quarantasei.

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"I would rather walk
with a friend in the dark,
than alone in the light."
- Helen Keller

Jungkook POV

Mi ritrovavo spesso a riflettere, a quanto pare ultimamente con ancora più frequenza grazie alla possibilità di aver fatto più esperienza di una mente chiara, libera dagli effetti confusionari delle droghe che danzavano nella mia testa.

Durante quei momenti di riflessione mi domandavo cosa pensassero le persone quando si chiedono sinceramente chi nella loro vita abbia la maggiore importanza. La risposta più ovvia sarebbe il marito, la moglie, il fidanzato o la fidanzata, perché si dovrebbe amare queste persone in una maniera che con gli altri dovrebbe essere impossibile. Quello era il loro vero amore, quelle persone dovrebbero avere più importanza in assoluto per qualcuno.

Ma quando ci fanno questa domanda possiamo renderci conto che le persone più importanti sono quelle che, anziché limitarsi a darci buoni consigli, soluzioni o cure, decidono di condividere il dolore che proviamo e toccare delicatamente le nostre ferite con mano dolce e amorevole.

Si tratta di quegli amici in grado di rimanere seduti in silenzio senza proferire alcuna parola, mentre noi ci troviamo in un momento di disperazione e confusione nel cercare di porre una fine a tutto ciò. Rimangono seduti con noi per un'ora, due ore, tre ore o più, senza dare molta importanza alla durata di questo periodo di tristezza, ma sono comunque capaci di sopportare senza sapere, senza curare e senza guarire. Rimangono seduti in silenzio e ci fanno capire quanto ci si possa sentire impotenti a volte. Questi sono gli amici che ci tengono davvero. E questo era l'amico che aveva la maggiore importanza nella mia vita.

Il mio migliore amico era più di qualunque altra persone potessi desiderare, il suono rilassante del suo canto dolce nel mio orecchio accompagnava la confortevole sensazione della sua mano che mi accarezzava la schiena. «Shh, va tutto bene, Kookie. » Sussurrò di nuovo. «Lo abbiamo già fatto una volta. Sei forte, so che puoi farlo di nuovo.» Jimin parlò a bassa voce.

Eravamo distesi insieme già da un paio d'ore dopo esserci incontrati al bar. Taehyung se ne era dovuto andare per sbrigare del lavoro, quindi Jimin aveva dovuto riaccompagnarmi a casa. Forse ciò aveva scatenato qualcosa, perché guardare Taehyung andarsene di nuovo mi aveva messo lo stomaco sottosopra. Dopo essere entrato nel mio appartamento, mi ero immediatamente fiondato verso il mio comodino per aprire il cassetto, solo per poi passarmi le mani tra i capelli in segno di frustrazione dopo aver realizzato che Yoongi aveva eliminato tutti i miei modi per sfogarmi.

La colazione di prima aveva deciso di non rimanere nel mio stomaco e le mie ginocchia si erano ritrovate sul pavimento freddo del bagno l'istante dopo, seguito dall'entrata di Jimin e dalla sua mano che mi accarezzava la schiena.

Non disse nulla. Mi allungò semplicemente un pezzo di carta igienica quando finii e mi ripulii la bocca.

Era successo un paio di ore fa. Eravamo rimasti a letto a parlare, lui giocava con le mie mani ed io cercavo di ignorare il mal di testa che stava per nascere. Tutto ciò era troppo familiare, ci eravamo già passati prima. Quindi quale era il problema?

Non volevo piangere, ma mi sentivo disperato. Il bisogno era così forte e non pensavo di poter gestire l'astinenza. I sintomi erano durati quasi tre mesi l'anno scorso. Adesso erano passate tre settimane e mi sentivo come se stessi per cadere nuovamente in quella spirale. Volevo che Tae ritornasse. Dovetti ricordarmi che non se n'era andato questa volta, ma che aveva solo da lavorare.

Probabilmente Jimin sapeva che fossi turbato, ma rimase in silenzio a consolarmi con piccoli tocchi e canticchiando dolcemente, cullandomi fino a farmi addormentare. Era davvero piacevole poter dormire dopo tante notti in cui non ero stato in grado di chiudere occhio.

Fu il tremolio a svegliarmi. Speravo di poterlo superare dormendo, ma nemmeno il mal di testa era d'aiuto. Jimin teneva ancora le braccia intorno a me e mi stringeva contro il suo petto. Lo sentii spostarmi i capelli dalla fronte sudata. «Mi dispiace, Kook.» Sussurrò delicatamente, la sua voce s'incrinò leggermente e aumentò la presa sulle mie spalle.

Era semplicemente qualcosa che dovevo sopportare. Non c'era alcuna cura se non resistere e cercare di non cedere. Il sonno prese il sopravvento sul mio corpo e mi svegliai solo un po' di tempo dopo, il sole era calato e il letto era vuoto.

Il panico cominciò a crescere nel mio petto alla vista della solitudine della mia stanza, ma il mio migliore amico entrò proprio in quel momento, una nuova maglia e un nuovo paio di pantaloni del pigiama addosso. «Sudi tantissimo mentre dormi, maiale.» Jimin sorrise mostrando i denti e i suoi occhi scomparvero.

Probabilmente era ancora troppo presto per fare una battuta del genere, ma solo a lui era concesso farle. Mi ricordai di quando una volta, l'anno scorso, qualcuno allo studio aveva scoperto del mio abuso di sostanze e pensava di avere il diritto di fare delle battute al riguardo, come ad esempio dirmi di pulirmi il naso. Jimin gli aveva dato un pugno in pieno viso subito dopo e sembrava soddisfatto nel vedere il sangue uscire dal suo naso. "Puliscitelo tu il naso", gli aveva detto.

Jimin era salito nuovamente sul letto e si era seduto a gambe incrociate, un cuscino sulle cosce. Giocava con un filo che fuoriusciva dai vestiti e si stringeva il labbro inferiore tra i denti. Ci fu un momento di silenzio prima che parlò. «Pensi di avere bisogno di un aiuto reale questa volta?» Fu piuttosto diretto.

Sgranai gli occhi leggermente e sbattei le palpebre un paio di volte, non sapevo davvero come rispondere. «Tipo cosa? Una disintossicazione?»

Jimin scrollò semplicemente le spalle, ma non mi sfuggì il cenno del suo capo. Le mie guance probabilmente divennero rosa per l'imbarazzo e sentii le orecchie surriscaldarsi. «Jimin, non sono un tossicodipendente.» Anche il mio petto si scaldò in difesa, ma dovetti ricordarmi che stava cercando di aiutarmi, non accusarmi.

«Ascolta, lo so.» Sospirò. «Ma sappiamo che è stata la depressione a spingerti a fare uso di droga.»

«In realtà è stata la borsa di studio di danza.» Lo corressi. Se avevamo intenzione di scavare nel mio passato incasinato, allora lo avremmo dovuto fare bene.

Il mio migliore amico roteò gli occhi. «Okay, come vuoi. Quello che voglio dire è che la depressione non aiuta. Hai fatto un po' di casini con la droga, okay. Ma mi preoccupa il fatto che tu possa ritornare in quel modo.»

Mi poggiai contro i cuscini e osservai il soffitto. Aveva ragione, ma al tempo stesso no. «Mia mamma mi ha fatto prescrivere delle nuove medicine, dovrebbero aiutare. Anche Yoongi mi ha aiutato.» Dissi.

Il ragazzo più grande sembrò sorpreso. «Beh, non lo sapevo, ma che mi dici della tua terapista? Hai smesso di vederla quasi subito.»

«Perché era uno spreco di soldi.» Risposi.

L'irritazione era evidente nell'espressione di Jimin e riuscii a notarla anche nella sua voce. «E se dovesse succedere qualcosa? E se qualcosa ti facesse stare di nuovo male e non riuscissi più a prendere le giuste decisioni? E se Taehyung se ne andasse-»

Stava esagerando. Troncai il suo discorso con uno sguardo severo, la mia mascella si contrasse. «Adesso basta.»

Jimin sospirò nuovamente con un piccolo cipiglio. «Mi dispiace, sono solo preoccupato.» Ammise.

Mi allungai per afferrargli il polso e trascinarlo nuovamente accanto a me. Fu un abbraccio innocente, qualcosa di dolce e confortevole di cui entrambi avevamo bisogno in quel momento. «Lo so e ti voglio bene per questo. Andrà tutto bene.» Lasciai un bacio sulla sua guancia dopo aver parlato, abbracciai i suoi fianchi e rimanemmo a coccolarci fin quando entrambi, caduti in un sonno finalmente pacifico, non cominciammo a russare leggermente.

WALLFLOWER  [TRADUZIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora