tre.

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"To burn with desire
and keep quiet about it is the
greatest punishment we can
bring on ourselves."
- Federico Garcia Lorca

Jungkook POV

Qualcosa che normalmente avrei fatto in pochi minuti si era appena trasformata in un intero pomeriggio di stress inutile e vestiti vari lanciati a caso in tutta la stanza. Il pavimento in legno della mia camera era coperto di magliette e jeans mentre cercavo dei vestiti in particolare sotterrati da qualche parte nell'abisso del mio armadio.

Non importa cosa indossi. Me lo stavo ripetendo da circa un'ora, ma le mani non avevano smesso nemmeno per un attimo di armeggiare con i vari tessuti.

C'era un'ovvia motivazione del perché volessi trovare il giusto abbigliamento, ma mi costrinsi a non riconoscere quella verità e la accantonai insieme ai miei altri problemi, lasciandola diventare semplicemente un tutt'uno col ronzio che albergava nella mia mente.

Aveva un suono tremendamente simile a quello del mio cellulare, che vibrava sul letto ad ogni messaggio ricevuto, che a sua volta mi faceva roteare gli occhi e pentirmi di avergli dato il mio numero. Ma Taehyung non mi avrebbe lasciato in pace a meno che non l'avessi fatto io, in più desideravo solo tornare a casa dagli avanzi del cibo d'asporto che mi aspettavano nel frigorifero.

Il cambiamento di luce che filtrava attraverso le tende all'interno della mia stanza mi fece rendere conto che si stesse facendo tardi. Il sole stava tramontando e presto avrei dovuto incontrare Jimin, non mi andava di arrivare in ritardo e sorbirmi poi le sue lamentele.

Rinunciai alla ricerca di quei vestiti e decisi di indossare quelli dell'ultima volta in cui ero uscito da solo. Nessuno se lo sarebbe ricordato, nessuno ricorda mai niente.

Mi infilai una camicia di seta marrone scuro, morbida contro il mio petto nudo, e lasciai liberi i primi tre bottoni. Non appena indossai i jeans neri attillati non riuscii a fare a meno di ripensare a ciò che aveva detto Taehyung prima.

Cosce grosse. Il solo pensiero fu sufficiente a farmi quasi cambiare in una tuta e non uscire affatto. Temevo di non poter sopportare ancora una volta la sua presenza, vederlo circondato da alcol e musica, in attesa di sentire quali parole avrebbero fluidamente abbandonato le sue labbra. La sua voce era profonda e seducente, morbida come la seta che fasciava il mio busto.

I polpastrelli scivolarono lungo il mio petto nudo, esposto dai tre bottoni slacciati, la pelle era calda contro le dita, mentre lui si impossessava della mia mente. Qualsiasi altro pensiero venne eliminato in pochi secondi non appena l'immagine dei suoi occhi luminosi e della sua pelle dorata prese il sopravvento.

Improvvisamente feci una smorfia. «Ma che cazzo.» Pensai fossi impazzito, a lasciar introdurre nella mia mente quei pensieri su Taehyung, su un estraneo.

Forse fu dovuto al mio bisogno di vomitare, ma mi diressi nel bagno collegato alla mia stanza e mi poggiai contro il lavandino. Era lì, appeso al muro, l'unico amico che mi diceva sempre la verità e non mi abbandonava mai. Lucente e liscio, distrutto dal mio riflesso che ne invadeva il vetro. Non riuscii a sopportare quella vista per un momento di più, e aprii l'anta dello specchio per trovarmi davanti gli occhi le file di colore arancione chiaro sistemate in ordine alfabetico.

Non avevo un bicchiere d'acqua a portata di mano, ma non ne avevo comunque più bisogno, il dolore secco nella gola dopo averle ingoiate era quasi confortante.

«Cazzo.» Mormorai nel sentire ancora la vibrazione del mio cellulare. Probabilmente questa sarebbe stata la volta più veloce in cui avrei bloccato il numero di qualcuno.

WALLFLOWER  [TRADUZIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora