Capitolo 7

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- Allora noi andiamo, buonanotte ragazzi! - dice Margherita e, dopo essersi accertata che Ermal sia distratto, mi fa un veloce occhiolino.






Osservo Margherita e Luciano andare via, poi mi volto verso Ermal e mi accorgo che mi stava fissando. Perché mi guarda sempre così? Cavolo, mi imbarazza da morire!

Non so cosa dire, ho sempre la sensazione che stia flirtando con me o che io lo stia facendo con lui e la probabilità che potrei non sbagliarmi, mi mette ulteriormente in difficoltà.

- Ti va di fare un giro? - mi chiede improvvisamente.

- Sì. - rispondo forse troppo velocemente.

Ricambia il mio sorriso soffermandosi ancora un po' sui miei occhi, mentre un ricciolo ribelle gli casca appena sopra il naso.

- Allora entriamo a salutare gli altri? - aggiunge.

Mi sembra di aver capito che vuole fare un giro senza tornare qui, vuole restare solo con me. Mi sento improvvisamente agitata come una ragazzina e la cosa mi infastidisce perché non è da me provare emozioni del genere.

Annuisco, dopodiché entriamo nel locale, salutiamo gli altri che, nel frattempo, si sono sparpagliati da una parte all'altra del pub e, fortunatamente, ce ne andiamo senza riuscire a trovare Valerio. Ringrazio il cielo per questo, Dio solo sa cosa avrebbe potuto dire!

Usciamo dal posto e ci mettiamo a camminare lungo il corso semi-deserto.

- I tuoi fratelli ti hanno dato buca? - rompo il silenzio.

- Ah, sì, loro non abitano qui, sono venuti a trovarmi per qualche giorno, ma stasera mi hanno mollato per una festa di compleanno di un loro amico. - risponde infilandosi le mani in tasca.

Riesco a percepire una certa tensione che prima non sembrava esserci, soprattutto da parte sua. Forse il fatto che siamo rimasti soli non gli è proprio indifferente, anche se adesso è un uomo, dev'essere rimasta un po' della timidezza di quel ragazzino.

- Tu che mi dici? Come va nella nuova scuola? - mi chiede.

Faccio un lungo sospiro e alzo gli occhi al cielo quasi involontariamente.

- Beh, sai com'è all'inizio. - rispondo.

- Com'è? - si volta verso me mentre continuiamo a camminare.

- Sai, le classi difficili, i colleghi diffidenti... Sono cose che ho trovato in ogni scuola, ma ci vuole tempo prima che queste si sistemino.

- Ah, è vero, mi avevi accennato della classe difficile. - osserva.

- Diciamo che sarebbe una buona classe se alcuni elementi fossero meno sgarbati. - sorrido per minimizzare. - Ma non importa, riuscirò a rimetterli in riga come ho sempre fatto, con me non manterranno a lungo quell'atteggiamento. - faccio spallucce.

- Sei una tosta! - mi guarda con un misto tra ammirazione e divertimento.

- Ovvio, che credevi? - ironizzo dandogli un colpetto di gomito.

- Beh, in effetti lo sei sempre stata. - afferma spostando lo sguardo su alcune insegne che devono aver attirato la sua attenzione, oppure, più semplicemente, sta evitando di guardarmi.

- Sì?

Che intende?

- È quello che mi ricordo! - risponde alzando le spalle e fissando l'asfalto.

D'un tratto mi tornano in mente le parole di Valerio a cena.

Capisco perfettamente che in questi casi possano riaffiorare ricordi che riguardano il primo periodo in cui ci siamo conosciuti, ma ho la sensazione che, in qualche modo, si ritorni sempre al punto del "numero di telefono negato". Perché? Insomma, avevamo tredici anni, che importanza ha?

Voce del verbo SbagliareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora