«Signor Jones, vuole mangiare qualcosa?» domandò Sophia poggiando sul comodino della stanza un vassoio di piatti coperti.
«No, grazie», gracchiò voltandosi verso di lei con fatica.
Le sue condizioni erano peggiorate da quella mattina, Sophia lo trovava più debole ed emaciato. Lo sguardo spento.
«C'è una buonissima minestra, l'ho mangiata anch'io», mentì cercando di invogliarlo.
«In questo dannato ospedale sapete dare solo quella brodaglia. Non pago fior di quattrini per un'assicurazione sanitaria per poi mangiare acqua sporca», borbottò.
Sophia sorrise. Aveva ancora lo spirito per lamentarsi.
«Io le lascio qua il vassoio. Se cambia idea basta che suoni il campanello e verrà subito qualcuno ad aiutarla.»
Sophia fece per andarsene, ma l'anziano paziente la fermò. «Cosa ci fa qui l'ultimo giorno dell'anno? Non preferirebbe essere a casa con la sua famiglia?»
Sophia ci pensò un secondo. «Sì. Preferirei essere con i miei bambini, ma ho scelto un lavoro che mi costringere a mettere i pazienti prima dei miei cari. E sono felice così. Vedrò i miei bambini domani», spiegò con una stretta al cuore.
Poteva immaginare James e Ava correre per casa incuranti delle urla del papà che li richiamava all'ordine. Sarebbero andati a cena dalla suocera, i bambini adoravano la nonna. E lei avrebbe dato qualsiasi cosa per festeggiare la mezzanotte con loro.
«Quanti figli ha?»
«Due. Gemelli. Hanno sei anni.»
Sophia tornò indietro e si sedette vicino al letto.
«E suo marito la tratta bene?» insistette l'uomo.
Sophia trovò strana quella domanda. «Sì», rispose. «Mio marito è un uomo serio, non ha un grande senso dell'umorismo e spesso se la prende per niente, ma mi rispetta, mi apprezza, mi incoraggia. Ed è un bravissimo papà. Ci vediamo poco perché anche lui lavora in ospedale, ma facciamo il possibile.»
Il signor Jones la prese per mano.
«Mia moglie era la mia regina», disse. «Ci siamo conosciuti da ragazzini, ma eravamo troppo immaturi all'epoca per renderci conto del regalo che ci aveva fatto la vita.» Strinse la presa. «Sono passati anni. Mi sono sposato, credevo di aver trovato la felicità. Avevo tutto quello che potevo desiderare, una bella casa e un'attività avviata. Sono diventato padre», sospirò profondamente. «E lei se n'è andata.»
«Mi dispiace tantissimo», disse Sophia portandosi la mano sul cuore.
Il signor Jones soffocò una risata. «A me no», disse. «L'ho trovata a letto con un altro uomo. Non ho fatto scenate, non ho detto niente di eclatante. Con il senno di poi avrei potuto gestire diversamente la cosa. Magari avrei potuto inveire, togliermi qualche sassolino dalla scarpa, non lo so. Se n'è andata la settimana dopo e mi ha lasciato Ben.»
«Ha cresciuto suo figlio da solo?»
«No. La vita mi ha premiato, in un certo senso. Per superare la cosa ho messo in vendita la casa, capisce anche lei che non potevo dormire nel letto dove mia moglie mi aveva tradito e presupponendo non sia stata la prima volta, che ne sapevo che non avessero infangato anche altre stanze della casa?»
Sophia annuì.
«Hanna era la coordinatrice dell'asilo frequentato da Ben.» Sophia spalancò la bocca. «Sì. Quando ci siamo ritrovati non ho perso un secondo. Non avrei ricommesso lo stesso errore. Ci siamo sposati un anno dopo. Mio figlio non aveva ancora compiuto tre anni.»
«E la sua mamma biologica?»
«Non ho idea di dove sia. Si può dire che Ben non l'abbia mai conosciuta.» Il signor Jones si sforzò di mettersi seduto e Sophia lo aiutò. Indicò il vassoio e l'infermiera glielo mise in grembo. «Quando mia moglie è morta ho chiuso i rapporti con mio figlio.»
«Come mai?»
«Mi ricordava troppo sua madre. IO volevo dimenticarla, era Hanna la mia donna, il mio destino. Viaggiavo molto per lavoro e tornavo a casa pensando esclusivamente a lei. Ha mediato tantissimo tra me e mio figlio. Infinite volte mi ha suggerito come comportarmi. Io dimenticavo compleanni, ricorrenze. Quando è diventato un po' più grande sono diventato molto esigente. Voleva fare il professore, non diceva altro, poi al college ha deciso che invece dovesse essere uno scienziato. Due relazioni fallite alle spalle. Credo di avergli rovinato alla vita. è cresciuto credendo di non essere abbastanza. Non mi stupisce che mi lasci qui a morire da solo.»
Cominciò a mangiare in silenzio. Sophia non sapeva cosa rispondere. Aveva parlato diverse volte con Ben, anche se a suo padre aveva riferito di non essere riuscita a mettersi in contatto con lui. Tutte le volte lui gli aveva ripetuto che non ne voleva sapere.
Quando l'uomo finì di cenare e chiuse gli occhi, Sophia raccolse il vassoio e uscì dalla stanza, chiedendosi se l'ultima notte dell'anno avrebbe fatto accadere il miracolo.
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LA NOTTE DEI BUONI PROPOSITI
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