Capitolo 30

377 5 0
                                    


P.O.V.'S ALICE
"Ragazzi vi serve altro?" Paola fa capolino in camera, mi trovo esattamente nella vecchia cameretta di Marco nella villa dei suoi genitori, stanotte la passiamo qui perché domani partiremo insieme ai suoi e ai miei futuri cognati per passare due settimane nella loro casa in Sardegna, non sapevo nemmeno avessero una casa vacanze.
"No Paola, grazie" le sorrido e finisco di sistemare varie compresse
"Tesoro tutto ok? Non hai una bella cera" mi tocca la guancia e chiudo gli occhi leggermente
"Si tranquilla, mi sento solo un po' spossata" sono un paio di giorni che sono veramente fiacca, sarà il caldo e l'afa di questo periodo, lo stress a lavoro per sistemare tutto di fretta prima di partire
"Non è tardissimo ti va una limonata con me e Franci sul terrazzo, è abbastanza fresco questa sera" annuisco per poi prendere la camicia di Marco e infilarmela prima di uscire fuori.
I ragazzi sono giù a caricare le macchine, siamo in 6 e prendiamo la macchina dei genitori di Marco e la sua Audi Q3 che per fortuna con l'incidente non si era molto danneggiata e dopo qualche settimana dal meccanico l'hanno rimessa nuovo, ha a malapena un anno.
"Alice, tutto ok?" mia cognata mi squadra da capo a piedi notando il mio stato ma la ignoro annuendole
"Si tranquilla, e tu?" sorrido e le indico con un cenno il ventre
"Oh, io, noi benissimo" il sorriso che si fa largo sul suo viso potrebbe illuminare questa notte fresca del 17 agosto.
"Hai nausee?" mi faccio coraggio e affronto l'argomento, meglio farlo con persone di casa piuttosto che avere un attacco di panico quando vedrò un pancione in spiaggia
"No, per niente, mai avute finora" sorrido e bevo un sorso di limonata guardando dal bordo del bicchiere lei e mia "suocera", wow che strano definirla così
"Beh sei fortunata allora, io ci ho convissuto fino all'ultimo minuto" mi sorride ma non accenna a parlare, so che vogliono evitare l'argomento per non infliggermi sofferenza inutile ma dovrò affrontarlo prima o poi
"Apprezzo il vostro evitare il discorso, veramente, la gente è cattiva e mi è capitato che mi chiedessero appena successo tutto nonostante sapevano di mia figlia, ma...io ho bisogno di parlarne. Farlo con il mio psicologo mi ha aiutata, mi ha aiutata tantissimo a salvarmi da me stessa" sento Marco posarmi un bacio sulla testa per poi sedersi vicino a me sul divanetto in vimini e stringendomi la mano
"Però?" mi chiede mia suocera che ha compreso benissimo il mio intento
"Il percorso che ho affrontato con il mio psicologo era fine ad un obiettivo: tirarmi fuori dalla depressione in cui ero caduta. Era raccontare come mi sentivo, capire i motivi per cui non reagivo al dolore, capire perché mi stavo colpevolizzando di una cosa di cui non avevo colpa" tiro un sospiro e accenno un sorriso a tutta la famiglia che mi sta guardando in questo momento
"Perché ti sentivi in colpa?" Francesca mi guarda cercando di captare forse una mia reazione
"Perché mi ritenevo responsabile del destino di mia figlia. L'ho pensato per tanto, tanto tempo. Quando sono uscita dall'ospedale e sono tornata a casa a mani vuote, a differenza di tutte le altre neo-mamme, mi sono chiusa in camera, a letto, mi alzavo solo per necessità, non mangiavo, mi alimentavano con le flebo perché come mi alzavo, in quelle poche volte che lo facevo, cedevo, è andata avanti così per tre settimane. Ho passato tre settimane rannicchiata in un angolo di letto a guardare la giornata scorrere dalla finestra, senza parlare, senza mangiare, senza dormire e senza piangere. Non ho pianto per niente da quando ho messo piede in casa, non avevo realizzato cosa mi era successo." se ci ripenso non mi pento di aver agito in quel modo, in quel momento avevo bisogno di quello stato di isolamento in cui mi ero messa da sola.
"Sai che non sei obbligata a farlo, perché ora?" guardo Marco e apprezzo questo suo lato premuroso verso la mia salute mentale
"Perché io ne ho bisogno, non ho mai buttato fuori tutto, e non voglio cedere quando tra qualche giorno vedrò sicuramente qualche pancione o qualche bambino piccolo come la mia. Lo sai anche tu che è inevitabile." annuisce e mi posa un bacio caldo sulla tempia
"Non voglio intristirvi, ma io ne ho un dannato bisogno" guardo in basso e scuoto la testa cercando di ricacciare indietro il magone che mi si è formato in gola ma la mia voce tremolante mi tradisce
"Ehi, tesoro, fallo, se senti il bisogno di parlarne fallo, farà male ma dopo starai meglio" mia suocera mi è venuta vicina, a sostenermi, come se fossi sua figlia, come se fossi una della famiglia che conosce da anni
"Io devo parlare di quella sera. Mi è stato detto di farlo solo quando ne sentivo il bisogno, solo quando non evitavo più l'argomento. Ma...ma io adesso so che è arrivato il momento di ricordare ad alta voce, sogno quella notte tutte le dannati notti e come chiudo gli occhi vedo il suo viso" le lacrime hanno preso a scendere copiose che Paola, sedutasi vicino a me, si prende cura di asciugarmi
"Ero andata in ospedale perché avevo avuto diverse contrazioni ravvicinate di 20 minuti, ma non ero dilatata ne tantomeno avevo rotto le acque, mi hanno messa sotto monitoraggio ma niente, così hanno pensato bene di dimettermi ma avevo i valori della pressione alterati, mi hanno detto di fare una passeggiata li in ospedale e solo se tutto era apposto mi avrebbero mandata a casa. A pochi metri dalla stanza in cui mi avevano sistemata proprio mentre camminavo, per fare gli ultimi controlli, ho rotto le acque. Ricordo solo una sensazione di paura e terrore che mi ha presa alla sprovvista.
Con il sostegno di mia madre e del mio ex mi hanno cambiata ma quello che è venuto dopo è stato angosciante. Non avevo contrazioni e non dilatavo, è andata avanti così per all'incirca due ore. Mi hanno fatto l'epidurale e solo dopo un'ora ho iniziato ad avvertire qualcosa ma era comunque tutto molto rallentato, sono stata 18 ore in travaglio." un brivido mi percorre la schiena al ricordo di tutto quel tempo a sopportare un dolore inspiegabile
"Ti capisco tesoro, io ne ho fatte 15 per quel mascalzone" indica Marco con un cenno del mento ed entrambe sorridiamo, faccio un respiro profondo e riprendo
"Sento ancora l'indolenzimento al bacino se ci penso, quando le contrazioni si sono rafforzate sembrava che mi stessero spaccando le ossa. Sono riuscita a gestire bene o male il dolore ma le ultime ore deliravo, ho il ricordo nitido di un'ora e mezza prima che mia figlia nascesse degli insulti che tiravo a chiunque provasse a dirmi qualcosa, ero stremata.
Mi hanno portata in sala parto che non ero dilatata del tutto, con il dire che mancavano solo 2 cm e che sarei arrivata a 10 in meno di mezz'ora.
Ma non è stato così. Mi hanno iniziato a far spingere quando ancora non ero pronta rovinando quello che per una donna dovrebbe essere il momento più bello della sua vita." inizio a piangere ricordando come mi hanno trattata le ostetriche, anziché aiutarmi e supportarmi mi deridevano, sminuendo il mio dolore dandomi dell'esagerata
"Che ti hanno fatto tesoro?" Paola ormai mi accarezza i capelli infondendomi calma mentre Marco continua a stringermi la mano e a posarmi baci sulla spalla dove è appoggiato con il mento
"Dopo una buona parte a spingere hanno visto che la bambina non collaborava, o per loro dire io non collaboravo dicendomi che non ero capace a spingere, hanno eseguito la manovra di Kristeller, non ho mai urlato così forte e sono stata anche ripresa più volte, ma io non credo di aver mai provato un dolore così forte. Marco urlava alla ostetriche di non praticarmela ma per non farmi dimenare due mi tenevano bloccate, una per un fianco e l'altra per le gambe."
"Perché te l'hanno fatta contro il tuo volere?" Andrea paura ma la sua voce lo tradisce, la sua faccia è disgustata da quello che sta uscendo dalla mia bocca
"Io non mi sono opposta, ero in uno stato psicofisico stremato, non mi hanno chiesto il permesso ne mi hanno spiegato cosa andavano a farmi. Marco si è opposto perché non sopportava di vedermi in quello stato e perché sapeva che mi avrebbe fatto male, troppo male, ma gli è stato risposto dalla stronza che me l'ha fatta << o facciamo così come dico io, o niente >> a loro detta era l'unico modo per far nascere mia figlia." rispondo ad Andrea che mi guarda, come tutto il resto della famiglia, con le lacrime agli occhi
"Le ostetriche avevano finito il turno e avevano fretta, non avevano intenzione di aiutarmi e a loro dire erano stanche, piuttosto mi si scagliavano contro umiliandomi. Mia figlia è nata morta dopo un'ora di spinte, la bambina era più stremata di me, era entrata in sofferenza e se n'è perso il battito poche spinte prima che uscisse la testa. Quando Marco urlava contro di loro che il battito diminuiva non se lo sono filato, io non sentivo più niente, l'unica cosa che sentivo era il dolore lancinante ed ero stanca, vedevo solo gli occhi impauriti e disperati di un papà. Quando ho visto la sua faccia terrorizzata ho iniziato a capire che qualcosa non andava."
"Quando dopo le ultime spinte mi riposavo cercando di riprendere fiato, sono stata derisa sentendomi dire << magari anche un caffè, la farai morire così per mancanza di ossigeno >> così è stato, quando finalmente sono riuscita a far nascere mia figlia e non l'ho sentita piangere ho aspettato, ma quando ho visto gli occhi di Marco e lui che piangeva disperato ho realizzato che mia figlia era nata morta. Hanno avuto perlomeno il buon senso di farcela vedere, di farcela tenere in braccio dopo averla lavata e di lasciarci qualche minuto da soli con lei. Quando me l'hanno tolta dalle braccia ho dato di matto, mi hanno fatto espellere la placenta spingendomi nuovamente con il gomito e facendomi contorcere dal dolore, subito dopo mi hanno sedata perché non riuscivano a tenermi, ero troppo agitata" finisco di raccontare e sono un tremolio di singulti
"Non avete denunciato?" mio suocero con molta calma si rivolge a me
"Non abbiamo potuto, sulla mia cartella non è stata inserita la manovra che per ben due volte mi hanno praticato, ne quello ne tante altre cose, ho saputo di aver avuto un'emorragia e di aver subito una flebo di ferro perché l'ho letto sul foglio che mi hanno rilasciato. A Marco era stato detto che mi dovevano sistemare e che dovevo riposarmi facendolo uscire dalla sala parto."
"Figlie di puttana" Marco vicino a me è nervoso ma comunque nel suo abbraccio trovo un po' di serenità
"In quella sala parto ho subito violenza ostetrica, sono stata traumatizzata da quello che mi hanno fatto, ho subito un doppio trauma, la violenza e la morte di Nina."
"Me l'hanno ammazzata" inizio a singhiozzare forte e a ripeterlo come una cantilena angosciante mentre Marco mi abbraccia stretta e mia suocera mi accarezza la schiena
"Era una bambina sana, stava bene, la gravidanza è andata benissimo, a gonfie vele proprio, è stato il periodo più bello e sereno della mia vita. Ma è stata tutta colpa loro, me l'hanno ammazzata loro, dovevano intervenire subito con un cesareo d'urgenza quando vedevano che non usciva, invece hanno preferito minacciarmi e umiliarmi, deridendomi che se non mi sbrigavo facevo morire mia figlia, erano loro a doversi sbrigare. Per mesi mi sono sentita responsabile della morte di Nina, mi davo la colpa perché l'unica cosa che dovevo fare dopo averla attesa per tanto tempo era farla nascere e non ne ero stata capace." mi asciugo le guance e mi crogiolo nella curva del collo di Marco, il mio posto sicuro, mentre pian piano mi calmo
"Era molto grande, pesava 3,970kg ed era lunga 49cm. Praticamente un vitellino" mi esce una risatina al pensiero
"Sarà stata sicuramente bellissima, come te, non conosco il papà ma sarà stata sicuramente un amore" annuisco sorridendole
"La vuoi vedere? Siamo riusciti a scattarle qualche foto, il mio ex le ha date a Marco quando mi ha aiutata con il trasloco e lui le ha date a me solo quando ero veramente pronta." ricordo ancora quando qualche giorno dopo essere andati insieme al cimitero, una sera mi ha detto di avere delle foto di mia figlia e altre della gravidanza, non avevo bisogno di foto per ricordarmela perché chiudo gli occhi e la vedo, è ben impressa nella mia memoria, ma mi ha consolata avere un pezzo di carta su cui rifugiarmi. Non dimenticherò mai la sua reazione quando l'ha vista, non faceva altro che ripetere che era uno splendore, che era bellissima.

 Non dimenticherò mai la sua reazione quando l'ha vista, non faceva altro che ripetere che era uno splendore, che era bellissima

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Dopo avergliene fatte vedere varie, mostro a tutti la mia preferita, è bellissima.
"Questa gliel'abbiamo scattata quando ce l'hanno sistemata per farcela vedere prima di portarla via, abbiamo voluto vestirla noi"
Più guardo questa foto e più mi rendo conto di quanto emana dolcezza e pace.
Quella pace che per mesi ho cercato come un'assetata nel deserto.
Probabilmente se l'avessi vista prima di quella sera avrei provato inquietudine e tormento, ma ora sono serena, sono riuscita a lasciarla andare dopo quasi un anno, ma lasciarla andare non significa separarsene per sempre o dimenticarla.
Resterà mia figlia,
L'amore più grande che abbia mai provato in vita mia,
Vero,
Profondo,
Sincero,
Smisurato.

Quello che mi dicono i tuoi occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora