Dentro di noi

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Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.


-AFTER ALL -
CAPITOLO 39 - DENTRO DI NOI



We've taken different paths
And travelled different roads
I know we'll always end up on the same one when we're old
And when you're in the trenches
And you're under fire I will cover you
No we don't share the same blood
You're my brother and I love you
That's the truth
If I was dying on my knees
You would be the one to rescue me
And if you were drowned at sea
I'd give you my lungs so you could breathe
I've got you brother
(Brother)

Che il Principe fosse una persona dalle mille risorse, era poco ma sicuro. Soprattutto nei momenti più bui, negli attimi in cui tutto sembrava prendere la direzione sbagliata, egli trovava il modo di risollevarsi da terra e provare a trovare una soluzione. Anche se difficile, anche se impossibile da immaginare. Proprio come comunicare con un'altra persona nella mente, all'interno di un corpo solo, con la Fusione.
Mai ci sarebbe arrivato, Goku. Fino a quel momento nemmeno pensava fosse possibile, eppure Vegeta ci era riuscito.
«Idea geniale!» commentò Goku, tentando in tutti i modi di far mantenere al corpo di Gogeta una certa compostezza.
«Bene, adesso possiamo comunicare senza essere scoperti e origliati. Vedi di stare attento a non parlare esternamente» si raccomandò Vegeta, con voce dura. Dal fuori avrebbe dovuto sembrare una meditazione seria, non un attacco di schizofrenia.
«Sì, non ti preo-»
«Ok, razza di cretino, ora puoi dirmi la verità: vuoi davvero tornare nella Dimora dei Bastardi?!» lo sovrastò Vegeta con il pensiero.
«Dimora dei Drag-»
«Dopo tutto quello che hanno fatto?! Dopo quello che hanno fatto a Pan!?» rincarò la dose Vegeta, trattenendosi dal non ringhiare - non esternamente almeno.
Goku tacque. Avrebbe voluto scomparire, sotterrarsi. Pensò a Pan, pensò a come l'aveva trovata, distesa in bagno, gli occhi aperti, uno squarcio al posto del cuore.
Gogeta strizzò gli occhi, strinse i pugni.
«No che non voglio... lo sai che non vorrei andarmene. Ma devo».
«Tu non devi fare niente, e non te ne andrai proprio da nessuna parte. Non ti ucciderò neanche se me lo dovessi chiedere in lingua Saiyan» gli rispose Vegeta pensando che, prima o poi, il suo rivale avrebbe dovuto anche sforzarsi di imparare la sua lingua natia.
«Non sto capendo. Me l'hai appena promesso! Allora mi ucciderai o no?» domandò Goku, confuso.
«MALEDIZIONE, MA QUANTO PUOI ESSERE TONTO!?»
«Ehi, non pensare così forte! Qui dentro rimbomba tutto!» si allarmò Goku.
«Sarà forse perché la tua parte di cranio è vuota!?» commentò sarcastico il Principe dei Saiyan. Se solo avesse potuto colpirlo con un pugno l'avrebbe fatto ma, in quell'esatto istante, avrebbe comportato il picchiarsi da solo. Non un gesto che sarebbe passato inosservato, insomma.
«Uffa! Spiegati meglio, al posto di prendermi in giro!»
«Era una bugia, ovviamente! Ho FINTO di promettere di ucciderti – così che mi sentissero quei maledettissimi draghi - ma no, non lo farò» spiegò Sua Maestà. Avrebbe dovuto rivelare il suo piano di battaglia in fretta e furia, prima che il tempo della Fusione terminasse. «L'ho fatto per prenderci ancora un po' di tempo, il tempo necessario per prepararci alla lotta».
«Che lotta? Contro chi?»
«Contro chiunque siano quei bastardi che hanno ucciso Pan, contro qualunque uomo, drago, spirito che ha deciso di mettersi contro di noi. Contro chiunque abbia intenzione di portarti via. Gliela faremo pagare, troveremo il modo di far sapere a tutti quello che sta succedendo – senza farci spiare. Chiameremo alla battaglia tutti quelli che sono in grado di lottare. Riuniamo la Squadra Z! Ci prepareremo, proprio come abbiamo sempre fatto in vista di un pericolo, saremo pronti a combattere tutti insieme. Abbiamo ancora venti giorni. Difenderemo ancora una volta questo dannatissimo pianeta ma...» Vegeta si interruppe e sospirò.
Gogeta buttò fuori tutta l'aria che aveva accumulato nei polmoni e guardò il cielo. Poi si ricompose, tornò in posizione meditativa.
«Ma, cosa?»
«Devo sapere che non ti tirerai indietro, che non ti farai sopraffare dagli eventi, qualunque cosa succeda» dichiarò Vegeta, senza lasciar spazio ai tentennamenti. No, non avrebbe lottato da solo, non avrebbe accettato di affrontare da solo tutto ciò che sarebbe potuto accadere e soprattutto non avrebbe accettato un "no" da parte di Kaarot.
«Io... io...»
«Promettimelo, Kaarot. "Dōzoku o uyamai, yūkan ni shini, eien ni ikiru tame ni tatakau"». Erano anni che non parlava – o meglio pensava, in quel caso – in lingua Saiyan. Era strano.
Gogeta, comandato da Goku, aggrottò le sopracciglia confuso. Non si era mai impegnato per imparare la sua lingua d'origine, riusciva a comprendere poche parole in croce.
«"Rendi onore alla tua specie, affronta la morte a testa alta ma combatti per poter vivere in eterno"» tradusse il Principe, facendo echeggiare nella mente la promessa dei guerrieri, ricordandosi per filo e per segno il giorno in cui l'aveva pronunciata per la prima volta, in vista della conquista del suo primo pianeta. Aveva quattro anni.
«Devo sapere che sarai con me» aggiunse Vegeta e, proprio in quell'istante, Goku poté percepire il rossore e il calore invadere le gote del loro corpo unito.
Goku pensò, pensò e rifletté da solo, senza far emergere il suo pensiero sotto forma di dialogo interiore. Pensò e trovò mille e uno motivi per constatare quanto quel piano potesse essere rovinoso e fallimentare ma, al contrario, non trovò nemmeno un buon motivo per arrendersi, per fuggire.
No, non era più solo una questione di quanta gente avrebbe potuto rimetterci le penne, non era più una questione di paura, di sconvolgere il bel siparietto di quindici anni di vita in pace sul pianeta. No, oramai era molto di più, era questione di orgoglio e, dannazione, scoprì di averne uno.
Pan era morta, morta per colpa di quei vili, morta da innocente e no, non poteva accettare che altri innocenti morissero per motivi tanto futili e, oramai, avrebbe dovuto difendere chi gli rimaneva. Scappare avrebbe voluto dire lasciare che Pan fosse morta invano, in nessun universo avrebbe potuto accettarlo.
Per vendetta, per dignità, per orgoglio Saiyan, Goku in quel momento sentì una scossa elettrica invadergli la spina dorsale. Non se ne sarebbe andato proprio da nessuna parte, sarebbe rimasto lì e avrebbe difeso il suo pianeta, proprio come aveva sempre fatto. Avrebbe sputato sangue pur di dare una possibilità di risolvere le cose, e non sarebbe stato solo. Non sarebbe mai più stato solo.
«Ti seguirò ovunque, Vegeta. Sei il mio condottiero, il mio re. Combatterò e terrò alto l'onore della nostra specie, è una promessa. Facciamo vedere a queste lucertole cosa vuol dire fare incazzare un Saiyan!» rivelò infine Goku, Kaarot, e in quel momento Gogeta aprì gli occhi di scatto.
Uno sguardo fiero, orgoglioso, combattivo. E Vegeta... beh, Vegeta non poté fare a meno di sentirsi orgoglioso di lui.
«In questi giorni dovrai fingere bene, Kaarot, dovrai recitare la scenetta del "me ne voglio andare" e del "devi uccidermi" ma, bada bene! Non voglio mai più che tu lo pensi sul serio, intesi? E vedi di non farti scoprire, tonto come sei!» si raccomandò, più che intenzionato a non voler mai più rifare un discorso del genere.
«Te lo giuro» promise Goku, trattenendo una risata. Non sarebbe stato poi così semplice fingere, le sue doti recitative erano sempre state piuttosto scarse, ma si sarebbe impegnato a fondo.
«Perfetto, allora nei prossimi giorni elaboreremo un piano per reclutare i combattenti senza farci scopri-»

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