La fine di un popolo

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Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.


-AFTER ALL -
CAPITOLO 61 - LA FINE DI UN POPOLO




Riflessi viola, scariche elettriche dello stesso colore. Una mastodontica sfera di energia stava attraversando l'atmosfera di Neo Namek aduna velocità costante, rendendo mano a mano l'aria densa e irrespirabile.
Le iridi di Vegeta tremarono e, con un salto temporale, cadde nel passato. Un passato tormentato, un sogno ricorrente che da tempo non lo imprigionava.
La fine della sua razza. L'esplosione di Vegeta Sei. Il momento in cui tutti i saiyan avevano osservato il cielo diventare di un altro colore, il momento in cui avevano capito che era finita per davvero.
Si impietrì e non riuscì a dire né fare niente, il principe, neppure tra le urla concitate di tutte le persone accanto a sé. Si voltò lentamente a destra, vide tanti guerrieri in armatura. Donne, uomini, ragazzini dalla lunga coda pelosa. Alcuni tentarono di scappare, alcuni si avviarono in prima linea con le braccia tese verso l'alto per poter frenare quella sfera di energia. Dietro di lui il suo castello, la sua dimora, il luogo dov'era nato e cresciuto, stava crollando a pezzi per la pressione esercitata dalla bolla di energia oramai entrata nell'atmosfera del suo pianeta d'origine.
Rumore, tanto rumore, tanta confusione. Il principe non capì, com'era possibile che si trovasse in quel luogo? Sentì una strana sensazione alla spalla, al braccio, come un tocco, delle urla ovattate che non riuscì a distinguere. Volse quindi il proprio sguardo verso sinistra – dove avrebbe dovuto esserci Kaarot – ma lui non c'era. C'era un uomo che gli somigliava, con una bandana rossa e una vistosa cicatrice sulla guancia. Da quanto tempo era lì? Perché lo stava scuotendo? Cosa diamine voleva da lui?
«VEGETA!» gli urlò quell'uomo, il saiyan di nome Bardak, scrollandolo ancora più forte. Come poteva conoscere il suo nome?
«VEGETA! CHE DIAVOLO TI PRENDE?!»

Successe in un attimo, in una frazione di secondo: il principe sbatté le palpebre e si ritrovò di nuovo su Neo Namek, frastornato più che mai. Era stata un'allucinazione, solo un'allucinazione, ma una cosa era certo fosse vera: quella dannata sfera dal colore viola stava già sfiorando il terreno, poco distante da loro. Troppo tardi per provare a respingerla.
«Vegeta! Qua sta per saltare in aria tutto!» gli fece notare Goku esasperato, ma sollevato dal fatto che fosse riuscito a risvegliare il suo amico da quella sorta di trance catatonico nel quale era scivolato. Aveva avuto paura per un attimo che si fosse sentito male, che qualche strana malattia lo avesse colpito.
Ma, fortunatamente, Vegeta ci mise ben poco a riprendersi dall'accaduto, da quella visione ansiogena. C'era Goku accanto a lui, non quello che era certo fosse Bardack. I namecciani urlavano spaventati dandosi alla fuga, non vi erano altri saiyan oltre a lui e il suo rivale. Scosse la testa per liberarsi definitivamente da quei pensieri e, facendosi venire in mente alla svelta l'unico piano che avrebbe potuto salvarli, impartì degli ordini precisi.
«Kaarot! Raduniamo quanta più gente possibile e andiamocene via di qui! Da Re Kaioh!» dispose il principe correndo nella direzione opposta alla sua, urlando poi rivolgendosi a un gruppo di namecciani che stavano tentando di ripararsi dietro le macerie. «VENITE CON ME, SVELTI! VI PORTO VIA DA QUI! MUOVETEVI!»
«PER DI QUA, CORAGGIO! FIDATEVI DI NOI!» gridò Goku facendo segno con le mani di posizionarsi tutti in cerchio intorno a Vegeta! «PRENDETEVI TUTTI PER MANO E NON STACCATEVI PER ALCUN MOTIVO!»
Goku percepì la gote bruciare, la pressione della sfera farsi sempre più imponente, così pesante da tappargli le orecchie. Era vicina, troppo vicina e troppo grande per provare a fermarla, avrebbe potuto mietere troppe vittime.
«FORZA! FORZA!» urlò il principe dei saiyan rivolto agli ultimi namecciani che stavano correndo nella sua direzione, tirando un sospiro di sollievo solo quando tutti gli abitanti del villaggio furono radunati intorno a lui. Goku accompagnò con un balzo uno degli anziani, attaccandosi poi alla spalla di uno degli altri pronto a partire con il teletrasporto di Vegeta ma, inaspettatamente, una voce acuta e impaurita colse la sua attenzione facendolo voltare di scatto verso la foresta.
I suoi occhi si spalancarono, così come la sua bocca. Un bambino. Un bambino namecciano proveniente probabilmente da un altro villaggio stava correndo nella loro direzione implorando di aspettarlo. Goku e Vegeta si guardarono per qualche istante, controllando poi la situazione. Ancora pochi secondi e sarebbero stati investiti in pieno dall'esplosione, la loro pelle stava iniziando a scottarsi e il principe dei saiyan fece segno di no con la testa, implorando il suo amico con gli occhi di non fare ciò che stava pensando. Ma come avrebbe potuto lasciarlo lì, Goku? Come avrebbe potuto lasciare morire quel bambino senza nemmeno provare a salvarlo?
Rivolse nuovamente lo sguardo verso il piccolo namecciano; non ce l'avrebbe mai fatta a raggiungerli correndo.
«Kaarot» sussurrò Vegeta incrociando i suoi occhi un'altra volta, implorandolo di lasciar perdere.
«VEGETA, VAI! VAI VIA!» gli gridò, poi staccò il suo palmo dalla schiena del namecciano al quale era ancorato.
«Ma...» si oppose lui, socchiudendo gli occhi per il fortissimo vento e l'elettricità causata dalla sfera.
«VAI VIA DI QUI! ORA!» stabilì Goku voltandosi un'ultima volta, abbozzando un sorriso prima di scattare in direzione del piccolo namecciano.
Era un ordine, questo Vegeta lo sapeva. Sapeva anche che lui non avrebbe potuto accettare ordini da una stupida e infima terza classe, ma in quel caso avrebbe dovuto.
Kaarot non gliel'avrebbe mai perdonato se fosse rimasto lì ad aspettarlo mettendo a repentaglio la sua vita e quella di quei poveri namecciani e così, imprecando tra sé e sé, si portò due dita in fronte salpando alla volta del mondo dell'Aldilà.

After All || ᴠᴇɢᴇᴛᴀ x ɢᴏᴋᴜ ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora