ventuno.

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"A nervous
silence loosens tongues."
- Jacqueline Carey

Taehyung POV

Quelle parole sembravano guardarmi di rimando mentre il mio pollice sfiorava lo schermo, innumerevoli pensieri mi attraversarono la mente in quegli istanti mentre cercavo di pensare a quale avrebbe potuto essere l'eventuale risultato di ciò.

Parla con Jungkook delle sue medicine. Il messaggio era già stato composto, era stata la prima cosa che avevo fatto dopo che il ragazzo appena menzionato aveva aperto la porta del suo appartamento. E il nome di Jimin si trovava proprio nella parte superiore del mio schermo, in attesa che il messaggio venisse inviato, ma non mi veniva in mente nessun modo decente per dirgli che sospettavo che qualcosa non stesse andando per il verso giusto.

Jimin si sarebbe preoccupato troppo, alla fine voleva solo stare con lui ed eliminare ogni possibilità che il suo amico potesse uscirne ferito. Ciò includeva anche ammettere che non fosse malato, perché quel povero ragazzo è troppo dolce per poter provare sensi di colpa. E con ogni probabilità io sarei risultato il cattivo ragazzo, anche se a dirlo a Jimin in primo luogo sarei stato io.

Quindi il telefono finì nella mia tasca l'istante successivo, nessun messaggio era stato mandato e nessuna risposta ricevuta.

Si udì solo il suono di Jungkook che abbandonava lo zaino sul pavimento e della sua schiena che si scontrava con i cuscini del divano subito dopo, seguito da un pesante gemito a causa dell'impatto. «Sono sazio per i prossimi quattro mesi.»

Annuii per concordare con lui e camminai verso il suo piccolo salotto, togliendomi le scarpe durante il tragitto e lasciandole da qualche parte nel mezzo della stanza.

Jungkook guardò prima le scarpe e poi me. «È così che ti comporti quando ti invito a casa mia?» Se non fosse stato per quella sottile scintilla di divertimento in quei suoi occhi da cerbiatto, avrei potuto pensare che fosse sinceramente infastidito.

Annuii. «Adesso spostati.» Gli colpii la coscia con il ginocchio, desiderando che mi facesse un po' di spazio sul divano, ma non avevo particolarmente voglia di aspettare. Difatti mi distesi comunque per metà su un Jungkook che continuava a lamentarsi, poggiai comodamente la testa sulla sua spalla, una mano pendeva dal divano e l'altra avvolgeva pigramente il suo petto. «Quanto hai mangiato, maiale?» Jungkook sbuffò offeso sotto di me, sorreggendo il mio mento sul suo petto così che potessi guardarlo.

Sorrisi e gli spostai i capelli dalla fronte, sistemandogli una ciocca dietro l'orecchio. «Non dovresti ringraziarmi per aver pagato?» Inclinai il capo lateralmente, fermando i movimenti delle mie dita tra le sue ciocche. «Non fare lo stronzo irrispettoso.»

La sua testardaggine si rese evidente per l'ennesima volta, accompagnata da quell'insistente bisogno di fare in modo che ogni cosa diventasse una competizione.

«La prossima volta ti porto in un posto molto più elegante e offro io.» Fantasticò. «In una sala giochi con gettoni illimitati oppure a quella lezione di ceramica con il karaoke.»

Mormorai come conferma, spostando il mio capo indietro così che riposasse sulla sua spalla, mentre gli poggiai la mano sul petto. Jungkook continuava a parlare di qualsiasi idea gli venisse in mente e io a stento riuscivo a stargli dietro. Quella frenetica accozzaglia di possibilità fu una buona distrazione da ciò che avevo in testa prima, ma fu anche un promemoria nascosto.

«Ehi, Kook.» Il ragazzo dai capelli neri si ammutolì non appena parlai. «Anche rimanere a casa a fare qualcosa di semplice sarebbe comunque carino.»

Ci fu un momento di silenzio e purtroppo non potevo vedere il suo viso per tentare di immaginare a cosa stesse pensando.

Solo quando rispose, si udì soltanto la sua bassa voce in quell'appartamento silenzioso. «Suppongo di sì.»

Rimanemmo in quella posizione e in un rilassante silenzio per alcuni minuti, nessuno dei due aveva voglia di parlare perché entrambi troppo immersi in quella piacevole tranquillità e comodità. Era come se di quell'abbraccio tanto desiderato ne avessimo davvero bisogno.

La vita è una bilancia. Un lato pende verso il bene, mentre l'altro pende verso il male, ma prima o poi ogni cosa trova il suo equilibro e migliora, trovando un punto d'incontro al centro. Ma per poterle rendere migliori, le cose dovevano prima cadere nella parte sbagliata. E questo era ciò che accadeva solitamente quando decidevo di aprire la bocca.

«Quindi, per quanto riguardo quello che è successo al locale-»

Jungkook non mi diede il tempo di finire, la sua mente brillante lavorava sempre velocemente e non era stata per niente toccata dall'argomento della conversazione che avevo appena intavolato. «I panini? Sì, non mi hanno deluso, avevano il sapore della perfezione meravigliosamente incastrata tra due fette di pane.»

Dal suo tono di voce sembrava stare bene - o meglio, era come se stesse cercando di stare bene. Ma riuscivo ad avvertire il suo braccio irrigidirsi sulla mia spalla, le sue dita non tracciavano più disegni a caso tra le mie scapole. Non avevo realizzato che il suo tocco mi facesse rabbrividire e aumentasse la velocità dei miei battiti finché non si fermò, sentii il freddo dovuto a quell'assenza.

«No, non mi stavo riferendo a questo.» Dissi. Non era il momento adatto per fare i carini e rilassarci. Ma lui di sicuro non aveva intenzione di afferrare quel messaggio.

Jungkook si spostò sul divano e anch'io mi sollevai, mettendomi seduto. Lui fece lo stesso, poggiando la schiena contro i cuscini del divano, rivolgendomi immediatamente uno sguardo attento. Sul suo viso vi era un sottile sorriso che mi metteva a disagio, soprattutto perché mi aspettavo che si comportasse in maniera fredda così come aveva fatto al locale.

«Non hai preso le medicine.» Affermai con chiarezza.

Jungkook annuì alle mie parole, i suoi occhi non avevano lasciato i miei e la sua espressione era determinata. Non si sforzò di rispondere verbalmente e non riuscii a trattenere il sospiro che mi pregava di essere rilasciato. «Quindi perché non le hai prese?»

Era lì, impercettibile ma comunque evidente, la sua mandibola contratta mentre pensava ad alcune scuse di merda da potermi rifilare per ingannarmi.

Piuttosto che parlare, afferrò la mia mano, il suo indice cominciò a tracciarne il dorso, muovendosi attentamente sopra ogni nocca e delineando il contorno dei pochi anelli che indossavo. Guardai i suoi movimenti, quel gesto era dolce e delicato in un certo senso, esattamente così come lo era la sua voce. «Stavo passando una buona giornata, non ne sentivo il bisogno.»

«Non è così che funziona, piccolo.» Gli sorrisi dolcemente, questa volta la mia mano afferrò la sua e la strinsi leggermente. Jungkook sollevò lo sguardo verso di me e il divertimento di prima adesso era scomparso, fece semplicemente un'alzata di spalle. «Prendile d'ora in poi, va bene?» Aggiunsi.

Le sue ciocche scure rimbalzarono insieme al movimento della sua testa che annuiva, un sorriso affettuoso rimase sulle mie labbra. Quando Jungkook diventava silenzioso e quasi timido, sembrava improvvisamente molto più piccolo. Ma quella timidezza non durò a lungo, perché non appena aprii bocca per fargli un'altra domanda, tutto ciò che fece fu scuotere il capo e premere le labbra sulle mie.

Mi sorpresi per quel bacio che mi aveva preso alla sprovvista, mi ci volle solo un secondo per ricambiarlo e lasciar scorrere la punta della lingua sul suo labbro inferiore. Quei due pezzi rosa di carne si sollevarono in un sorriso e Jungkook si allontanò con un ghigno. «Sei così facile da zittire.»

Avvertii le guance riscaldarsi ed ero sicuro che persino le punte delle orecchie mi si fossero colorate di rosa. La mia mano lasciò la sua solo per poterlo spintonare un po', mentre lui rideva al mio imbarazzo. «Stai zitto, moccioso.»

E da quel momento in poi ci ritrovammo a ridere e sorridere, parlando di cose stupide a caso che non erano per niente importanti ma che in quel momento avevano un gran significato. Ogni argomento rivelava qualcosa sull'altro. Ero stato rapito da quel ragazzo dall'apparenza meravigliosa senza nemmeno rendermi conto della perfezione con cui riusciva a manipolare le situazioni per avvantaggiare se stesso. Una caratteristica che entrambi avevamo dimostrato di possedere.

WALLFLOWER  [TRADUZIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora