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Emma era estraniata dal mondo. La musica dalle cuffiette le inondava le orecchie e arrivava dritta ai suoi sensi. Il panorama fuori dal finestrino non era cambiato. Un movimento nel sedile di fronte la costrinse a voltarsi.

«Gradisci?» Ben le stava porgendo una scatola di cioccolatini.

Lei lo guardò sorpresa e diffidente.

«Non cerco di ucciderti, tranquilla», continuò lui. Prese un cioccolatino, lo scartò e se lo infilò in bocca. «Anche perché a questa velocità mi costringeresti a lanciare il cadavere fuori dal finestrino o cominceresti a puzzare prima che il treno giunga a destinazione.»

Con una smorfia di disgusto, Emma si sfilò le cuffiette e allungò una mano verso la scatola. «Sono stanca di stare qui», disse. «Non potrebbero almeno farci tornare indietro? Siamo qua in mezzo al nulla a fare cosa? Ho una vita che mi aspetta alle spalle.»

Erano rimasti gli unici nel vagone. Gli altri passeggeri man mano si erano spostati dove c'era più movimento.

«Possiamo solo avere pazienza», rispose lui alzando le spalle.

Emma alzò gli occhi al cielo. «Devi essere una vera pippa con gli studenti», commentò. «Un professore così tranquillo è una pacchia agli esami.»

La verità era che Emma non riusciva ancora a capire se la compagnia di Ben le piacesse o meno. Certo sembrava uno sicuro di sé, ma non con tutti i neuroni al punto giusto.

«In realtà non sono più sicuro che fare l'insegnante sia la strada giusta per me», disse lui spiazzandola.

«Perché?» domandò sgranando gli occhi sorpresa da quella confessione personale.

«Non ho abbastanza pazienza.»

«Mi prendi in giro?» Emma gli lanciò un'occhiataccia. «Scusa ma mi sembra molto difficile crederlo, considerando che sono ore che non fai che ripetermi che dobbiamo aspettare tranquilli.»

Ben non rispose, si limitò ad abbozzare un sorriso e tornò al suo libro. Emma odiava quando faceva così. Con lui nessuna conversazione portava da qualche parte. La troncava all'improvviso come se non ne valesse la pena, come se si fosse stufato. Era stato lui a cominciare il discorso, adesso era in dovere di raccontarle come stavano davvero le cose.

«Come sei finito a fare il professore?» gli chiese per obbligarlo a parlare.

«Hai presente quando da bambino hai un sogno e hai la fortuna di avere dei genitori che credono in quel sogno e ti spronano a raggiungerlo? Io ero così. Sapevo che da grande volevo fare l'insegnante e tutte le scelte della mia vita sono sempre state incentrate a quello. Con l'unica differenza che arrivati a un certo punto non ne ero più sicuro, ma non avevo alternative, non avevo mai pensato a me stesso in un ruolo diverso. Per non parlare dei miei genitori che ormai si erano fatti di me una determinata idea. Così ho perseverato.»

Era il discorso più lungo da quando si erano conosciuti.

«Lasciamo indovinare», disse Emma. «Eri un secchione.»

«Ero uno che non competeva con nessun'altro se non con sé stesso», rispose lui. «I voti, i successi erano relativi alla mia scala di misura e non ho mai ambito alla perfezione. Ma per rispondere alla tua domanda, credo si possa dire che sì, ero un secchione perché mi avvicinavo molto a quella perfezione. Però ero anche calmo, tranquillo. Un amico fedele, di quelli che ascoltano ore e non parlano mai. Nessuno mi ha mai fatto bullismo o pressioni.»

Emma lo fissò qualche istante. Sembrava passato un secolo, invece era solo una manciata di anni. Quando andava al liceo era super popolare. Il suo gruppetto di amiche, di cui faceva parte anche Kate, era temuto e venerato al tempo stesso dalle matricole. Copiavano il loro stile, il loro abbigliamento, il loro modo di parlare. In quanto a bullismo, ne era stata la regina. All'epoca ne rideva, ma ora non le sembrava più così divertente.

«Quindi hai fatto il professore perché non hai avuto le palle di dire ai tuoi che non sapevi cosa fare nella vita?» chiese per distrarsi dai pensieri deprimenti.

«Oh no, è tutto il contrario», rispose Ben animandosi. «Mi sono iscritto a lettere, dopo il liceo, ho studiato un anno e poi ho capito che non potevo continuare. Era contro la mia natura. Il mio coinquilino studiava ai laboratori di ricerca e nell'ultimo periodo trascorrevo più tempo a sbirciare tra i suoi libri che a prendere in mano i miei appunti. Così ho detto ai miei genitori che avrei chiesto il trasferimento e cominciato un nuovo percorso. La genetica è estremamente affascinante e mi ha permesso di viaggiare moltissimo», spiegò. «Non dico sia stato facile. I miei sono tipi esigenti. Mio madre mi ha criticato da quando sono venuto al mondo e non ha accettato di buon grado la mia decisone. Secondo lui un uomo deve prendersi le responsabilità di continuare la strada che sceglie di percorrere. Però il giorno della laurea me ne sono accorto che era orgoglioso di me. Anche se non ha sprecato fiato per dirmelo. Sono cose che un figlio capisce. »

«Sto ancora aspettando di sapere come sei finito a insegnare», borbottò Emma.

«L'insegnamento è venuto dopo. Lavoravo per l'ospedale in collaborazione con l'università e mi hanno offerto una cattedra. Avevo tempo e ho accettato.»

«Tutto qui?»

«Tutto qui. Alla fine vedi? Non era poi una strada così sbagliata. Ormai sono passati anni.»

Emma fu tentata di chiedergli quanti anni avesse, ma si fermò. In fin dei conti era solo uno strambo sconosciuto del treno, una volta arrivati non l'avrebbe mai più rivisto che senso aveva conoscere troppi dettagli della sua vita?

«Dove stai andando?» domandò invece. Magari era sposato.

«Questa è un'altra storia», rispose Ben cambiando espressione.

«Un segreto?» rise Emma.

«Niente che possa aggiungere qualcosa alla nostra conoscenza», rispose lui serio.

Emma smise di sorridere imbarazzata.

Ben appoggiò la testa allo schienale del sedile e chiuse gli occhi, come se si fosse appisolato. Emma ne approfittò per guardarlo meglio, con calma. Capelli scuri disordinati sulla testa, un accenno di barba non fatta sul viso squadrato, naso dritto, sopracciglia folte ma ordinate. Mani curate senza maniacalità e unghie mangiucchiate sulle pellicine.

Ben aprì gli occhi di scatto e fissò lo sguardo in quello della ragazza. Emma distolse lo sguardo a disagio, chiedendosi per la prima volta se non ci fosse qualcosa che tormentava il suo compagno di viaggio. 

LA NOTTE DEI BUONI PROPOSITIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora