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«5.. 4.. 3.. 2.. 1..»

Lo scoppio dei tappi di bottiglia riecheggiò per tutta la sala insieme alle urla e alle risate dei commensali che si scambiavano baci e abbracci augurandosi il meglio per il nuovo anno.

Furono minuti di grande confusione, un andirivieni di gente, calici alzati, bambini svegliati dal trambusto nelle loro carrozzine, cellulari che squillavano.

La musica rumoreggiava in sottofondo, qualcuno riprese a ballare con più bollicine in corpo di prima e la festa potè dirsi entrata nel vivo.

«Posso farti gli auguri?» domandò Mason a Emma, seduta alla sua postazione godendosi la scena del suo pubblico.

«Credo di sì», rispose incerta decidendo di seguire i suoi buoni propositi.

Zio e nipote si abbracciarono stretti e Emma sentì le lacrime montarle gli occhi per l'emozione. Fece uno sforzo considerevole per non scoppiare a piangere ammettendo davanti a tutti quanto le fosse mancata la sua famiglia.

«Credo che qualcuno voglia imitarmi», le sussurrò Mason all'orecchio facendola girare.

Emma incrociò gli occhi di sua madre, qualche passo più in là a distanza di sicurezza. C'erano così tante cose che avrebbe voluto dirle. Mesi di rancore, di vergogna, di risentimento per sé stessa. Mille volte aveva vissuto incontri immaginari che non si erano mai svolti, ma adesso che aveva sua madre davanti, il suo cervello cancellò dai ricordi qualsiasi discorso preconfezionato e la lasciò nuda davanti alla sua coscienza.

«Mamma..» provò a dire.

Harper fece un passo avanti incerto. Vedendo che sua figlia restava immobile ne fece un altro. E poi un altro ancora, fino a raggiungerla. E quando madre e figlia si strinsero in un abbraccio, le lacrime sgorgarono come un fiume in piena, sovrastando qualsiasi parola possibile.

«Mi dispiace», riuscì a singhiozzare Emma.

E non alludeva solo al fatto di essersene andata, di aver provato a cancellarli dalla sua vita.

«Non è stata colpa tua», rispose Harper, che aveva capito al volo. «Il destino a volte è ingiusto e questa volta ha usato te, per agire. Nessuno ha mai pensato fosse colpa tua», ripetè cercando di far penetrare il senso delle sue parole fino al cuore di sua figlia.

Passati i primi momenti, si staccarono, si asciugarono le lacrime e scoppiarono a ridere. Liam le raggiunse e tutto fu di nuovo perfetto, come avrebbe sempre dovuto essere.

«Devo fare una cosa», disse Emma tirando fuori il suo biglietto dei buoni propositi.

«Tieni.» Liam le porse un accendino ignorando lo sguardo indagatore di Harper.

Tutti e tre uscirono dal locale nel freddo gelido della serata. Emma piegò in due il suo foglio e diede fuoco a una delle estremità. Lo resse tra le dita fino all'ultimo secondo, poi lo lanciò in aria lasciandolo andare. Quando toccò terra e fu inghiottito dalla neve era solo un pezzetto di cenere nera.

«Quando riparti?» chiese Harper.

«Pensavo col primo treno del mattino. Non ho portato bagagli con me», rispose Emma.

«Che ne dici di fermarti un paio di giorni? Domani potremmo pranzare tutti insieme.»

La ragazza sembrò pensarci un attimo su.

«Immagino non sia una cattiva idea. Abbiamo molte cose di cui chiacchierare», annuì infine. «E credo di dover conoscere il signore che ti accompagna. O mi sbaglio?» sorrise poi.

Harper l'abbracciò di nuovo e le scoccò un bacio sulla fronte. Poi fece lo stesso con Liam. Era da prima che morisse il signor Brooks che non ridevano più tutti insieme.

«Torniamo dentro? Non so voi ma io sto congelando», propose LIam.

«E io devo tornare al lavoro.»

«Chissà come sta andando in ospedale. Will ha saputo niente?» domandò Harper.

«Per il momento no. Immagino che non sia ancora nato.» Liam controllò istintivamente il cellulare.

Poi tutti e tre insieme, tornarono dentro. 

LA NOTTE DEI BUONI PROPOSITIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora