quattordici.

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"Poets are damned...
but see with the eyes of angels."
- Allen Ginsberg

Taehyung POV

Ogni quattro passi calciavo un sassolino sul marciapiede. Ogni passo simboleggiava i giorni trascorsi dall'ultima volta che avevo visto Jungkook, l'unico ragazzo nella mia mente.

Il cellulare continuava a vibrare ad ogni messaggio da parte del futuro marito di mia sorella, quell'uomo snob e fastidioso probabilmente si stava chiedendo per quale motivo non fossi ancora lì. In realtà stavo camminando lentamente di proposito.

Non mi sentivo davvero dell'umore adatto per andare in una casa tanto elegante da poter essere considerata una villa e parlare con un gruppo di ricchi ubriachi che non facevano altro che mettere a confronto la capacità dei loro conti bancari. Nonostante ciò, continuai a camminare finché il marciapiede non cominciò a vibrare per via del suono del basso della canzone e il cemento non venne illuminato da neon rosa, blu, viola e bianchi.

Le persone erano riunite in gruppetti sia nel giardino che nelle scale che conducevano alla porta d'ingresso. Alcuni, nei loro completi eleganti, sembravano più maturi rispetto ad altri, mentre alcuni, con due bicchieri in mano e piegati in due per vomitare, sembravano più giovani rispetto alla loro età.

Continuai a tenere le mani in tasca mentre salivo le scale, ignorando chiunque accanto a me per avvicinarmi alla porta d'ingresso della casa, solo per essere accolto da altre persone che ballavano e l'odore di alcol nell'aria, il che mi fece storcere il naso.

Somigliavano a un gruppo disordinato di api. La gente era distribuita a cerchio e si muoveva troppo velocemente rispetto alla musica, ma erano lenti al tempo stesso. Sentivo le tempie pulsare e un futuro mal di testa era inevitabile.

Non mi preoccupai di andare a cercare il fidanzato di mia sorella, dato che era stato lui ad organizzare questa festa stava sicuramente parlando con tutti gli invitati così che nessuno ne rimanesse deluso. Nella mia mente riuscivo a sentire la voce di mia madre che mi rimproverava per non aver salutato il padrone di casa per primo, ma questa non era per niente una di quelle feste in cui le buone maniere sembravano contare qualcosa.

Le facce che incontrai mentre mi dirigevo verso il retro della casa mi erano tutte familiari, alcune più di altre, ma erano tutte uguali. Si trattava di persone che avevo già visto in quei grossi edifici d'affari più lontani dalla città, oppure in altre feste esclusive. Le persone troppo piene di sé e interessate solo ai soldi non erano la tipologia di gente che normalmente avrei frequentato.

Chiunque avrebbe detto che questi uomini dovevano essere più raffinati di così. Ma questa sera tutto sembrava girare intorno all'alcol e al sesso, dato che erano questi due gli odori che si espandevano nell'aria, mischiati alla puzza di sudore.

Il bar della casa era un bancone in vetro, totalmente trasparente e riempito di bottiglie dai colori vari che si abbinavano alle luci al neon che lampeggiavano ovunque. L'uomo che lavorava dietro il bancone mi diede un bicchiere, che svuotai senza pensarci due volte, avvertendo subito quel liquido bruciarmi nella gola e mandarmi mille brividi lungo la spina dorsale.

I miei occhi cominciarono ad analizzare la folla, quei corpi schiacciati tra di loro mentre ballavano disordinatamente e quelli che avevano deciso di ballare sui tavoli come donne in vetrina in uno strip club. Ma uno strip club più borghese, senza banconote ed eyeliner economici.

A un certo punto, afferrai un altro bicchiere riempito di un liquido chiaro e mi feci strada attraverso la folla, in cerca di una stanza in cui ci fosse un po' meno gente.

Sentivo urla e festeggiamenti provenire dalle scale e dall'enorme ingresso che conduceva dalla porta principale al salone. Un lungo corridoio con il pavimento in marmo separava le due rampe di scale che conducevano, da entrambi i lati, al secondo piano. C'era un gioco in corso e tutti erano estremamente eccitati. Tranne me.

WALLFLOWER  [TRADUZIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora