Reagan aveva ascoltato il consiglio di Will e aveva indossato l'abito blu, si era lavata e arricciata i capelli nella classica acconciatura che da anni caratterizzava il suo viso. Guardandosi allo specchio quasi non si era riconosciuta, abituata a vedersi grigia e invecchiata in quelle stupide tute di flanella. Dopo un tempo che le appariva adesso infinito, si stava di nuovo sentendo donna.
«Amore e passione sono due cose differenti», le disse Ethan quando Reagan finì il riassunto degli ultimi mesi. «Una volta che Vivian avrà partorito si troverà alla situazione di partenza e se ne accorgerà.» Alzò le spalle.
«Sto facendo uno sforzo immane per comportarmi in maniera normale. Sono amareggiata, delusa e per tutto questo tempo mi sono sentita in colpa. Willow ha un'età in cui non puoi raccontarle fandonie, capisce e ha tutto il diritto di farsi una sua opinione in merito.»
«Reagan, non è colpa tua. Ha fatto tutto lui», si affrettò a precisare Ethan.
Lei sospirò rassegnata. «Sono sincera quando dico che la rabbia è il sentimento che è scemato per primo. Pensavo fosse più maturo, certo, ci avrei messo la mano sul fuoco sulla fedeltà di mio marito.» Si fermò un attimo. «Ci siamo sentiti un paio di volte per parlare di Will, lei spesso non gli risponde al telefono e lui usa me per sapere se gliela sto mettendo contro.» Una lacrima traditrice le scivolò sulla guancia. «Conoscevo Vivian, mi sembrava una brava ragazza, pulita, carina. Forse troppo. Insomma non che andare a letto con un uomo sposato faccia di una donna una delinquente, ci sono cose peggiori da accettare e superare nella vita, ma cazzo!, ci frequentavamo! Qualche volta è persino venuta qua a mangiare in pausa pranzo. E nel frattempo si scopava mio marito.» Si accese una sigaretta e aprì la finestra per far uscire il fumo.
«Chiuderti in camera e rinunciare al tuo lavoro non è il miglior modo per reagire, però, questo lo sai vero?»
«Oh, ma quello non centra con Daniel», Reagan sventolò in aria la mano. «La fine del mio matrimonio ha provocato reazioni ben più importanti. Ad ampio raggio, oserei dire. Mi sono sentita messa in discussione come donna», provò a spiegare sperando che suo fratello comprendesse il suo punto di vista. «Mi sembra logico che lui abbia sbagliato ogni singola mossa, ma io non ho la presunzione di eleggermi a santa.»
Ethan provò a interromperla, ma lei subito proseguì. «Mi sono sposata a vent'anni, ero giovanissima forse troppo», riprese. «Ma con una famiglia invadente e caotica come la nostra, lo sai meglio di me quanta aspettativa avessi in quel matrimonio. Mi era sembrata la mia salvezza, la scappatoia più facile verso l'indipendenza. Daniel era oberato di lavoro, io stavo per laurearmi, e subito dopo aver trovato lavoro è arrivata Will e per parecchi anni non ho fatto altro che fare la mamma, mettendo da parte i miei sogni. E più passava il tempo più mi guardavo allo specchio e mi sentivo mia madre, la stessa madre dalla quale ero scappata.»
Ethan annuì. «Poi ci fu quel concorso, e il primo libro pubblicato, e poi tutti gli altri. Ed ecco che in un attimo la mia vita era cambiata di nuovo, completamente. Dall'anonimato più completo sono stata catapultata in un mondo di riunioni, conferenze, tour per il paese, interviste radiofoniche e comparsate in tv. Giorni interi senza vedere mia figlia, senza scambiare un gesto con mio marito. Ethan, ammettiamolo, non sono stata una moglie facile da gestire per Daniel. Adesso senza di lui e con Will già proiettata al college, mi sento nuda.» Face una pausa. «Sono destabilizzata, come se avessi perso la bussola. Il mio malessere non dipende certo dalla competizione con una quasi trent'enne col culo di marmo come pensa mia figlia.»
Ethan le prese le mani senza trovare il modo di dirle quanto le voleva bene in quel momento. Era felice che si fosse sfogata, era felice di aver capito.
Lo squillo del telefono interruppe quel contatto. Reagan si alzò di malavoglia per rispondere. Ethan si appoggiò comodo contro lo schienale della poltrona e accavallò le gambe in attesa.
«Pronto?» sentì sua sorella rispondere. Un istante dopo gli lanciò un'occhiata strana trattenendo un sorriso. «Tua figlia è uscita. La conosci, sai che non dormirebbe mai fino a tardi», continuò a dire. Quindi dall'altra parte della cornetta c'era Daniel.
Ethan si alzò e raggiunse la finestra. C'era stato un tempo, all'inizio, in cui avrebbe tanto voluto spaccare la faccia a suo cognato per come aveva distrutto tutto senza la minima considerazione. I suoi genitori erano particolari, era vero, suo padre era quasi una figura mitologica in famiglia, passava talmente tanto tempo fuori che quasi quasi sua madre poteva definirsi single. Ethan non aveva grandi ricordi con lui da piccolo. Niente esperienza padre e figlio classiche, niente grandi insegnamenti o momenti che sarebbero rimasti per sempre solo loro. Jacob Wood aveva delegato tutto il delegabile alla moglie, dalla crescita ed educazione dei figli alla casa, alla gestione delle finanze. Lui amava il suo lavoro e viveva di quello per passione. Aveva risolto molti casi, un paio anche spinosi, che lo avevano messo emotivamente alla prova. Ma non aveva mai mollato. Era sua madre, Jane, il vero osso duro. Lei comandava, dirigeva, organizzava, pretendeva. E lo aveva fatto anche col genero. Daniel non era mai andato d'accordo con la suocera. Quando era successo il fatto, quando Reagan si era trovata sola di fronte alla realtà, la mamma invece di rassicurarla, di accoglierla, le aveva riversato addosso tutto il suo malumore, accusandola di essere stata sciocca, cieca, di non essersi accorta di che razza di uomo fosse quando tutti loro lo avevano capito da un pezzo.
«Eccomi.» Reagan lo riportò alla realtà.
«Cosa voleva?» chiese Ethan più duro di quello che voleva.
«Voleva Will a cena da lui questa sera. Immagino voglia abbonirsi la figlia prima della nascita del bambino.»
«E tu cosa gli hai detto?»
«Gli ho detto che dovrei chiedere a lei e che tu eri tornato, cosa rara di questi tempi.» Reagan gli si avvicinò incrociando le braccia al petto. Poi scoppiò a ridere.
Ethan la guardò stranito. «Mi sono perso qualcosa?»
«Ho invitato il mio ex marito a cena con noi stasera», disse cercando di ricomporsi.
Ethan sgranò gli occhi sorpreso. «Cos'hai fatto?» esclamò.
«Hai sentito bene.»
«Papà lo ammazzerà e non ti nego che vorrei dargli la mia parte anche io.»
«Nessuno farà niente del genere. È il padre di Will e mia figlia merita di averlo accanto, dato che sembra volerlo anche lui. Possiamo giudicarlo come ci pare, possiamo non perdonarlo, non capirlo. Fate come volete», alzò le mani al cielo. «Ma spero sappiate comportarvi da persone civili.»
«Quindi lui ha detto sì?» domandò Ethan ancora più stupito.
«Certo che ha detto sì.» Reagan si diresse verso la cucina. «Dai, che sarà divertente!»
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LA NOTTE DEI BUONI PROPOSITI
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