Le estati nella piccola città in cui sono cresciuto sono sempre uguali: calde, afose, umide, l'aria è quasi irrespirabile e mio fratello ci mette sempre un'eternità a prepararsi per andare al mare.
Sbuffo lasciandomi cadere sul dondolo della terrazza di mia madre, l'unico punto in cui si riesce a stare un po' all'ombra e fumare una sigaretta senza sudare. Me ne accendo una, chiudo gli occhi e appoggio la testa all'indietro, chiedendomi cosa stia facendo Giulia adesso.
Saremmo dovuti venire qui insieme, ma lei ha avuto dei contrattempi che l'hanno costretta a restare in città ancora per qualche giorno, così mi ritrovo qui a contare i giorni che mancano prima che lei mi raggiunga.
- Sembri sereno! - constata mia madre, seduta su una delle sedie che circondano il tavolo del piccolo terrazzo.
Apro gli occhi e alzo la testa, sorridendole appena.
- Credo di esserlo. - ammetto prendendo un'altra boccata di fumo.
- Per qualche motivo in particolare? - mi chiede col tono tranquillo che utilizza sempre per indagare senza sembrare invadente.
- Un motivo in realtà c'è. - ammetto evitando il suo sguardo.
- Chi è? - chiede.
La guardo corrugando la fronte.
- Chi?
- Il motivo della tua serenità. - spiega.
- Perché dai per scontato che sia una persona? - le chiedo.
- Perché non sono nata ieri! - sorride e fa spallucce.
Sorrido anch'io, beccato!
- Beh, è una ragazza. - ammetto.
- Non mi dire! - esclama fingendosi sorpresa. - E ha un nome?
- Si chiama Giulia. - rispondo.
Mia madre si gira di scatto, mi guarda per un momento, poi il suo sguardo si sposta sul mio polso e corruga la fronte. Abbasso anch'io lo sguardo sul mio polso, perché mi guarda così?
- Giulia?
- Giulia Clarke. - rivelo.
Adesso mi guarda stupita, ma dopo qualche istante sul suo volto appare un sorriso smagliante.
- Oh, Ermal, fatti abbracciare! - dice alzandosi e dirigendosi verso me.
Così mi alzo in piedi, ci abbracciamo, ma non riesco a capire per quale motivo.
- Sono così contenta! - dice mentre mi stringe a sé. - Sei sempre stato talmente innamorato di quella ragazza...
- Come? - mi scosto lievemente, che ne sa lei?
- Davvero pensavi che non me ne fossi accorta? - mi chiede.
- Quando te ne sei accorta?
- Ermal, sei mio figlio, io ti conosco. - dice con un sorriso rassicurante. - Ammetto che vederti soffrire per anni a causa di un amore non corrisposto è stato molto sconfortante, ma non c'era notizia migliore che tu potessi darmi oggi.
Continuo a guardarla confuso, non immaginavo minimamente che se ne fosse resa conto, ma è mia madre, sono stato un ingenuo a credere che avrei potuto nasconderle qualcosa, anche perché, a ripensarci, non c'era alcun motivo di farlo.
- Mi dispiace di non avertelo detto. - ammetto.
- Non ha importanza, la cosa importante è che tu adesso sia felice. - dice prendendomi il viso.
Annuisco sorridendo, riesce sempre a farmi sentire un bambino tra le sue mani.
- Per questo non lo porti più? - mi chiede sfiorando il mio polso.
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Voce del verbo Sbagliare
FanfictionERMAL META FANFICTION Cosa accadrebbe se il destino facesse in modo che due persone apparentemente lontane, si rincontrassero dopo anni? Una storia piena di sbagli, a volte commessi per il semplice terrore d'amare. N.B.: La storia non parla dei Meta...