Non volevo illudermi [revisionato]

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Un cattivo può essere relativamente cattivo; semplicemente, non è stato narrato il suo passato al mondo. Tutti lo vedono da adulto ma non sanno com'era da bambino. Lo ritengono incosciente ma pochi sanno quanto sta soffrendo dentro; per reggere il gioco, per non morire lui stesso, egoisticamente, disperatamente, e non avrà mai altra via di fuga, una seconda strada, una seconda vita. 


Nella mia mente si riproposero urla di una donna, disperate. Una visione più bizzarra del solito in cui ella sedeva su una panchina in legno e su un prato verde che tramutò in un ardente rosso vivo così vidi che tutto stava cominciando a bruciare. Ella si rifugiò in casa ma inutilmente, l'incendio si innalzò coinvolgendo ettari ed ettari di terreno, inglobando poco a poco l'abitazione stessa facendola morire soffocata dal fumo, dalle fiamme ed i suoi pianti incessanti in cui richiamava costantemente un nome ben distinto: Lianne.

Lianne,

Lianne!

Sobbalzai scoprendo appena dopo di ritrovarmi sul medesimo lettino dove mi avevano coricata. Quando il respiro tornò regolare ricollegai il mio sogno alla realtà, o meglio incubo, ed era lo stesso che occupava la mia mente da giorni, dove una donna somigliante a mia madre chiedeva aiuto disperatamente ma io ero assente, così mi sentivo ogni volta sempre più sconfitta e debole, incapace di reagire. Sentivo la fonte scottare ancora, la febbre poteva esser solo peggiorata tanto da non riuscire a muovermi più liberamente.

-Ebrea, hai la febbre a 40°C, non credo che stavolta tornerai in giro a curiosare pur sapendo che è proibito.- Mi rimproverò con astio una voce, era Josef seduto accanto alla porta. Chiusi gli occhi per il fastidio che la luce mi causava e sentii i passi di Josef farsi più vicini per poi prendere alcuni arnesi. Una sua mano calda stringeva la mia mandibola, costringendomi a misurare nuovamente la febbre con un termometro. 

 -41°C. Rimani qua, se esci un'altra volta ti uccido.- Stranamente, quella minaccia mi fece sorridere, probabilmente la temperatura alta mi portava anche al delirio. Poco dopo tornò e con poca pazienza mi diede delle medicine. La vista era sfocata ed i suoni esterni appena udibili e più ovattati, stetti per perdere nuovamente i sensi ma poco prima riuscii a bisbigliare un 'grazie' forzato.


I crampi allo stomaco contribuirono a svegliarmi, in un bagno di sudore ma con la mente più leggera; Focalizzandomi su tutti gli angoli della stanzetta, notai la sedia vuota ma sul tavolino un qualcosa avvolto in un tovagliolo con un biglietto bianco affianco. Ero molto tentata dal prenderlo, così diedi un'occhiata fugace verso la porta e lo agguantai immediatamente lasciandomi interdetta sul contenuto di quel foglietto: 'questi sono per te. Torno a tarda sera' lasciando due piccoli, soffici e profumatissimi biscotti. A stento riuscivo a crederci, passai il dito sulle lettere sentendo il sottile rilievo della penna; la scrittura di Josef era fine, immacolata, non lo avrei certamente immaginato. Conservai quel bigliettino in una tasca della maglia senza una ragione ben precisa. Non stetti a rifletterci più e li divorai voracemente assaporando fino in fondo il gusto della cannella e di quel poco di zucchero sulla superficie che desideravo da troppo tempo, sembrava un sogno. Rimasi a leccarmi le dita e sorridere beatamente a quel piccolo sfizio, perdendo la cognizione del tempo ed accorgendomi dopo che qualcuno stava aprendo la porta; mi allungai in fretta sul lettino chiudendo gli occhi e cercando di restare immobile più che potevo ma fui anticipata dalle risa fastidiose di Josef.

-Non sei capace di fingere.- Commentò spiritosamente invogliandomi solo a ribattere. Una volta che rialzai le palpebre lo scoprii osservarmi in un modo strano, indecifrabile più del solito. Avanzò verso il lettino e si sedette sul bordo, senza abbandonare quel ghigno fastidioso e preoccupante allo stesso tempo.

-Vedo che li hai mangiati. Ne ho qui altri, lo avevo previsto.- Tirò fuori dalla tasca altri biscotti e me li porse davanti al viso come invitandomi a prenderli ma, quando alzai la mano, ritirò la propria beffeggiandomi. -Prima, voglio una cosa.-Mi avvertì con quel tono glaciale che mi metteva davvero i brividi. Cosa avrebbe mai voluto da una come me? -Voglio che tu mi dia un bacio. Non guardarmi così, ti ho chiesto una cosa misera.- Sbuffò scocciato. La situazione si aggravò soltanto poiché non riuscivo a ribattere, a muovermi, dovendo solo sentire altre risatine da parte di quell'uomo. Non avevo capito cosa intendesse bene, né come avrei dovuto dargli ciò che voleva o ancora se gli potesse piacere e in che modo, così da evitare la mia morte imminente. -Hai paura?- Chiese atono.

 -Sì.-

 -Non alzerò un dito. Tu fa' quanto ti ho detto.- Così non mi rimaneva proprio altra scelta. Per l'ennesima volta mi sentivo oppressa, costretta ad azioni che non venivano dal mio cuore, da me. Non volli pensarci. Chiusi gli occhi con estrema lentezza poiché avere il suo viso a quella breve distanza mi paralizzava. Appena dopo sentii le sue labbra premere delicatamente sulle mie ma poi il suo torace in avanti facendomi a stento tentennare. Sembrava rigido, mentre io tremavo per la paura. Quel bacio durò più del normale, sembrava quasi neutrale, eppure riuscì a scaturire in me emozioni infinite e distinte, assurde, davvero un attimo in pace ma subito dopo in un tranello poiché era il mio nemico, un assassino spietato e senza rimorso e mi sentivo in colpa, soprattutto, perché cominciò a piacermi in un certo senso.

- L'ho fatto perché mi andava.- Poi si girò verso di me tentando di guardarmi con astio. -Non ti fare favolette in testa, non c'è nulla di più. Ora devo riportarti nel tuo blocco.- Si giustificò in fretta ordinandomi di andare. Mi sentivo una stupida. Per un attimo mi ero illusa, mi ero permessa di stare bene ed essere felice, quando in realtà era solo un orribile luogo della morte e lentamente sarei morta anch'io, inutile negarlo.

Doveva andare così.

Rose e spine [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora