Le verità nascoste

139 13 16
                                    

Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.

-AFTER ALL -
CAPITOLO 15 - LE VERITÀ NASCOSTE



Vegeta quella sera si era preso dalla credenza una scatola di ramen precotto e l'aveva scaldato in fretta e furia, ben intento a tornarsene in camera senza essere interrotto. Per fortuna quell'imbecille ingrato di Kaarot - comodamente spaparanzato sul divano - aveva finto di non accorgersi della sua presenza e l'aveva lasciato fare come se nulla fosse, continuando a guardare la televisione. Sua Maestà l'avrebbe strangolato con le sue stesse mani, in caso contrario. Non sapeva esattamente perché se la fosse presa tanto, ma non aveva la benché minima intenzione di rifletterci e sbatterci la testa quella sera perché, dopo la precedente notte insonne e l'allenamento sfiancante affrontato il giorno stesso, aveva solo voglia di dormire. Dormire e staccare la spina da quegli eventi, rilassarsi e dimenticarsi di essere se stesso: un uomo con troppo peso sulle spalle.

La notte lo avvolse un morbido lenzuolo e scoprì l'ennesima tortura di un sonno ricco di incubi, un sonno che non l'avrebbe affatto rinvigorito come sperava. Si girò e si rigirò tra un brusco risveglio e l'altro, trovando pace solo quando tutte le luci della città si erano oramai spente da tempo.
Trovò pace ma, improvvisamente, ebbe come la sensazione di essere osservato. Così aprì gli occhi.
Trunks e Bra lo schernivano con le braccia incrociate e suo nipote, il piccolo Goku Jr, lo stava guardando con occhi sprezzanti. Era cresciuto. Era diventato forte, incredibilmente forte e incredibilmente malvagio. Gli assomigliava, era identico a se stesso da ragazzino: un perfido e beffardo Saiyan pronto a conquistare e uccidere. Lo guardava e lo disprezzava, trovava indegno il suo comportamento umano.
Il ragazzino allungò una mano sporca di sangue e si avvicinò minaccioso, come per strozzarlo, come per impedirgli di respirare. Trunks, poco dietro, incitava il figlio a rendere fine alla sua esistenza. Eccolo, c'era quasi, poteva percepire le dita fredde stringersi attorno al suo collo.
L'aveva afferrato.

Vegeta si destò con un sussulto. Ringhiò con i denti aguzzi in mostra e afferrò per la maglietta l'uomo che, cautamente, si era appena seduto sul bordo del letto.
«Calma, calmati!» lo rassicurò Goku, nel tentativo di divincolarsi dalla sua presa omicida. Un raggio di luna frastagliò il volto pacioso dell'idiota, e lo mise finalmente a fuoco.
Piano piano Vegeta lasciò andare la sua maglia e si allontanò dal suo viso, poggiando poi la nuca contro la testiera del letto. Si sforzò di riprendere un respiro regolare, deglutendo di tanto in tanto. Era sudato fradicio.
«Sono io... sono solo io» sussurrò Goku, senza muovere neanche un muscolo.
«Non vedo come questo possa calmarmi» rispose acido Vegeta. «Cosa diavolo ci fai sul mio letto?»
«Ti ho sentito parlare nel sonno, dicevi cose incomprensibili. Sembravi... spaventato». Goku lo disse a bassa voce, come se qualcun'altro al di fuori di quella stanza potesse sentirli. Il Principe lo guardò con occhi indecifrabili, quasi come se si vergognasse. Aveva le labbra secche e le occhiaie di chi non dormiva da giorni, ma ciò lo rendeva ancor più maestoso, ancor più dannato.
Sostarono a guardarsi ancora per qualche istante, momenti in cui Vegeta avrebbe dovuto spingere via dal suo letto con un calcio quell'idiota che l'aveva disturbato, ma chissà perché non lo fece. Continuarono a scrutarsi torvi nel buio della notte finché, finalmente, Goku si decise a parlare.
«Ascolta, Vegeta... io devo chiederti scusa».
«E devi farlo per forza a quest'ora della not-»
«Fa' silenzio e ascoltami senza interrompermi, una buona volta!» lo interruppe seriamente, poi fece un balzo per mettersi a gambe incrociate di fianco a lui, appoggiandosi alla testiera del letto con la schiena.
Una vena pulsò nevrotica sulla fronte del Principe il quale, per un simile affronto, ebbe l'immensa voglia di staccargli la testa dal collo. Percepì le mani prudergli e l'istinto animalesco impossessarsi di ogni sua cellula, ma decise di inspirare profondamente e di ascoltare ciò che il decerebrato aveva da dire - nella speranza che un giorno il karma l'avrebbe ripagato di tutta quella pazienza.
«Mi dispiace di averti offeso e... hai ragione. Cielo, quanto hai ragione! Sei l'unica persona sulla faccia della Terra che in questo momento mi sta aiutando e lo so, lo so che di te mi posso fidare. Ho imparato a conoscerti in tutti questi anni. Sei cambiato per davvero, sei diventato una persona migliore, e di gran lunga migliore di me» si incupì e trovò rifugio nel guardare il soffitto. «Il mio cuore non è mai stato così puro come tutti credevano».
«Tsk, Kaarot, io ho sempre avuto il sospetto che lo spirito Saiyan fosse nascosto dentro di te. Devi imparare a conviverci. A volte avere a che fare con il diavolo ti apre la mente. E ti rinforza la spina dorsale» commentò Vegeta.
Davvero quell'idiota era così idiota da reputarsi tanto malvagio? Ma aveva idea di cosa volesse dire esserlo sul serio? Certo, non aveva davvero mai dubitato che il cuore del cretino fosse contaminato dalla genetica della specie, ma era pur sempre Kaarot, per l'amor del cielo! Non aveva mai ucciso nessuno, nessuno oltre i nemici. Mentre lui... no, rabbrividiva solo al pensiero di tutte quelle vittime che aveva mietuto per niente. Niente.
«Ma dico, hai sempre una risposta perfetta a tutto?» lo rimbeccò scherzosamente Goku.
«Qualcuno che mantenga elevato il grado di saggezza in questa casa ci deve pur essere».
Goku rise, rise per davvero. Erano rari oramai i momenti in cui lo faceva sul serio, tanto che Vegeta si voltò per accertarsi che non stesse fingendo.
Gli piaceva quella nuova parte di Kaarot, quella consapevolezza che aveva acquisito negli anni di non essere "quello buono" e basta. Gli piaceva che avesse imparato a riflettere, a ponderare le proprie azioni. Ma non poteva certo nascondere a se stesso che, ogni tanto, quella risata sciocca gli mancava. Risentirla lo irritava e nel contempo lo metteva di buon umore, lo aiutava a ricordarsi di non prendersi troppo sul serio, a distendersi, gli rammentava che non si trovava più sotto l'impero da tempo immemore, oramai. Lo tranquillizzava, proprio come un tempo faceva Bulma. Bulma glielo ricordava ogni giorno, lo tirava dalla sua parte della realtà, lo riportava con i piedi per terra, sulla Terra, quando nelle notti buie ancora ripensava agli anni di schiavitù, di mercificazione.
Il Principe trattenne il fiato. Ma a cosa diavolo stava pensando? Come poteva aver paragonato quell'imbecille di Kaarot alla sua defunta moglie? Ebbe un fremito, un sussulto, e si ricordò di cosa ci stesse facendo lì realmente, su quel letto, a parlare con quel cerebroleso.

After All || ᴠᴇɢᴇᴛᴀ x ɢᴏᴋᴜ ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora