L'amore vince su tutto

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-Ecco,- Davanti a me un vassoio con pasticcini al cioccolato ed una tazza di latte fumante, come ero solita fare colazione da piccola. -Senti freddo?- Scossi la testa, Josef si sedette accanto a me lasciandomi un bacio tra i capelli per poi rialzarsi ed andare a chiudere le finestre della sala.

Era sera, finalmente ci rivedemmo dopo tanto e, con mia sorpresa, mi riportò a casa sua, con lo stesso entusiasmo della prima volta. Mi sentivo tanto coccolata da lui che mi lasciava un sorriso perenne sulle labbra, specialmente quella sera, che cercava di farmi sentire al sicuro più che mai. Mi promise di essersi informato ancora di più riguardo quello scambio, non sarebbe accaduto troppo tardi.

Dopo aver mangiato e bevuto, mi alzai girovagando per la casa in cerca di lui, ritrovandolo dietro di me, all'improvviso, facendomi sobbalzare. Mi diede un bacio improvviso sulle labbra per poi prendermi in braccio, sorprendendomi ancora una volta, correndo al piano di sopra.

-Josef, mettimi giù! Ho paura di cadeeere, Josef!!- Mi dimenai riflettendo solo dopo su quanto sembrassi infantile, sentendo solo le sue risa meravigliose. 

-Come vuoi!- Mi gettò delicatamente sul suo letto, si sdraiò di fianco baciandomi il collo e facendomi il solletico. 

Ci sentivamo solo noi.

-Josef, basta, ti prego, non resisto!- Ammisi tra una risata ed un'altra, fermandomi sui suoi occhi chiari fermi su di me.

-Ti amo, Lianne. Ti amo.- Ed ogni volta mi sentivo morire dentro. Il suo atteggiamento diventò serio, voleva che lo guardassi. -Ti amo, non smetterò mai di dirtelo.- 

-Ti amo anche io, Josef.- 




Mi risvegliai prima di lui, era notte fonda ed il suo respiro mi accaldava la nuca, come le braccia avvolte al mio ventre, strette a sufficienza per proteggermi. Accesi una lampada da luce calda, posta sul comodino, e mi alzai indossando la sua camicia, così grande che poteva farmi da vestito, avanzando verso lo specchio ad un angolo della stanza. Mi guardai. Ero diversa. Non solo per i zigomi un po' solcati, la pelle diafana e fredda al tatto ed i capelli spenti, ero cambiata dallo sguardo, ora più maturo e deciso, dopo aver affrontato ostacoli ben più grandi di quanto fossi io, di quanto mi sarei aspettata nel mio tratto di vita. 

Passai le dita tra alcune ciocche notando si stessero rinforzando. Aprii la camicia focalizzandomi sulla pancia, di profilo, immaginando a ciò che stesse crescendo in me e che sentivo fosse lì, veramente. 

Pochi giorni prima avevo vomitato, un misto tra la pressione, la debolezza e l'inizio di una gravidanza di cui avevo paura, paura di portare al termine.

Josef si svegliò e rimase ad ammirare come la sua camicia risultasse attraente su di me, facendomi arrossire violentemente. Si alzò dal letto per stringermi forte a lui e fu allora che glielo dissi, lo ammisi.

-Credo che qui stia crescendo un bambino, Josef. Il nostro bambino...- Sorrisi appena vedendolo in un primo momento sorpreso e subito dopo al settimo cielo, tanto che gli occhi suoi divennero lucidi, più dei miei, e lasciarono scorrere lacrime di gioia, nel mentre lui mi strinse ancora più forte baciandomi.

-Posso essere l'uomo più felice su questo pianeta.-




Passò un altro giorno ed un'espressione imbambolata sul mio volto fece sorridere Emily, seduta accanto a me nella baracca. 

-Tesoro, finalmente ti vedo felice! Quel soldato è veramente buono, sono più tranquilla, ora.- 

In lei era più evidente la pancia, però Josef prese un occhio di riguardo anche per questo, promettendomi di aiutare anche il suo bambino. 

Una kapò ruppe il silenzio, entrando con furia nella baracca ed avvisandoci di uscire fuori per l'appello, lo smistamento dei lavori. Quel giorno dovetti tornare alla lavanderia, mentre Emily in cucina.

La monotona giornata terminò subito e ci ritrovammo sull'uscio a parlare di tutto, scherzare, senza farci vedere dalle guardie. Furono mesi strani, mi avevano travolto la vita e mai avrei pensato di ritrovarmi in un campo di prigionia a ridere con una nuova amica. 

Se avessi letto tutto ciò su un libro avrei sicuramente creduto fosse un'invenzione.

-Fa strano anche a me, sai, ridere di gusto, nonostante quei recinti a pochi metri da noi.- Appuntò Emily. Col tempo, i capelli crebbero di poco, arrivando quasi sulla nuca, riprendendo il loro colore ramato che le davano una bellezza in più. 

-Hai ragione, forse questo è il destino di cui parlavamo pochi giorni fa.- Commentai, per poi voltarmi verso di lei e, aggiungere spiritosamente - O forse siamo noi, quelle diventate pazze.- Facendo ridere anche lei.

-Sono davvero contenta di averti conosciuto. Magari non qui, certo.- Prese un sospiro. -Però lo sentivo.-

-Cosa?-

-Che ci saremmo incontrate, in qualche modo. Insomma, come se la tua anima rispecchiasse la mia.-

-Ecco perché andiamo tanto d'accordo, Emily.- Mi strinse a sé con un braccio. Con la coda dell'occhio vidi a pochi metri da noi un soldato, Klaus, mentre faceva il solito giro di controllo, lanciando sguardi fugaci di qua e di là e col solito fare distaccato che avevo imparato a distinguere. Mi notò e sorrise appena puntando poi i suoi occhi verdi verso Emily. Ero certa si trattasse di lei, la donna di cui mi parlò pochi giorni prima, infatti parve osservarla da cima a fondo molto attentamente, allontanandosi dalla realtà e non sentendo il richiamo di un altro soldato.

Si risvegliò andando, poi, via con quello, non prima di essersi voltato un'ultima volta.

-Perché ora ridi, Lianne?- Chiese Emily con tanta curiosità, non accorgendosi affatto della situazione.

-Nulla.-



Rose e spine [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora