sicura di poter canticchiare senza essere scoperta, una canzone casuale, un qualcosa che l'avrebbe tirato su il morale.
L'acqua tiepida risanava lentamente le ferite aperte sulle sue mani, causate dal freddo persistente di quelle giornate.
I capelli corti erano comunque coperti da un fazzoletto azzurro che, in un certo senso, le donava.
La solitudine, per quanto fosse rilassante, cominciò a premerle, incutendo angoscia più di prima, facendola sentire ora in pericolo. Si voltò per più di una volta, sembrando paranoica, ma era come se ci fosse qualcuno dietro la porta e lo sentisse inspiegabilmente bene.

Inspirò per calmarsi un attimo, tornando sul suo lavoro, quando i suoi dubbi vennero affermati dal cigolio della porta e da un qualcuno, che a passo lento, stava avanzando verso il centro della stanza.

Con maggiore probabilità, era un soldato ed Emily supplicò a se stessa di non fermarsi neanche un momento per paura di venir sgridata. Se fosse stato Josef l'avrebbe salutata subito, come altre volte.

Sentì i passi farsi più vicini ed il respiro affannato premere sulla sua schiena; quanto odiava quel genere di situazione. Fortunatamente, o meno, non ne era poi tanto sicura, terminò di lavare piatti, dovendosi focalizzare ora sul pulire il pavimento. Allora si voltò, costretta dal prendere secchio e stracci, ritrovandosi faccia a faccia con un soldato semplice, che la stava osservando con attenzione, quasi con la schiena al muro. In un primo momento sussultò, cercando di sembrare, poi, imperterrita sul lavoro.

-Ciao.- La salutò lui, con apparente calma, anche se Emily poté cogliere dell'insicurezza.

-Ciao.- Ricambiò a sua volta incerta. Si soffermò sull'apparenza del soldato, giovane, era un ragazzo. Si era tolto il cappello, mostrando ciuffi corvini in disordine.

-Posso sapere il tuo nome?- Chiese lui con un po' più di sicurezza, senza distogliere lo sguardo dalla giovane donna.

-Emily...-

-Emily.- Ripeté lui, sotto gli occhi confusi di lei. Esitò ma, poco dopo, domandò ancora: -Come procede il lavoro?- Sembrò quasi una scusa, nella testa di Emily.

-Bene, signore. Devo pulire solo il pavimento.- E si inchinò di poco; dopotutto era sempre davanti ad una sorta di autorità. Il soldato annuì semplicemente, come se non sapesse cosa dire, rendendo quasi la situazione imbarazzante. Così, avanzò verso di lei con calma, non voleva spaventarla, tirando fuori dalla tasca un fazzoletto avvolto che porse alla donna.

Emily lo aprì trovandoci dolcetti al profumo di arancia, belli alla vista, ma non capì le ragioni. Forse, il soldato aveva notato il suo duro lavoro, magari era un segno di gratitudine, o robe del genere.

-Il mio nome è Klaus.-

Emily fissava i dolcetti, incredula.
-La ringrazio ma... A cosa devo questo... Onore..?- Balbettò incerta, trattenendo le lacrime alla vista del cibo così invitante.

Il soldato tentò invano di rimanere composto, guardandosi intorno e cercando coraggio di confessare ciò che provava per lei.
Un forte sentimento di amore, credeva.
Sentiva il dovere, ma soprattutto il volere, di proteggerla.
Anche allora, che, fermandosi nuovamente su di lei, percorse con lo sguardo i lineamenti del suo viso bianco come avorio, con ripetuti ma minuscoli tagli sul collo e sulla guancia sinistra, le labbra socchiuse e,  nonostante il freddo, piene e rosee come petali, immaginò anche morbide.

Per molto tempo rimase in silenzio, non accorgendosi che la giovane aveva distolto lo sguardo concentrandosi sul fagotto che teneva ancora tra le mani. Lo posò sul bancone dietro di lei, i movimenti lenti dovuti alla pancia più visibile, sorridendo appena, pensando a come avrebbe potuto sfamare meglio ora il suo bambino.

-Io non penso che a te, Emily.-
La voce le arrivò alle spalle rompendo il dolce silenzio.
Emily si girò cercando nuovamente risposte nel soldato più enigmatico che avesse mai incontrato, interdetta.
-Il mio più grande desiderio è quello di proteggerti.-
Aggiunse lui, ora con forte determinazione; avanzò verso di lei col desiderio di sfiorare il suo viso per la prima volta, come se non avesse mai visto una ragazza, una donna, che gli avesse fatto battere il cuore.
Alzò una mano verso la sua guancia quando lei si ritrasse impaurita dal gesto improvviso e non sapeva cosa fare.

-Non so chi sia.- Si difese la donna, portando istintivamente le mani in grembo.

-Non intendevo spaventarti- Ma lei fece un altro passo indietro sentendosi in difficoltà. Klaus notò la sua pancia un po' gonfia ma il primo pensiero fu che fosse dovuto alla malnutrizione, motivo in più per averle dato i dolcetti. Nel tremore, Emily fece cadere per sbaglio un pentolino ed il rumore si propagò per tutta la cucina. Ora era bloccata ad ogni angolo, davanti a sé c'era il soldato e lui la guardava con compassione, quasi pregandole con gli occhi di fidarsi di lui. Così cedette e chiese chi fosse lui in realtà. Klaus confessò di averle voluto parlare già da tempo ma non ne aveva mai avuto la possibilità. 

Le mura fredde e spoglie lasciavano poco alla fantasia, neppur un pavimento grazioso, con qualche mattonella spaccata e crepature negli angoli. Quella fioca luce venne sostituita dalla bianca artificiale, ora calata la sera. Lei tremava leggermente dal freddo e da un tessuto troppo leggero, trovando, poi, con stupore, le braccia calde del soldato avvolte attorno al suo corpo gracile. Emily era meno alta di Klaus; arrivava poco su il suo petto e nell'abbraccio percepì il suo cuore battere davvero forte, quasi come se volesse uscirgli dal petto. Ora aveva un po' meno paura.

-Ti prego, fidati di me.- Sussurrò lui, riuscendo ora a toccarle la guancia fredda. Ma lei, capendo le intenzioni del soldato, si voltò di scatto, con gli occhi ancora sbarrati. Era sposata con Adam ed aspettava anche un bambino da lui. Non sapeva come comportarsi. Tornò lentamente con lo sguardo in su scorgendo i suoi occhi come smeraldo, diventar lucidi. -Non sono uno di loro.- E si lasciarono con quelle parole.

Klaus dovette accompagnarla nel suo blocco, lottando con se stesso nel trattenersi dall'abbracciarla un'altra minuscola volta. La osservò fino a quando non si chiuse la porta alle spalle ed Emily poté nascondersi dietro il suo letto per mangiare cibo vero. Esitò prima di dare un morso, sentendo come se stesse tradendo Adam, suo marito, ma non era così. Non sapeva nulla di quel soldato ma lo ringraziò ancora una volta per il dono, qualunque fosse la sua intenzione. Non voleva mentire ma nemmeno morire.


Rose e spine [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora