Capitolo 67

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P.O.V.'S ALICE
È già una settimana che sono tornata a casa, questi giorni sono stata talmente occupata che sembrano essere volati, non ho avuto nemmeno il tempo di pensare.
Sono ancora nel letto, Marco vicino a me si è alzato per andare a lavoro, al distretto, riprenderá da questa settimana visto che io sto decisamente meglio.
Lo guardo uscire dal bagno mentre si infila la camicia celeste nei jeans per poi infilarsi fede e orologio
"Che ci fai già sveglia, è presto" si china sul letto e mi posa un bacio in fronte, prima di sedersi vicino a me
"Non lo so, mi sono svegliata di soprassalto, credo che stessi sognando" mi sposta i capelli arruffati dal viso e sospira
"Che c'è Marco, sembri preoccupato" mi tiro su a sedere e mi avvicino a lui
"Vorrei tornare indietro, vorrei che quel giorno non ti fosse successo niente, vivo con il senso di colpa, con la costante preoccupazione che a te o a Zoe possa succedere qualcosa. È una paura che non mi fa dormire, io non so spiegartelo" china la testa distogliendo lo sguardo da me, rimango in silenzio e poco dopo si alza avviandosi a guardare fuori dalla finestra con le mani cacciate in tasca
"Mi sento l'unico responsabile di quello che ti è successo. Di quello che hai passato nel giro di tre giorni che sono stati infiniti e di quanto caro ti è costato" mi alzo e lo raggiungo, mettendomi davanti a lui, tiro indietro la testa per guardarlo visto che è altissimo e gli prendo le mani
"Tu non sei responsabile proprio di niente. Hanno saputo dove colpirti, sulla cosa alla quale tieni più al mondo, la tua famiglia, ma non è colpa tua. Per favore non pensare che sia colpa tua tutto quello che è successo" sospira e mi guarda negli occhi prima di crollare
"Aspettavi un bambino, l'hai perso, mi sento responsabile pure di aver fatto uccidere mio figlio" scoppia a piangere e non mi da nemmeno il tempo di rispondergli che mi abbraccia forte cercando una spalla su cui sfogarsi
"Marco io sono viva. Sono ancora qui con te e nostra figlia. E lo sono grazie a te, che a mia insaputa mi controllavi. Tu mi hai salvato la vita per l'ennesima volta e io non posso che essertene grata. Ti prego solo di non sentirti colpevole per il bambino che abbiamo perso. Lo supereremo insieme, ma non fartene un cruccio" continuo a tenerlo stretto a me fino a che il suo pianto non si placa, dopo qualche minuto si stacca da me e continua a guardarmi senza proferire parola, gli asciugo le lacrime e mi alzo in punta di piedi a posargli un bacio sulle labbra, rimango abbracciata a lui perché so che in questo momento ne ha bisogno fino a che non veniamo disturbati da Zoe che si lamenta nella culla.
La vado a prendere e controllo l'ora manca poco alle 7, l'ora della sua poppata mattutina, me la stringo addosso con tutti i capelli arruffati e il ciuccio, si strofina gli occhietti mentre la riempio di baci sulle guanciotte piene.
Mi avvicino a mio marito sorridendogli e come se la bambina ha capito che il papà in questo momento ha bisogno di Noi, le porge le braccia per essere presa.
Marco se la stringe addosso respirando a pieni polmoni il suo profumo, mentre io vado un attimo in bagno.
Mi guardo allo specchio e vedo che gli ematomi sul viso stanno scomparendo, quelli sull'addome si sono schiariti ma sono ancora lì, non mi soffermo troppo così tiro lo sciacquone e torno in camera dai miei amori, mi siedo sul letto in in posizione comoda per allattare Zoe e Marco me la mette tra le braccia
"A che ora hai la visita di controllo?"
"Alle 11.30 devo essere in ospedale, penso che andró a piedi con la bambina, è una bella giornata e fa ancora caldo, voglio camminare un po'" annuisce e si siede di fianco a me mentre guarda Zoe ciucciare attaccata al seno
"Ei" lo richiamo incastrando i suoi occhi nei miei
"Mi prometti che provi a non pensarci? A noi basta questo, essere noi 3, ed essere in salute. Tutti." Mi sorride e annuisce
"Vorrei tanto sapere chi ti ha mandata da me, tu sei un angelo, mi salvi da ogni mio demone. Io Alice non ce la farei senza di te, tu che fai forza a me." Gli sorrido e mi sporgo a dargli un bacio
Rimaniamo un altro po a parlare fino a che la piccola non si riaddormenta e il papà è costretto ad andare via, mentre noi rimaniamo nel lettone e ci riaddormentiamo entrambe.

P.O.V.'S MARCO
Guido verso il distretto in sovrappensiero, sto rientrando a lavoro dopo una settimana che mia moglie è a casa. Mi sono preso una settimana di stop per starle vicino, non riusciva nemmeno ad alzarsi da sola dai dolori muscolari e dal dolore al costato, invece da un paio di giorni va meglio, riesce anche a prendere la piccolina da sola che si sta facendo sempre più grande.
Entro in centrale e parcheggio la mia auto sul retro, vedo parecchio movimento questa mattina e non ho idea di cosa sia successo.
Mi accingo ad entrare e passo il mio badge all'entrata, mentre lo ripongo nel portafoglio mi sento chiamare
"Marco" mi volto verso la voce e vedo il mio capo venirmi incontro
"Sei rientrato" mi sorride e mi da una pacca sulla spalla, sospiro e rimango cupo
"Si, mia moglie sta meglio da un paio di giorni quindi ieri sera ho comunicato che sarei rientrato a Giorgio" vedo che mi squadra per poi acconsentire
"Lei come sta?" mi caccio le mani in tasca e sospiro
"Sta. Il dolore al costato sembra esser diminuito, anche gli ematomi sul volto, quelli al ventre no sono ancora lì vividi. È lei che fa forza a me" mi si rompe la voce e abbasso il capo
"Ei che succede, vieni andiamo nel mio ufficio" lo seguo e mi accomodo alla poltroncina davanti alla scrivàni passandomi entrambi le mani sul volto
"Mia moglie era incinta" mi prendo un secondo per vedere la sua espressione, gli escono fuori le orbite dagli occhi
"Marco che stai dicendo" annuisco abbassando il capo e giocando con la fede per calmare il mio nervosismo
"Era incinta di 9 settimane, i forti colpi che ha subito all'addome le hanno indotto un aborto spontaneo. Non c'è stato niente da fare, se non toglierle subito il feto morto da dentro, appena arrivata in ospedale" mi asciugo le guance e lo guardo non riuscendo a trattenermi
"È tutta colpa mia, l'ho messa in pericolo, lei e il bambino che aspettava" lo ripeto come una cantilena, scuoto la testa e dopo un istante mi sento tirare su e mi ritrovo abbracciato a lui, che è sempre serio e con lo sguardo duro, ora sta cacciando fuori la sua parte umana
"Marco non è colpa tua. Non voglio sentirtelo più ripetere, tu hai fatto più del possibile. Tua moglie è viva, la vostra bambina sta bene, lo supererete ma voi siete tutti vivi." mi stacco da lui guardandolo con mille punti di domanda
"Che .. che cosa?!" Mi guarda con un sorriso triste e per la prima volta si apre a me
"Tua moglie è viva e starà bene. Mia moglie no, è stata bersagliata durante un'indagine, lei e mio figlio, aveva solo 5 anni e mia moglie 36, era incinta di 7 mesi" lo guardo incapace di formulare una parola
"Co..come è successo"
"Stavamo seguendo un'indagine, anche Laura era una poliziotta, ci siamo conosciuti in accademia. Ci hanno bersagliato nell'unico momento in cui non eravamo di guardia, eravamo in un ristorante a pranzo con la famiglia, hanno aspettato che io mi allontanassi da loro per mirare a lei e a Claudio, mio figlio" gli si incrina la voce e gli occhi si riempiono di lacrime
"Non c'è stato niente da fare, mio figlio è morto all'istante, lei ha provato a resistere, hanno fatto nascere con un cesareo d'urgenza Vittorio, che oggi ha 4 anni, ed è l'unica cosa per la quale ho trovato una ragione per non mollare tutto e continuare a vivere" mi passa una cornice che tiene sulla scrivania dove ci sono 4 foto: una è la foto di sua moglie il giorno del matrimonio, è meravigliosa, un'altra foto li ritrae con un bambino di 2/3 anni, un'altra è una loro foto insieme da ragazzi e l'ultima ritrae lui con Vittorio ed è recente.
"Mio figlio è l'unica cosa che mi è rimasta di mia moglie, ed è stato il motivo al quale mi sono aggrappato per poter ricominciare a respirare. Ho fatto i bagagli da Torino e solo io e lui ci siamo trasferiti a Roma, ho voluto tagliare ogni tipo di rapporto con quel posto che mi ha tolto e mi ricorda ciò che di più caro avevo nella vita. Ci siamo trasferiti qui appena Vittorio è stato in grado di poter vivere fuori l'incubatrice, dopo 2 mesi dall'accaduto. Mi sono aggrappato a lui e sono andato avanti, per lui." si asciuga gli occhi mentre io sono esterrefatto e quasi mi sento in colpa per come mi sento emotivamente io sapendo che nonostante tutto il casino che è successo, mia moglie e mia figlia sono vive e stanno bene entrambe.
"Di loro non ne hai traccia?" deglutisco temendo la sua risposta, il mio peggior incubo è che mi riescano fuori da un momento all'altro
"No, mi hanno tolto il caso dalle mani da quando sono stato colpito. Poi come sono rientrato a lavoro ho chiesto il trasferimento, i miei colleghi, diventati negli anni tutti amici fraterni se ne sono occupati per dare giustizia a mia moglie e mio figlio. So che il caso è stato chiuso e che loro stanno scontando la pena che gli spetta. Io ho seguito le indagini e i processi in tribunale fino ad un certo punto, poi mi sono ritirato anche da quelli mandando solo i miei suoceri e l'avvocato perchè era troppo doloroso anche solo sentir pronunciare il nome di Laura come se fosse una persona qualunque quando per me era casa."
"Mi dispiace tantissimo Vincenzo" alza lo sguardo perchè è la prima volta che lo chiamo per nome, di solito essendo un mio superiore gli do sempre del lei, ma questa volta davanti a me ho la vita di un uomo, di un essere umano distrutto, che per tirare su me si è aperto al suo dolore più grande
"Lo supererete Marco, insieme, siete così giovani e pieni di vita e di cose belle da fare e da scoprire che questo brutto accaduto rimarrà solo un barlume di pensiero a cui ripenserete qualche volta negli anni. Ma non permettere che la rabbia per ciò che è successo ti annebbi la vista facendoti perdere di vista la meraviglia che hai davanti agli occhi tutti i giorni. Tua moglie sta bene, è solo l'ennesima prova che dovrete affrontare insieme, ma niente è irreparabile e avete quella bambina che è un gioiello ed è talmente piccola che occuperà le vostre giornate distraendovi. I bambini sono una cura, sono un balsamo in situazioni difficili, concentrati e concentratevi su Zoe." annuisco e gli sorrido alzandomi dalla sedia e dirigendomi verso l'uscita
"Grazie Vincenzo. Per tutto. Per la vicinanza di quei giorni e di quelli passati. Per le tue parole. Per esserti aperto a me." mi sorride e si alza appoggiandosi alla sua scrivania
"Sei il mio uomo migliore, ora che sai chi sono posso dirtelo, e non voglio perderti. Se hai bisogno di altro tempo te lo concedo, perchè so benissimo come puoi stare, ma ti chiedo di non abbandonarmi, di continuare ad affiancarmi perchè sei entrato qui da poco rispetto agli altri ma per la mia squadra sei diventato indispensabile." gli sorrido porgendogli la mano per ringraziarlo e dopodiché esco dal suo ufficio.
Torno alla mia postazione evitando di parlare con i colleghi e rivolgendo loro sono sorrisi e qualche saluto.
Intorno alle 13 usciamo tutti insieme per mangiare un boccone alla tavola calda dietro l'angolo, mentre con Giorgio esaminiamo delle immagini che ha sul telefono mi squilla il telefono
"Ali dimmi che succede" entro subito in allarme visto che per tutta la mattina abbiamo parlato per messaggi, cogliendo il mio tono di voce il mio capo mi guarda sospetto
"Stai tranquillo volevo solo dirti che con Zoe siamo in zona e se non hai già pranzato possiamo mangiare insieme" chiudo gli occhi e tiro un sospiro di sollievo
"Siamo usciti ora dal distretto per andare in tavola calda, ti aspetto fuori vieni con noi"
"Marco non vorrei disturbare"
"Non scherzare, ti aspetto qui fuori" acconsente e riattacco al telefono
"Tutto apposto?" Vincenzo mi si avvicina toccandomi la spalla
"Si era mia moglie, mi sta raggiungendo che è in giro con la bimba per pranzare insieme. La aspetto qui ed entriamo" gli sorrido e lui ricambia
Dopo nemmeno 10 minuti di attesa eccola che appare in tutta la sua bellezza.
È la ragazza più semplice che abbia mai visto e conosciuto ma ogni volta riesce a stupirmi di quanto la sua semplicità la rende bella.
Indossa un paio di jeans neri morbidi, una t-short bianca super aderente che mette in evidenza il seno pieno e sopra una camicia di jeans aperta, i capelli sciolti e un paio di occhiali neri.
"Eccoci qui papà" mi sorride e la attiro subito a me tornando a respirare appena le mie labbra toccano le sue
"Mi sei mancata" sorride inorgoglita e dopo un secondo prendo la bambina dal passeggino
"Polpettina mia" me la strapazzo di baci e lei se la ride
Entriamo nel locale e subito il mio capo viene a salutare mia moglie
"Alice, cara, come stai?" Le sorride e si scambiano due baci sulle guance
"Bene, anzi accetto consigli per stare un po' più tranquillo lui" ride e mi indica con un cenno del capo
"Per lui non c'è speranza se si stratta di te" sorridono e poi procedono ad accomodarsi
"Scusatemi se sono piombata qui" sistema la carrozzina da un angolo e si siede a tavola
"Ma figurati non ti preoccupare, poi magari la tua presenza lo aiuta a rilassarsi" Giorgio parla con mia moglie e sorrido quando noto che tutti sottolineano che sia teso, probabilmente sono insopportabile
"Voi scherzate con me e prendetemi in giro, continuate pure" scherzo con loro mentre sistemo Zoe nel seggiolone che ci hanno appena portato.
Mentre prendiamo le ordinazioni, Alice fa mangiare Zoe così che appena iniziamo a mangiare noi lei si intrattiene sgranocchiando il pane.
Clara davanti a me vedo che studia ogni espressione o comportamento di mia moglie e di conseguenza anche come io interagisco con lei.
Sembra essere a disagio mentre Alice con lei è cordiale come sempre ne troppo ne troppo poco.

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