trentuno.

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"We live as we dream - alone."
- Joseph Conrad

Taehyung POV

Sembrava la melodia di una danza contro la finestra, la trasparenza del vetro mostrava le nuvole scure e la pioggia che cadeva e che colpiva la finestra in maniera quasi aggressiva. Era come se il cielo si fosse aperto per far cadere pesanti lacrime e piangere con me.

Probabilmente ero rimasto con lo sguardo puntato oltre la finestra per ore, a guardare le gocce di pioggia schiantarsi contro il vetro e scivolare lentamente per pochi minuti.

Pioveva senza sosta da tre giorni di fila, ma ciò non mi aveva mai scoraggiato dal recarmi da lui ancora ed ancora per poterlo vedere. Ma ogni volta avevo trovato la porta aperta e l'appartamento vuoto, ancora disordinato a causa della sua disperazione precedente.

Ogni volta che ero entrato a casa sua ero riuscito a sentire il dolore intriso nell'aria, accompagnato solo da una dose di tristezza e struggimento, ma probabilmente ero io a sentirmi così. Per quanto ne sapevo, magari lui era felice adesso, a divertirsi da qualche altra parte consapevole che non fossi lì con lui a rovinargli il momento.

Volevo solo scusarmi. Non avevo intenzione di pregarlo per qualcosa in più.

Fu questo pensiero a farmi uscire dallo stato di trance e farmi allontanare dalla finestra. Afferrai una felpa e la indossai per coprire il mio petto nudo. Magari oggi sarebbe stato a casa. Erano passati quattro giorni d'altronde.

Decisi di andare a piedi, non sentivo il bisogno di guidare e magari l'aria fresca mi avrebbe aiuto a pensare in maniera adeguata. Non che avessi altri pensieri in mente oltre lui. Nemmeno Jimin era tra le mie preoccupazioni, consapevole che Yoongi fosse ritornato e che fossi stato quasi bandito dal loro appartamento quando aveva trovato Jimin in lacrime. Probabilmente aveva chiamato il suo migliore amico una centinaia di volte, prima che Yoongi lo attirasse in un abbraccio e lo stringesse fin quando non si fosse addormentato.

La donna alla reception dell'ingresso sorrise quando entrai, ma la sua mi sembrò solo pietà. Ma a quel punto io avevo smesso di fermarmi e sorriderle di rimando al mio arrivo, mi faceva sentire ancora più patetico. Piuttosto mi nascondevo nella mia felpa e continuavo a camminare verso le scale. Lei ritornava a svolgere il suo lavoro ogni volta.

Avevo smesso di rimanere ad aspettare un suo ritorno, ogni volta mi sentivo sempre meno invogliato ad aprire la sua porta per controllare. Era diventata un'abitudine ormai, entrare nel suo appartamento e trovarlo lì a guardare i cartoni o mangiare delle merendine, aspettare che notasse la mia presenza e che sorridesse.

Ora mi sentivo sempre più indesiderato. La mia mano sfiorò il pomello della porta, esitai quanto bastava per decidere sul da farsi, prima di bussare semplicemente contro il legno.

Non ci fu alcuna risposta. Non che fu una sorpresa.

Poggiai la fronte contro la superficie liscia, chiusi gli occhi e i miei palmi trovarono posto sui bordi delle porta, "Jungkook, mi dispiace," fu un semplice sospiro.

Ero pazzo? Andare dietro un ragazzo che, chiaramente, non mostrava più alcun interesse nel voler avere a che fare con me? Forse lo ero.

Rimasi a pensarci per qualche istante, ma ovviamente non ebbe alcun effetto. Quando lasciai il suo appartamento caldo per catapultarmi nuovamente nell'aria fredda di Seul, notai che il colore grigio delle nuvole andava di pari passo con quello del mio umore. Mi incamminai in direzione di ciò che mi sembrava un'ipotetica seconda soluzione.

Lo studio era vicino, non troppo lontano dall'appartamento di Jungkook, il che era una buona cosa dato che lui va a piedi ovunque.

Ero appena arrivato davanti la porta d'ingresso quando questa venne aperta dall'interno da un ragazzo apparentemente sorpreso e con occhi sgranati non appena mi notò, "Taehyung, giusto?"

WALLFLOWER  [TRADUZIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora