ventiquattro.

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"Your hand touching mine.
This is how galaxies collide."
- Sanober Khan

Taehyung POV

Era una giornata così silenziosa. Nessuno rispondeva ai miei messaggi, fatta eccezione per mia sorella che continuava ad assicurarsi che non mi fossi dimenticato che giorno fosse e a ricordarmi quando mi sarei dovuto far trovare in quale posto a quale ora.

Jimin aveva deciso di non dare segni di vita quel giorno, scomparendo sotto le lenzuola del suo letto con Yoongi e il suo post-sbornia, a mangiare minestre e ascoltare la sua playlist di gruppi femminili.

E Jungkook non aveva ancora risposto a nessuno dei miei messaggi. Né era ritornato a casa.

Era mezzogiorno quando me n'ero andato dal suo appartamento e, otto ore dopo, stavo ancora controllando il cellulare. Il sole era tramontato e lo stomaco mi brontolava, bisognoso di ricevere qualsiasi cosa dopo quella patetica cena di famiglia. I ristoranti costosi servivano minuscole porzioni di cibo insipido, una triste scusa per mangiare dei pasti coreani, e non riuscivo a capire come mia madre e mia sorella avessero scelto quel ristorante per offrire il catering al matrimonio.

Continuavo a pensare a quell'assortimento di insalate salutari e carne asciutta mentre cercavo qualcosa da mangiare nel mio frigorifero. Chi mangerebbe una ciotola di lattuga quando ci si può gustare un kebab piccante o quelle fette di tofu glassate che Jungkook aveva preparato una volta? Jungkook.

Com'era possibile che s'intrufolava sempre nella mia mente a prescindere dall'argomento?

Scossi il capo per liberarmi di quel pensiero, afferrai il mio pasto già pronto e mi trascinai verso il salone nel tentativo di lasciare che le personalità della televisione sovrastassero la mia.

C'era un documentario sugli uccelli. Era troppo istruttivo, ma non cambiai canale solo perché avevano dei bei colori. Continuai così fin quando, un'ora dopo, non sentii bussare alla mia porta d'ingresso.

Avevo già consumato la mia cena e, verso mezzanotte, avevo lasciato i miei pantaloni sul pavimento vicino al divano. Se avessi potuto sapere in anticipo chi avesse appena bussato, magari li avrei tenuti addosso un po' più a lungo. Non mi aspettavo di vedere il ragazzo costantemente tra i miei pensieri dall'altro lato della porta del mio appartamento all'una di notte. «Jungkook?»

Il ragazzo dai capelli neri appena menzionato era in piedi davanti il mio appartamento con un piccolo sorriso in viso, gli occhi gli brillavano. Aveva il solito zaino su una spalla, mentre dall'altra mano pendeva una busta della spesa. «Taehyung.»

«Che ci fai qui?» Domandai.

Gli occhi di Jungkook si abbassarono ovviamente verso le mie gambe coperte solo dai boxer, prima di guardarmi con un sorriso ancora più ampio. «Ho organizzato una cosa per noi, in rispetto della tua...» Si bloccò, cercando le parole giuste. «Paura dell'occhio umano?»

Assottigliai lo sguardo e mi allontanai dalla porta, lasciandola aperta così che potesse entrare. «Non ho paura delle persone, stronzo.»

«Solo di quello che pensano.» Rispose a tono, rimanendo alla porta e con le scarpe ancora addosso. «Adesso andiamo, lumacone.»

Gli feci un gesto con la mano, piegandomi per afferrare i jeans e indossarli, una gamba alla volta. «Dammi un minuto, a meno che tu non voglia farmi uscire svestito.»

Jungkook stava ancora sorridendo quando mi voltai nuovamente, il divertimento era chiaramente stampato in quegli occhi marroni. «Non è che mi dispiacerebbe.»

Roteai gli occhi in risposta, prima di afferrare il mio berretto marrone e indossarlo nel tentativo di tenere lontano il freddo. Dopodiché, ci ritrovammo fuori.

WALLFLOWER  [TRADUZIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora