Fa caldo anche in inverno

450 27 18
                                    

I giorni passavano e più vedevo l'alba sorgere ed il sole tramontare, più si distanziava da me la certezza di fuggire via da quell'inferno partendo per lo scambio di ebrei. Era arrivato il primo dicembre col suo brusio al mattino, la fredda aria che colpiva il viso con rabbia e le giornate ancor più corte. 

Sedevo all'uscio, con la schiena poggiata sul muro ed il mento rivolto verso l'alto, scrutando il cielo dipinto di infiniti punti bianchi e lucenti, rendendolo stravagante e mistico, che ci si perdeva nell'ammirarlo. Finalmente, per una notte, le nuvole si erano decise ad andar via, magari era un segno.

-Lianne..?- 

Abbassai il volto vedendo una figura alta a poca distanza da me, con una lanterna in mano. Essa le illuminava alcuni tratti del viso e da essi potei riconoscere Klaus, venire piano verso di me con aria un po' stanca.

-Klaus.-

-Sono felice che ricordi il mio nome. Cosa stai facendo?- Chiese con molta curiosità, era notte fonda.

-Ammiravo le stelle.- 

-Non senti freddo..?-

-No... No... Non più.- Sorrisi appena.

Egli si sedette accanto a me stupendomi, imitò la mia postura, le ginocchia al petto, e rimase lì con gli occhi al cielo.

-Effettivamente non hai tutti i torti.- Ammise per poi estrarre un pacchetto di sigarette e sfilarne una con le labbra, con molta monotonia. Stette per accendersela quando, per istinto, la presi in uno scatto portandola più lontana possibile da lui. Fu sorpreso dalla mia azione e mi guardava in cerca di spiegazioni.

-Detesto il fumo, glielo ripeto. Non lo faccia.- 

-Va bene, ci proverò.- Mi promise per poi ridere di gusto, scuotendo poco la testa. -Sei molto ostinata, Lianne. Mi piace, puoi darmi del "tu", comunque. 

-Ti fai solo continuamente del male.- Riuscii a dire dopo minuti di silenzio. Lo guardai di sottecchi cercando di fargli capire che non stavo scherzando. In tutta risposta, non smetteva di fissarmi e sorridere, sorridere di gioia, mostrando un volto completamente diverso da quello autoritario da ss. Le sue iridi chiare si riflettevano per colpa delle stelle, così potei specchiarmici e notare meglio il mio sorriso, molto simile al suo. 

-E forse è meglio così...- Aggiunse poco dopo, rompendo ancora il silenzio. Il tono da spiritoso divenne mortificato, ruppe il contatto visivo focalizzandosi davanti a lui, tra l'ombra delle altre baracche. -Tutto ciò non fa per me.- 

-Per nessuno che ha cuore.-

-Lianne, vorrei confessarti una cosa.- Anmise d'un tratto, più o meno sicuro di sé, col busto rigido e gli occhi gelidi verso di me.
-C'è... C'è una ragazza, è di questo blocco. Non le ho mai parlato, non ci siamo mai incrociati per la verità; so solo che mi ha colpito, è davvero bella.- Cominciò, tornando ad osservare appena oltre le ginocchia, i cancelli chiusi. -Ho notato, però, che è spesso vicina a te.-

-Com'è questa ragazza..?-

-Ha i capelli corti, di un rosso chiaro che le contorna il viso grazioso, seppur smagrito. Ha due grandi occhi chiari che mi trasmettono... Paura, sì, ma anche... Non so spiegartelo, credo purezza.- Continuò non imbarazzato, affatto, appena cominciò a descrivere quella ragazza parve aprirsi ancora più con me, rivelandosi più buono e umano di chiunque altro lì dentro.

-Sarà forse... Emily..?- Pensai ad alta voce.

-Emily..?- Esitò un momento.
-Che bel nome.-

-Ma... È grande Emily e...- Mi fermai pensando non fosse una buona idea, ma Klaus sembrò non interessargli.

-Vorrei chiedere il tuo aiuto, Lianne. In cambio, posso darti il mio, qui nel campo. Sempre che tu voglia accettare, puoi fidarti di me.- Aggiunse dinamico, guardandomi con aria decisa.

-Klaus... Io non...

-Ti prego, Lianne. Non sono come loro, davvero. So... So che sarà difficile per te credermi ma ti prego di farlo; per me non esiste questa superiorità.- Portò la mano al petto stringendo il tessuto.- Questa divisa non c'entra nulla con me.- allungò una mano verso di me.

La strinsi incerta, continuando a pensare se avessi dovuto dirgli tutto o meno, eppure la sua grinta mi bloccava.

-Posso portarvi del cibo, domani.-

-No, non ce n'è bisogno, davvero.-

-Cosa? Come fate...-

-Io...- Esitai anche nel raccontargli di Josef. -Noi... Ce la stiamo cavando. Davvero. Grazie lo stesso.-

Sembrò capirmi e non aggiunse altro, si limitò a farmi compagnia quella sera dall'aria fredda e secca, che rendeva la mia pelle come carta vetrata, rossa a tratti.
Poco dopo dovette andar via, promettendomi di vegliare su di noi, con mio evidente stupore.








Rose e spine [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora