cinquantuno.

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"In the mind of my parents,
they are the victims; I am the abuser."
- Christina Enevoldsen

Taehyung POV

La sensazione era simile a un pugno ghiacciato che ti afferrava il cuore, strizzandolo periodicamente per farti sapere della sua presenza, per ricordarti che non fosse un sogno. Teneva quello sguardo freddo di disapprovazione su di me nonostante non avessi fatto nulla di sbagliato, ma semplicemente non avevo fatto ciò che ci si aspettava da me.

Questo era ciò che si provava quando si incontrava mia madre. Tutto di lei urlava insoddisfazione mentre mi guardava e sicuramente criticava quello che stavo indossando e il modo in cui i miei capelli erano sistemati. A malapena ero riuscito a notare mio padre dietro la presenza dominante di mia madre.

«Avrei solo voluto comprare abbastanza ingredienti per altri due piatti per cena.» Dissi. Il mio cervello correva alla ricerca delle parole che avrebbero fatto felice mia madre ad ogni risposta.

Prese uno sgabello dal bancone da colazione e si sedette. Potevo vedere i suoi occhi guardare i suoi movimenti, ispezionando il modo in cui tagliava le verdure sul tagliere in legno dopo che Jimin le aveva sciacquate sotto il lavandino. Non sfuggì il modo in cui il suo sguardo tracciò il suo corpo per intero, rivolgendogli non un'occhiata provocante ma una di totale scontentezza. I vari piercing al suo orecchio e gli strappi dei suoi jeans - che mettevano in mostra quella pelle che nessuno avrebbe dovuto vedere - erano ovviamente motivo di disapprovazione per quella donna. Il suo era uno sguardo giudicatorio. E odiavo il modo in cui stava guardando Jungkook.

«Ho già visto Jimin altre volte.» Cominciò, e io avvertii quel pugno stringersi. «Chi è lui?»

Jungkook sembrava consapevole di ciò che stava accadendo, sicuramente stava ascoltando, dato che i suoi movimenti esitarono per un misero secondo quando mia madre parlò. Sapeva che si stesse riferendo a lui e sperai che non se la fosse presa per non aver mai parlato di noi ai miei genitori.

Respirare cominciò a sembrarmi difficile.

«È un nostro amico, li ho fatti conoscere io.» Jimin si intromise, aveva una terza busta di ramen aperta e pronta da versare nella pentola con l'acqua bollente.

Mi madre gli rivolse un'occhiata pungente. «Non può parlare per sé?»

La gola mi si era seccata e la mente mi stava urlando di dirglielo, di parlare e non rimanere pietrificato in silenzio. Ma ogni sguardo che rivolgevo a quella persona a cui dovrebbe importare di me mi faceva venire in mente quei giorni trascorsi in quelle stanze squallide, con uno sconosciuto a farmi domande per cercare di capire cosa ci fosse di sbagliato in me.

E invece guardai lui. Vidi il modo in cui aveva spinto le verdure dentro una ciotola con dell'olio d'oliva e delle spezie per insaporirle, i suoi movimenti un po' troppo aggressivi per cucinare e la contrazione del muscolo nella sua guancia per aver serrato ulteriormente la mascella era evidente.

«È buono il fatto che Taehyung abbia trovato degli amici.» Disse mia madre, dato che nessuno si era deciso a parlare. Mio padre era accanto a lei e sapeva bene che fosse meglio non dire niente per primi.

«In realtà.» Fu Jungkook a parlare, infilandosi un pezzo di carota in bocca e sollevando lo sguardo con un sorriso pericoloso rivolto a mia madre. La sua espressione cambiò quando guardò verso di me con quegli occhi marroni e quelle labbra morbide che conoscevo molto bene. «È molto più di quello, signora Kim.»

Ridacchiò lievemente quando parlò e avvertii lo stomaco contorcersi, non fui sicuro se per il nervosismo o per il fatto che adorassi quel suono.

Mia madre inarcò le sopracciglia e accavallò le gambe. «Perché dici così?»

WALLFLOWER  [TRADUZIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora