Capitolo 2

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- No, va bene, mi va un caffè! - mi interrompe sorridendo ed io, completamente incantata dai suoi occhi, sorrido a mia volta.



Appoggio la borsa sulla sedia vicino alla mia e mi accomodo al tavolo mentre Ermal si sfila il parka color cammello, lo appoggia allo schienale della sua sedia e si siede di fronte a me.

All'improvviso mi sento in forte imbarazzo, come se fosse un estraneo e, in effetti, lo è. Beh, non un estraneo vero e proprio, ma una persona con cui non ho mai parlato granché e forse sono stata una stupida a chiedergli di prendere questo caffè insieme, in fondo non abbiamo mai condiviso nulla, non ci siamo mai neanche salutati e di sicuro adesso si aspetta che sia io a rompere il silenzio perché mi sta guardando con aria curiosa, mentre appoggia i gomiti sul tavolo e incrocia le dita davanti a sé.

- Tutto bene? - mi chiede costringendomi a guardarlo negli occhi.

- Sì, è solo... Strano! - sorrido scuotendo la testa.

- Sì, lo è. - ride mostrando i denti bianchi e stringendo leggermente gli occhi. - Allora, come te la passi? Che fai di bello? - mi chiede rompendo il ghiaccio al mio posto.

- Faccio l'insegnante, sono stata trasferita da poco. E tu?

- Davvero? - chiede sorpreso.

- Sì, perché?

- Wow! - sorride. - Anch'io faccio l'insegnante.

- Dai, dici sul serio?

- Sì, insegno musica alla scuola media del quartiere in cui vivo da alcuni anni. - spiega.

- Hai continuato a studiare musica? - gli chiedo stupita.

Sono molto contenta che si sia dedicato a ciò per cui è sempre stato portato, non è una fortuna che hanno tutti.

- Sì, mi sono reso conto che era la mia più grande passione e ho deciso che non avrei mai potuto fare un mestiere non inerente alla musica.

Mentre me lo spiega, i suoi occhi brillano di felicità, come se tutti i suoi desideri si fossero finalmente esauditi ed io, di riflesso, sorrido sinceramente felice per lui.

- È una cosa bellissima Ermal, davvero. Suoni altro oltre alla chitarra? - sono curiosa, l'argomento mi appassiona.

- Beh, suono il basso, la batteria, il piano e robe simili...

- Robe simili?

- Sì, sai, tastiera, sintetizzatore, cose così! - dice portandosi una mano tra i ricci come se parlare di sé lo imbarazzasse. - Tu cosa insegni invece?

Veniamo interrotti dal cameriere che si avvicina a prendere l'ordinazione.

- Allora? - riprende immediatamente il discorso quando restiamo soli.

- Io ho studiato lingue, fra tre giorni inizierò a insegnare inglese all'Istituto Tecnico Commerciale.

- Ah, che brava! Quante lingue conosci? - si incuriosisce.

- Parlo italiano, inglese, spagnolo e tedesco... Un po' di francese e di portoghese all'occorrenza.

- Wow, sei in gamba, chi l'avrebbe mai detto?! - commenta.

Che diavolo significa questo?

- Come? - gli chiedo cercando il suo sguardo che ha appena spostato altrove.

- Eh? - si volta verso me con la solita aria di chi è appena cascato dal pero.

- Cosa vuol dire "Chi l'avrebbe mai detto"? - gli chiedo scocciata, cosa vorrebbe insinuare?

Voce del verbo SbagliareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora