dodici.

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"The dark might be dark,
but at least we don't have to look at
ourselves when we're standing in it."
- Craig D. Lounsbrouhg

Jungkook POV

Trascorrere le giornate nascosto dal mondo e intrappolato all'interno della propria casa significava arrivare a dimenticare quale parte del giorno fosse e cosa si provasse nell'indossare vestiti diversi dal pigiama.

Era più o meno mezzanotte, forse anche più tardi, ed ero seduto sul pavimento del mio soggiorno con addosso nient'altro che dei boxer attillati. Per un momento avevo pensato che fosse il caso di chiudere a chiave la porta d'ingresso, ma la posizione che avevo trovato da qualche ora era troppo comoda. Mi si era addormentato il sedere da un po' di tempo, gli occhi mi bruciavano per aver letto troppo.

Lasciai cadere il libro al mio fianco, accanto all'altra pila di tre libri che non sembravano interessarmi quella sera. Nemmeno nelle notti precedenti avevano svolto il loro solito compito.

Ogni parte del mio corpo era dolorante perché necessitava di un po' riposo, ogni parte tranne la mente. L'ultima volta che ero uscito dal mio appartamento era stato tre giorni fa, non mi ero nemmeno più preoccupato dei turni allo studio o di andare in palestra.

Erano passati tre giorni dall'ultima volta che avevo visto Taehyung e uno soltanto dall'ultima volta che aveva provato a contattarmi. Il mio cellulare era pieno di chiamate perse e messaggi, alcuni di scuse e altri di inviti a incontrarci e farci un giro. Nessuno di questi ottenne risposta né venne visualizzato.

Una parte di me voleva chiamarlo, sentire la sua voce profonda fare eco nella mia mente mentre fuoriusciva dal cellulare. Ma un'altra parte di me bruciava di rabbia, le sue parole dettate dalla collera e dall'imbarazzo mentre perdeva il controllo, senza degnarsi di rendersi conto che tirare in ballo i miei problemi fosse un po' troppo.. le avvertivo ancora come delle pugnalate immotivate. Ma cosa ne poteva sapere? Non sapeva nulla delle mie medicine e del mio passato.

Era sempre la stessa storia. A nessuno importava mai di sapere il perché.

Non era del tutto colpa sua, lo sapevo. L'esigenza di parlargli era stata sopraffatta dal mio stesso imbarazzo e dalla vergogna che provavo per ciò che Taehyung aveva citato per sbaglio. Perché anche se lui non era a conoscenza della vera forza di cui erano pregne le sue parole, io invece lo ero. E sapevo che sarebbe arrivato il momento in cui avrebbe scoperto tutto.

Mi spaventava pensare all'eventuale situazione in cui Taehyung fosse venuto a conoscenza del mio passato, domandarmi cosa avrebbe potuto pensare non mi lasciava dormire la notte e apriva le porte a tutti quei cattivi ricordi che s'intrufolavano lentamente nella mia mente già danneggiata. Dita ossute e tentacoli freddi appartenenti ai mostri che cancellavano il mio passato solo per prenderne il posto, rimanendo ancora nella mia testa, soffocati soltanto grazie alle piccole pillole all'interno del mio zaino.

Ma quelle pillole erano rimaste silenziose nel mio zaino per tre giorni.

Nonostante mi aiutassero a reprimere quella tristezza paralizzante e soffocante, quelle medicine avevano anche un altro effetto su di me: mi danneggiavano la mente. Mi sentivo controllato e alla mercé di qualcos'altro, solo che questa volta la differenza stava nel fatto che si trattava di mostri tossici. Ero controllato da un prodotto che veniva dato agli psicopatici.

Volevo essere io quello ad avere il controllo, volevo essere in grado di prendere decisioni da solo e sentirmi nuovamente indipendente. Per questo avevo saltato alcune dosi.

Nemmeno gli incubi mi erano d'aiuto, anzi mi convincevano solo a tenere i medicinali chiuso col coperchio. Quei ricordi passati, che avevano terrorizzato la mia mente durante le notti precedenti, mi avevano tenuto sveglio senza concedermi un minimo di riposo. E non avrei dovuto prendere quelle medicine che mi intorpidivano e mi inducevano a dormire?

Jimin ne sarebbe rimasto deluso. Mi passai le dita tra le ciocche dei capelli mentre pensavo a ciò. Con la testa poggiata contro il divano, ad occhi chiusi e denti stretti, pensavo che non volevo avere nulla a che fare con un Jimin triste.

E se non l'avesse mai saputo?

E se Taehyung non l'avesse mai saputo?

Forse le cose sarebbero andate meglio, forse sarebbero ritornate alla normalità. Così come lo erano durante il liceo, quando non combattevo contro me stesso, ma piuttosto mi godevo il tempo libero in compagnia del mio migliore amico e scopavo con gente a caso creando casini. Quando ancora non venivo bocciato al college, non avevo un disperato bisogno di soldi, non mi lasciavo abbindolare da amici con dolci promesse di soldi, sesso e droga. Quando non stavo ancora precipitando in un pozzo di oscurità.

Ma nell'oscurità non riuscivo mai a vedere me stesso. Questo era ciò che più mi aveva attirato all'inizio.

E a quel punto era intervenuto Jimin. Cominciai a pensare a lui mentre riportavo alla mente il modo in cui mi aveva tirato fuori da quella spirale di disperazione. Mi aveva regalato dolci sorrisi e parole incoraggianti per tutto il tempo in cui mi aveva dato l'aiuto di cui avevo bisogno.

Ma nonostante ciò, ci ripensai una seconda volta.

Con il piede feci cadere il flacone sul tavolino, la bottiglietta arancione rotolò mettendo in mostra il colore nero del pennarello scarabocchiato sul nome di chiunque fosse il vero proprietario di quelle medicine.

Il bruciore alla gola era ancora presente per aver ingoiato alcune di quelle pillole senza acqua.

Non avrei avuto incubi quella notte, d'altronde non puoi averne se non riesci a dormire.

Sospirai pesantemente, avvertendo subito mani e gambe tremare quando mi costrinsi a mettermi in piedi. Magari avrei speso un po' di tempo a tentare di mangiare qualcosa per la prima volta quel giorno. Afferrai il flacone di medicine e le riportai in bagno, assicurandomi di nasconderle in mezzo a tutte le altre che non erano state prescritte a me. Le altre non erano mai state toccate. E mai lo sarebbero state.

Ultimamente avevo preso solo delle medicine per obbligarmi a rimanere sveglio fin quando non avessi trovato un altro modo per liberarmi di quegli incubi, poi le avrei messe da parte una volta per tutte e sarei ritornato a seguire le mie normali prescrizioni. Sarebbe andato tutto bene.

Ciò che non andava bene era la mia improvvisa necessità di sentire la sua voce. Quel tono profondo e roco capace di mandarmi mille brividi lungo la spina dorsale con un semplice saluto. Il nome di Taehyung s'illuminò sotto il mio pollice mentre mi poggiavo contro il bancone della cucina. Quest'ultimo era freddo contro il mio stomaco nudo, ma riuscivo ad avvertirlo a stento a causa del mio petto che si sollevava velocemente e con trepidazione.

Non sapevo che cosa gli avrei detto. Tutto ciò che sapevo era che avevo bisogno di sentire solo e soltanto la sua voce. Il legame che era nato con quel ragazzo aveva continuato a crescere man mano che trascorrevo dei giorni lontano da lui, quell'isolamento totale con me stesso aveva messo in risalto il mio desiderio di avere quel ragazzo che sembrava imbarazzato dall'eventualità che le persone potessero pensare che non fosse etero. Stavo andando dietro un ragazzo con il quale probabilmente non avevo alcuna possibilità e non faceva altro che incrementare la confusione che avevo già in mente.

Tuttavia, il mio dito premette comunque il suo nome e aspettai una risposta. Non sapevo cosa aspettarmi, ma di sicuro non ero pronto ad essere indirizzato direttamente alla segreteria telefonica dopo un paio di squilli.

I miei denti affondarono nel labbro inferiore e lanciai il telefono nel cassetto delle stoviglie per evitare di rendermi ridicolo e chiamarlo di nuovo. Abbandonai la cucina solo per impegnare le mie mani con un libro e trascinare il mio corpo quasi del tutto nudo sul balcone, esponendo un po' troppa pelle all'aria fredda mentre mi sedevo per trascorrere le prossime ore a leggere un romanzo e ridere mentalmente per la stupidità del protagonista.

WALLFLOWER  [TRADUZIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora