Capitolo 21

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Io ed Ermal non ci siamo salutati.

I nostri sguardi si sono incrociati solo per un istante ed entrambi ci siamo ignorati come fossimo due estranei.

Siamo due teste di cazzo, non c'è che dire, entrambi arrabbiati l'uno con l'altra senza la minima intenzione di provare a chiarire.

Lo guardo di sottecchi mentre chiacchiera con alcuni suoi amici, la sua risata contagiosa mi rimane in testa mentre osservo la sua figura di profilo: la camicia bianca sbottonata dentro ai jeans, i ricci perfettamente definiti che, come sempre, gli coprono parte del viso.

Chissà perché lo fa, chissà perché lascia che i suoi capelli coprano i suoi occhi. Sembra voglia nascondersi, non sembra consapevole di quanto quegli occhi meritino di essere guardati. Ma forse è meglio così, è giusto che solo in pochi possano usufruire di quello spettacolo, solo chi merita di stare al suo fianco ed Ermal è un tipo selettivo, uno che non si circonda di persone solo per il gusto di farlo.

Improvvisamente si volta verso me ed io mi affretto a spostare lo sguardo altrove, consapevole di essere stata colta in flagrante.

In imbarazzo, mi alzo e mi dirigo verso la cucina, dove trovo Margherita intenta e recuperare dei tovaglioli.

- Tutto bene? - mi chiede vedendomi entrare con una certa fretta e richiudere la porta alle mie spalle.

- Ehm, sì, perché? Ti aiuto! - cerco di fare qualcosa che mi distragga.

- Non ti preoccupare, ho quasi fatto... - dice, ma non riesce a finire la frase perché, a un tratto, anche Ermal fa irruzione in cucina.

Margherita lo guarda stupita, poi guarda me e torna a guardare lui. D'improvviso è imbarazzata, si sente di troppo ed anche lui che credo pensasse di trovarmi sola. Nessuno sa cosa dire ed io sono sul punto di andarmene, ma Marghe prende in mano la situazione.

- Ehm, io prendo la Coca Cola e me ne vado. - annuncia aprendo uno sportello della sua cucina. - Oh, merda! - mormora tra sé e sé.

- Qualcosa non va? - le chiedo avvicinandomi.

- Cazzo, ho finito la Coca Cola! - esclama.

- Dovrei averne qualche bottiglia in casa, posso andare a prenderla. - mi offro, credo di averne tre o quattro.

- Te ne sarei veramente grata, Giulia, ti devo un favore! - mi sorride.

- Ma va, non mi devi nessun favore! - dico, poi mi volto, grata di poter lasciare questa cucina con una scusa plausibile.

- Ti aiuto! - dice Ermal facendo un passo verso di me.

Davvero?

- Tranquillo, ce la faccio... - provo a dire.

- Non ne dubito, ma vorrei darti una mano, se non ti dispiace. - insiste.

Lo guardo per qualche istante e, alle sue spalle, vedo Marghe farmi cenno di accettare il suo aiuto.

- Ok. - acconsento incerta.

Dopodiché usciamo dalla cucina ed anche dall'appartamento e veniamo accolti dal silenzio assordante del pianerottolo che mi mette più a disagio di quanto già non fossi.

Giro la chiave nella porta del mio appartamento, entriamo in casa e, quando la richiudo, mi accorgo che lui mi sta squadrando dalla testa ai piedi.

- Perché sei qui? - gli chiedo senza girarci intorno.

- Per aiutarti. - risponde. - Nonostante quello che hai detto l'altro giorno.

- Se sei venuto qui con lo scopo di farmi sentire in colpa per quello che ho detto, puoi anche andartene! - chiarisco, poi mi muovo verso la cucina.

Voce del verbo SbagliareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora